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Fotofinish, storie di straordinaria follia

Tre autori siciliani per altrettante storie sul mondo dei cavalli e delle corse clandestine

  • 7 giugno 2007

Alzi la mano chi, appartenendo ad una certa generazione, non ha mai sognato di trovarsi nei panni del migliore amico di Furia cavallo del west, chi non ha mai se non chiesto almeno desiderato, sognato un pony come regalo di compleanno! Il cavallo, simbolo di libertà, forza, eleganza e generosità, è frequentemente protagonista - suo malgrado - di storie ignobili, ordite dai più meschini tra i rappresentanti del genere umano. Fotofinish (Edizioni Ambiente, 2007, 125 pp., euro 10) scritto dai palermitani Cacciatore, Palazzotto e Gebbia racconta storie brutte, squallide, tristi, se non vere comunque verosimili. E’ un libro duro, magari i tre racconti non sono quanto di meglio i rispettivi autori abbiano mai scritto, soprattutto in termini di corrispondenza tra toni e personaggi, ma il bersaglio è centrato in pieno. Giacomo Cacciatore, Si chiama Passione: “…c’è la gara bella, con le regole, la sabbia morbida e i ferri leggeri. E c’è quell’altra gara…” dice il ragazzino al carrettiere. Alla sua splendida cavalla il piacere di affondare gli zoccoli nella sabbia fresca e morbida di un ippodromo viene negato, perché è più facile e redditizio mortificarla con una ferratura pesante, di quelle che si usano per l’asfalto, e farla gareggiare la domenica mattina all’alba, in uno stradone di periferia, dopo avere bloccato abusivamente il traffico, dopo averle iniettato in corpo una abbondante dose di “benzina” di quella buona. A chi importa se poi le scoppierà il cuore? Al ragazzino? E da quando conta qualcosa quello che importa o meno ad un ragazzino? Da quando la vita di un cavallo ha senso se non “porta soldi”? Da quando una terra bella, piena di sole, di mare, di arte e cultura ha un qualche senso se non quello di “portare picciuli”? Che poi in effetti di un poco di arte, cultura e paesaggio si può fare benissimo a meno, se “picciuli” ne possono arrivare di più. “Fotofinish” fa parte della collana editoriale “VerdeNero”, con cui Legambiente potenzia il suo impegno di “tonico delle coscienze” acquisendo un nuovo strumento, il libro.

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Oltre ai tre scrittori palermitani già citati, la collana annovera collaborazioni di tutto rispetto: Carlo Lucarelli, Eraldo Baldini, Massimo Carlotto, Piero Colaprico, Marcello Fois, Sandrone Dazieri, Giancarlo De Cataldo, Niccolò Ammaniti. In pratica il gotha quasi al completo del giallo noir italiano. Obiettivo dichiarato dell’operazione: “rendere maggiormente accessibile al pubblico un fenomeno poco noto ma pericolosamente annidato nella quotidianità, con modalità e risvolti spesso degni della migliore scrittura noir”. Con “VerdeNero” Legambiente vuole mettere sotto ai riflettori l’aggressione al bene comune della “Ecomafia”. Con questa parola appositamente coniata, Legambiente definisce l’intero spettro dei fenomeni di criminalità ambientale, dal traffico e smaltimento illegale dei rifiuti, al racket degli animali, ai furti di opere d’arte, a tutto ciò che è cultura dell’affermazione dell’interesse privato a danno del bene comune. Gery Palazzotto, Brutto stronzo amore mio: “Ti piace questo vestito? L’ho preso ieri da Bettino….E’ il settimo vestito nero che prendo da Bettino nel giro di un anno…”. Ciccio a diciotto anni è un ragazzino come tanti: una cellula staminale, non si sa ancora se diventerà un hippy o un ingegnere, dentro di se’ ha tutti i destini del mondo. Una cosa è certa, ha la gran fortuna di avere un padre talmente “toco”, talmente “giusto” che per la sua maggiore età gli regala un cavallo! Un cavallo da corsa, nero, alto e bellissimo. Davvero in gamba il signor Sgroi, idraulico, papà di Ciccio.

E infatti per la signora Mariella, sua moglie, la mamma di Ciccio, il signor Sgroi è un eroe d’altri tempi. E invece no. Valentina Gebbia, Anche i cavalli sognano?: “Un fantino ha il sesto senso per le cadute, e lui non aveva fatto altro che il fantino per tutta la vita, così lasciò andare il cavallo, che si ammazzasse da solo…L’uomo con gli occhiali venne a portargli uno zuccherino. Dentro era amaro come al solito, ma forse era utile a far guarire tutto quel dolore che sentiva addosso, quindi lo masticò con gusto…un fantino ha il sesto senso per le cadute e quella, in fondo, era una caduta come un’altra. Tutto come previsto, tutto secondo copione. La fortuna è bastarda e aiuta sempre chi è disposto a consegnarle l’anima”. Re Ruggero è un cavallo da ippoterapia e Angelo un ragazzino “diversamente fortunato”, mongoloide gli dicono. I due si incontrano e si vede subito che sono fatti l’uno per l’altro, ma qualcuno ha deciso che Re Ruggero è nato per fare altro e che Angelo è solo un piccolo mongoloide. Nelle storie di “Fotofinish” protagonista è la bellezza. Poco importa che si tratti di cavalli, di giovani, di una città, di una terra bella e violentata. Tutte queste immagini, questi simboli sono equivalenti ed hanno la stessa valenza di protagonista. A tanta bellezza viene regolarmente vietato di esistere, in ragione di una logica brutale, avida e mafiosa, e la riflessione più amara, dopo aver letto queste storie, è che purtroppo in questo libro c’è ben poca retorica.

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