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Il geniale "filo illogico" di Gillo Dorfles

  • 19 giugno 2006

Una mostra fresca, vivace, colorata, con forme proliferanti che si avvolgono su loro stesse dando spazio alle letture più fantasiose. La cosa più incredibile è che il "giovane pittore" autore di queste opere ha "solo" più di novant’anni, ed è uno dei critici, storici dell’arte e estetologi più celebri in Italia: è Gillo Dorfles (Trieste, 1910), protagonista della mostra allestita fino al 15 luglio presso l’Oratorio di Santa Cita (Ingresso libero; orari: dalle10 alle 13 e dalle 16 alle 19 dal lunedì al sabato. Chiuso domenica e festivi), dal titolo “Io, Gillo Dorfles. Fare spazio al tempo in 23 pitture”.

I quadri, tempere o acrilici su cartone e tela, sono datati tra il 1987 e il 2004, esprimono, come afferma in catalogo il curatore Sergio Poggianella, «il racconto poetico della vita di un artista, vissuta nel rigore della speculazione critica e nella passione creativa della pratica artistica». Specie quelle più antiche fanno riferimento all’esperienza del MAC (Movimento Arte Concreta), cui Dorfles diede vita a Milano nel 1948 con Munari, Monnet e Soldati, che voleva opporsi al neocubismo dilagante a favore di un astrattismo libero dalle rigidità aprioristiche di una geometria di stampo neocubista.

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Il colore è il grande protagonista, un colore - caro a Dorfles per la sua “eterna realtà formativa” - che ama offrirsi agli sguardi con tonalità squillanti, viola, rossi, gialli quasi fluo, distribuiti per zone, lasciando ampi spazi a superfici monocrome o attraversate da segni che fluttuano irriverenti, dinamici, sornioni. Sono strane le forme che popolano le sue tele, strani come i personaggi di un film di marziani, personaggi con due bocche, un piede, angeli lilla, cybernauti, embrioni, crisalidi, lumaconi, ciclopi con zampe e uncini: assemblaggi metamorfici di forme che evocano quelle dei Surrealisti Masson, Ernst o Arp, con in più una nota ludica che farebbe pensare a Mirò o all’ultimo Kandinskji.

Sono, come li chiama Paolo Campiglio in uno dei testi del catalogo (accanto a quelli del curatore Poggianella e di Luciano Caramel), «l’estrinsecazione di un "filo illogico" di elementi che, ironicamente e solo a posteriori, assumono un significato».
La mostra è stata realizzata da Studio B - Pubblicità & Marketing di Palermo, in collaborazione con la Galleria Transarte di Rovereto e Nicolodi Editore.

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