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Il finale di stagione promette emozioni

  • 27 marzo 2006

Tra piccoli mugugni e fischi di parte del pubblico all’indirizzo di qualche giocatore, tra assenze e difficoltà tecnico-tattiche, il Palermo miracolosamente si ritrova a soli due punti dal sesto posto e col sogno di disputare una finale di Coppa Italia. Chi l’avrebbe mai detto? In campionato, nemmeno gli ottimisti più incalliti avrebbero scommesso un euro su tale rimonta. La prospettiva di un altro turno casalingo contro la compagine ascolana, sperando nel vicendevole annullamento tra Chievo e Livorno che proprio domenica si affronteranno in una sorta di spareggio Uefa, era una chimera che comincia ad assumere i connotati della realtà. A Roma, in Coppa Italia, sarà battaglia e non sarà un compito facile prevalere sulla formazione giallorossa anche e soprattutto in virtù di quanto visto all’andata e di quanto dimostrato in campionato dagli uomini di Spalletti.

Comunque vada il Palermo dovrà andare all’Olimpico consapevole non solo di poter contare su due risultati su tre ma, soprattutto, dovrà lottare su ogni palla e calarsi nello spirito battagliero fatto di pressing e ripartenze. E’ chiaro che non dovrà badare a difendere il vantaggio dell’andata, e Papadopulo dovrà impostare la gara con un folto centrocampo al fine di creare una superiorità numerica in mezzo al campo (vero punto di forza della squadra giallorossa), sperando in rapidi contropiede per assestare il colpo vincente. A tal proposito la lezione in casa dello Shalke potrà essere utile. La settimana che verrà servirà a recuperare tutti o quasi gli assenti per infortunio nella gara contro il Treviso. Sarà importante lavorare con tutti gli effettivi e, con una settimana senza impegni infrasettimanali, programmare finalmente allenamenti “tipo”.

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All’inizio abbiamo fatto cenno ai mugugni e ai fischi che hanno investito, in particolare, alcuni giocatori del Palermo. Caracciolo, Makinwa, Di Michele e, cosa inspiegabile, Corini e Mutarelli. La frattura peggiore che possa capitare tra pubblico e squadra è il non capirsi a vicenda. E giusto domenica il pubblico non ha compreso le difficoltà di una squadra che proveniva da un impegno massacrante di Coppa Italia, giocata su di un campo ai limiti della praticabilità, decimata in mezzo al campo da infortuni e squalifiche (anche Tedesco ha abbandonato il campo dopo essersi fatto male). I più si sono accorti di questo disagio mentre altri, i “soliti noti”, se ne sono infischiati altamente, pensando bene di contestare a più non posso giocatori in difficoltà. Caracciolo da qualche mese non è il giocatore ammirato ad inizio stagione e nel Brescia, sua squadra di provenienza, ma non ci sembra sensato accanirsi sul giocatore. Qualcuno dovrebbe ricordare che il ragazzo ha appena 24 anni e che l’etichetta di sostituto naturale di Toni nell’immaginario del tifoso gli ha giovato ben poco. Cosa dovrebbero fare i tifosi dell’Inter alle prese con un Adriano ombra di se stesso? Per l’ingaggio percepito ed il nome che si porta sulle spalle meriterebbe allora la fucilazione: siamo sicuri che a Palermo l’avremmo bollato come “brocco”.

Makinwa si porta dietro i fischi dalla seconda uscita in campionato. Anche al ragazzo, di soli 22 anni, la presentazione di “nuovo fenomeno” ha nociuto ed i soldi spesi dalla società per l’acquisto hanno fatto il resto. Resta un giocatore che ha segnato poco in maniera determinante (come domenica). Oggi il Palermo si ritrova almeno 6-9 punti in classifica che deve a questo discusso giocatore. Per Di Michele i mugugni nascono dalla testardaggine del calciatore alla ricerca di soluzioni poco praticabili e francamente talvolta irritanti. Ma sul valore nulla da eccepire. Maggiore concretezza sotto porta, più senso pratico e umiltà lo avrebbero portato dritto dritto ai mondiali. I fischi agli esausti Mutarelli e Corini non li commentiamo perché chi li ha fatti non merita certi giocatori e nemmeno, con tutta l’umiltà, la nostra considerazione. E’ solo gente che non ama il Palermo o non capisce nulla di calcio. Va inoltre dato merito ad un allenatore che ha rimesso in carreggiata la stagione e rivalutato giocatori come Conteh e Biava. Questi ultimi elementi sono gli esempi di un calcio fatto di sacrifici e lavoro, lontano dalle polemiche e dagli ingaggi faraonici, gente che non pretende ma dà tutto quando viene chiamata in causa. Rimane il rammarico che di questa gente se ne parli poco e che sulle copertine dei mass media vadano sempre elementi alle prese con veline e crisi esistenziali, gente sazia di ingaggi stratosferici e spesso sproporzionati rispetto al loro reale valore. Chi ama il calcio e lo sport in generale deve seguire i Biava ed i Conteh o gente come Corini che all’età di 36 anni ha lo spirito e la voglia di mettersi sempre in discussione.

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