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Alla scoperta degli oratori palermitani

  • 1 febbraio 2005

L’apertura, durante le festività natalizie, degli oratori serpottiani, fiore all’occhiello dell’arte palermitana, ha fatto sì che questi splendidi e in alcuni casi poco noti monumenti risultino adesso un po’ più familiari al pubblico cittadino, che ha potuto, così, scoprire tutto un mondo fatto di putti, sante atteggiate secondo le movenze e la grazia di dame, scene sacre entro teatrini, ricami e festoni di un bianco abbacinante, echi di un mondo ormai lontano. Per chi volesse continuare a calarsi negli splendori di stucchi e marmi, affreschi e dipinti, o rivivere le emozioni delle visite fate durante le vacanze di Natale, ci sentiamo di consigliare senza dubbio la ricchissima pubblicazione “Palermo. Guida agli oratori” dello studioso palermitano Pierfrancesco Palazzotto, con presentazione di Donald Garstang, edita da Kalòs nella collana “Itinerari d’arte” (pp. 285, foto a colori e b/n, 34 euro). Soddisferà l’esperto e il curioso, l’appassionato d’arte e lo studente, poiché offre un’articolata serie di schede dedicate a più di quaranta oratori, alcuni più celebri, altri poco conosciuti, nascosti in vicoli e piazzette del centro storico, divisi nei quattro mandamenti cittadini. L’accompagnano un generoso corredo illustrativo e un saggio introduttivo, in cui Palazzotto ricostruisce la storia delle associazioni laicali con fini devozionali, spirituali e assistenziali, spesso anche segrete – confraternite, congregazioni, compagnie – che, soprattutto a partire dal XVII secolo diedero forte impulso alla costruzione degli oratori, edifici legati alla funzione di riunione e di culto.

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L’autore ne analizza con puntualità la tipologia architettonica, i caratteri e i ricchissimi apparati decorativi, le opere d’arte in essi contenuti – valgano come esempi la pala della “Madonna del Rosario” del pittore fiammingo Anton Van Dyck, nell’Oratorio del Rosario in San Domenico, o la “Natività” del Caravaggio nell’Oratorio di San Lorenzo, tristemente nota per esser stata rubata nel 1969 e mai più ritrovata – gli arredi lignei, i marmi e le maioliche, le suppellettili. Viene ulteriormente approfondita anche la figura di Giacomo Serpotta (1656 – 1732), membro di una famiglia di artisti, definito da Argan uno dei massimi scultori settecenteschi, che seppe condurre la semplicità dello stucco a esiti di eleganza e splendore da fare invidia alle più preziose sculture marmoree. La guida è corredata da un’ampia appendice sulle varie compagnie palermitane, sugli oratori non più esistenti, non individuati o che hanno subito trasformazioni, insieme a una nutrita bibliografia e un corredo di indici. Regalatela e regalatevela, non ve ne pentirete, e avrete uno strumento in più per conoscere meglio uno degli aspetti più interessanti e gradevoli dell’arte della città.

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