Il “Pellegrino”, storia, religiosità e natura
Storia, religiosità e natura: alla scoperta del promontorio che Goethe definì, alla fine del ‘700, «il più bello del mondo»
Monte Pellegrino, deve il suo nome sicuramente al falco pellegrino, che nelle rupi scoscese di questo monte ha eletto il suo habitat preferito. Il grande imperatore Federico II di Svevia (1194 – 1250), che scrisse il trattato De arte venandi cum avibus, amava molto, per la caccia, servirsi di questo predatore. Monte Pellegrino, e la Real Tenuta della Favorita che giace ai piedi del versante ovest del monte, con apposito Decreto dell’Assessore Regionale al Territorio, nel gennaio 1996, sono stati uniti territorialmente e giurisdizionalmente a formare la Riserva Naturale Orientata Regionale di “Monte Pellegrino”, oggi affidata in gestione all’associazione nazionale Rangers. Il Pellegrino si innalza su un promontorio che fu definito da Goethe, alla fine del ‘700 «il più bello del mondo» aggiungendo, però, che «…oltre alle rocce non vi sono né alberi né cespugli». Ciò è in contrasto con quanto invece narrano gli antichi scrittori parlando del grande condottiero cartaginese Amilcare Barca che, durante l’assedio di Palermo da parte dei Romani durato circa tre anni, si asserragliò con il suo esercito (tra il 247 ed il 244 a.C.) su questo monte, il famoso Heircte (Ercte), all’ombra di enormi alberi. Monte Pellegrino, quindi, in epoca storica doveva essere, in larga misura, ricoperto dalla macchia e foresta mediterranea e che, nel corso dei secoli, per opera dell’intenso sfruttamento operato dall’uomo, divenne brullo e spoglio e tale si mantenne fino agli inizi del secolo ventesimo. Oggi il monte si presenta in tutt’altra forma grazie al Corpo Forestale della Regione Siciliana che ha realizzato grandi superfici forestate di pini ed eucalipti.
La fauna di questo monte, oltre al citato Falco Pellegrino, annovera volpi, gheppi, taccole, passeri e piccioni. Da tempo sono scomparsi l’aquila ed il gufo reale, mentre abbondano i conigli selvatici, preda ambita, un tempo, dai cacciatori palermitani ma che oggi, con la elezione del Pellegrino a Riserva Naturalistica, vivono indisturbati. Le strade per salire sul Monte Pellegrino sono: la scala vecchia (nella foto a destra), buona solo per i pedoni e che fu messa in opera tra il 1674 ed il 1725, e due carrozzabili terminate, una nel 1924 ed l’altra in epoca più recente. Le prime due hanno inizio da piazza Generale Cascino e la terza da Mondello. La strada settecentesca, in occasione della festa di Santa Rosalia, si anima di mille luci e di una gran moltitudine di fedeli che, in segno di devozione, effettuano la scalata a piedi per raggiungere il Santuario di Santa Rosalia. Salendo, si incontra la via di accesso al Castello Utveggio, edificio costruito negli anni Trenta quale albergo, ma successivamente abbandonato dopo i saccheggi bellici, ed ora sede di una importante scuola di formazione per managers. Oltre alla scala vecchia, per chi ama immergersi in un ambiente naturalistico di straordinaria bellezza, vi è un sentiero che dipartendosi all’interno del Parco della Favorita, dalle antiche scuderie borboniche, lungo la bellissima Valle del Porco caratterizzata da una rigogliosa macchia mediterranea, arriva nelle vicinanze del Santuario. Il Santuario di Santa Rosalia è posto all’interno di una grotta naturale che si apre in un costone della montagna e si raggiunge salendo una lunga scalinata. Secondo la tradizione visse qui la sua vita da eremita Rosalia Sinibaldi, una donna di nobili natali, nata nel 1130 e morta ancor giovane nel 1160.
Nel 1624, infierendo nella città una terribile pestilenza, lo spirito di Rosalia apparve, in questi solitari luoghi, ad un cacciatore al quale indicò il luogo dove si trovavano le sue ossa che, raccolte e trasportate in processione per la città, avrebbero scacciato il morbo. Così fu fatto, la pestilenza fu vinta e Rosalia ’a Santuzza venne proclamata protettrice di Palermo. Si è parlato di storia, di religiosità, di natura e di passeggiate ecologiche, ma finiamo con quanto Giuseppe Pitrè ci dice in uno dei suoi 25 volumi della Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane su tesori e truvature esistenti in Sicilia che, anche Monte Pellegrino ha un suo tesoro che aspetta da tempo un fortunato tra gli uomini che voglia finalmente recuperarlo: «Su Monte Pellegrino, presso la Chiesa di Santa Rosalia, e propriamente sotto la Croce, c’è un tesoro, per disincantare il quale occorre partire dal pedi di la scala del monte con un bicchiere colmo di vino, e giungere sul posto di corsa, a mezzanotte in punto, senza averne versato una goccia». Provate…, forse aspetta proprio voi!
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