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Garibaldi: “Passo a due” nel mondo della non essenza

  • 4 luglio 2005

Il secondo appuntamento della stagione estiva del Teatro Garibaldi di Palermo, alla Kalsa in via Castrofilippo, è con “Passo a due”, in scena l’11 luglio alle 21,00 (si replica il 12 allo stesso orario), con due grandi attori e cantori dell’anima del sud, Franco Scaldati ed Enzo Moscato. I due drammaturghi e poeti, sono qui riuniti in uno spettacolo suddiviso in due parti, distinte ma in sintonia l’una con l’altra: la prima “Sonno e sogno” di Franco Scaldati, con lo stesso autore e Maziar Firouzi, la seconda “Spiritilli” di e con Enzo Moscato. Due lavori che conducono nel vago spazio del mondo della non essenza, uno dei tanti possibili mondi che, pur se sovrastati dalla realtà, tanto potere però poi su di questa riescono ad esercitare. Nel lavoro del palermitano Scaldati, in prima nazionale, troviamo un ennesimo ritratto della sua città (e d’altronde che cosa è tutta la sua produzione se non un continuo atto d’odio e amore nei confronti della sua Palermo?), ma per frammenti poetici, per mancanze, un’esplorazione dell’altra metà di noi stessi, quella del sonno e del sogno. E lì dove la città diventa il luogo sacro del rito, il suo teatro, luogo di deliziosi giardini e orribili incubi al tempo stesso, i suoi miti salvifici ne vengono rappresentati in tutto il loro esplosivo vigore, come in una battuta di caccia dove le armi siano però quelle della poesia. La seconda parte dello spettacolo, il lavoro di Enzo Moscato, “Spiritilli”, è un arcano frammento di “Ritornanti”, un recital di letture di testi di Moscato, nel quale il titolo è parola presa in prestito dalla scrittrice Anna Maria Ortese.
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Con questo nome ci si riferisce ai folletti, gli spiritilli appunto che abitano la città di Napoli, fantasmi sempre presenti e pronti a tornare, che mentre visitano le vite degli umili e dei diseredati, le arricchiscono e allo stesso tempo le sconvolgono fino allo stravolgimento catastrofico. Ma qui c’è anche un altro riferimento e cioè il ritorno ossessivo degli stessi temi. È, secondo le parole dell'autore, un modo di portarsi dietro "le proprie masserizie ideologiche e grammaticali", perché "nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro. Nessun movimento, nessun gesto, nessun respiro, già vissuti, dovrebbero essere considerati finiti, de-finiti, esautorati". E così riprendere i propri personaggi vuol dire farli ri-vivere e ri-amarli. E non per ri-proporli così come sono o come sono stati, bensì per fare esattamente il contrario: farli agire, respirare, dibattersi accanto o dentro un nostro spirito cambiato, nuovo. Il nomadismo della ricerca non dovrebbe essere disgiunto mai dal rassicurante, naturale, portarsi appresso sempre le proprie cose, il proprio passato. Storie insomma a metà tra il fantastico e il grottesco. In scena, accanto all’autore, anche Giuseppe Affinito junior. Il costo dei biglietti è di 15 euro (ridotto 10). Per ulteriori informazioni chiamare allo 091 6114255 oppure inviare una e-mail teatrogaribaldi@hotmail.com.

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