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Il racconto di una città fra musica, video e teatro

  • 16 ottobre 2006

Raccontare una città è certo impresa non facile, e non può bastare una serata a teatro, per quanto varia e interessante. Però può servire per dare un’idea, per fare uno schizzo del luogo, per tracciare delle linee entro le quali potersi muovere e dire: «Sì, questa è Palermo». In sostanza questo è quanto si è fatto nella serata del 12 ottobre al teatro Bellini nel corso dello spettacolo multimediale “Palermo, il paesaggio umano”, condotto e ideato dall’anchorman di RadioRai Marino Sinibaldi, per la regia di Marco Amato nell’ambito della tappa palermitana del “Grand Re – Tour”. Della manifestazione, che ha già coinvolto altre città italiane e che vedrà Napoli quale prossima tappa della singolare iniziativa, hanno fatto parte anche il convegno “La Sicilia nell’immaginario del viaggiatori contemporanei” e una mostra dal titolo “La Sicilia descritta e illustrata dai viaggiatori del Grand Tour”.

Ma torniamo allo spettacolo, una serata dal ritmo vario e articolato, animata dagli interventi ironici e sagaci del giornalista Roberto Alajmo (qui in veste di guida della città) e della scrittrice Mary Taylor Simeti (nel ruolo dell’ospite curiosa), americana trapiantata da lunga data a Partinico, acuta osservatrice dello spirito del palermitano, dal verace all’acculturato, quindi dai momenti musicali degli “Asteriskos”, cioè Giancarlo Parisi (zampogna a paro con chiavi, flauti, voce), Massimo La Guardia (tammorra e voce), Tanino Lazzaro (fisarmonica), Francesco Buzzurro (chitarra) e Maurizio Curcio (basso), e infine dal bravo Davide Enia che per l’occasione ha presentato uno dei suoi pezzi originali a cavallo fra la tradizione del cunto (bellissima la storia dell’uccello grifone) e il monologo comico d’intrattenimento (la cotta di un adolescente per una ragazzina dai seni grandi).

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E ancora non sono da trascurare i tre video commissionati a tre allievi della scuola di cinematografia palermitana diretta da Egidio Termine, anche questi girati con l’intento di raccontare la città attraverso tre diversi temi: il primo, “Le pietre” (autore Antonio Macaluso, bel montaggio, bel ritmo narrativo e ottimo l'accostamento fra musica e immagini), un altro, gli “Uomini” (di Naomi Sapienza, sicuramente singolari gli uomini palermitani) e il terzo, “Anima loci” (di Emanuele Sesta, molto eloquente per noi l’immagine di un aquilone in volo imprigionato fra i rami di un albero). Alla bella musica proposta dagli “Asteriskos”, un sound antico rivisitato dai bravi musicisti con estro innovativo, particolare e affascinante il suono della zampogna di Giancarlo Parisi, si alternavano le osservazioni irresistibilmente comiche di Alajmo, il quale, pur individuando sempre con immancabile ironia alcune peculiarità della città, «a Palermo - racconta il giornalista - città a cavallo fra la metropoli e il paese, lo struscio paesano si è trasformato in passeggiata domenicale in auto a passo d’uomo», constatava come in realtà il paragone fra Palermo e la cipolla, come riportato in un suo libro citato più volte (forse troppe!) da Sinibaldi nel corso della serata, possa effettivamente andar bene per tante città dell’oggi.

E se Alajmo, fra battute e indugi, accanto ad una lode ai ragazzi di "Pizzino" (periodico satirico dalle iniziative intelligenti e provocatorie) accenna alla necessità di armarsi dell’“ottimismo della scemenza” per affrontare il futuro della città, è dalla scrittrice americana che giungono le parole di sentito e sincero interesse nei confronti di quella fetta di popolazione che ancora necessita di sentirsi parte di Palermo: cercare quelle occasioni che possano permettere di essere fieri e autorevoli per un ruolo dentro la città. E questo riferendo come esempio della soddisfatta consapevolezza degli ex-detenuti di essere parte della città per il loro operato allo Spasimo durante la legislatura di Orlando. Per concludere, città di luce (per la scrittrice americana), luogo viaggiante, che si annaca (cioè massimo movimento ma nessuno spostamento) per Alajmo, ma anche, e questo speriamo si mantenga sempre vero nel tempo, luogo della convivenza, oltre la tolleranza.

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