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La ricerca del sè e l'erotismo tragico in scena al Libero

  • 5 febbraio 2007

Un peregrinare oltre i confini del mondo per conoscere il senso del nostro cammino nel mondo. Un viaggio nel regno oscuro, metafora dell’incoscio, attraverso il quale l’anima dell’uomo cerca la sua patria. E’ l’inferno di Dante, un pellegrinaggio in cui, assommando a sé il genere umano, il poeta ha esplorato il luogo a-temporale per eccellenza, l’oltretomba, nel tentativo di riconsiderare il tempo terreno e trovare la strada che conduce alla conoscenza di sé e del proprio vivere. Un percorso che la Compagnia “Teatro del Lemming” propone al teatro Libero di Palermo (piazza Marina, salita Partanna, 4) dal 7 al 10 febbraio con lo spettacolo “Inferno. Nekya. Parte I”. Diretto e musicato da Massimo Munaro, è un invito attraverso la sintesi drammaturgica e testuale e la purificazione gestuale, a riflettere sulla condizione dell’uomo dal punto di vista psichico, politico e morale. Interpretato da Antonia Bertognon, Diana Ferrantini, Massimo Munaro, Chiara Elisa Rossini, Fiorella Tommasini e Silvano Rosignoli, lo spettacolo supera il concetto di teatro statico e si concentra sull’incontro tra l’attore e lo spettatore. Una ricerca teatrale, quella che il Lemming ha intrapreso da alcuni anni, che ha portato la Compagnia a sperimentare un inedita e profonda relazione.

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Lo spettatore, infatti, diventa protagonista dello spettacolo attraverso un coinvolgimento sensoriale. Ad accompagnarlo e a guidarlo è l’attore che abbandona la maschera, si mette a nudo e ascolta e segue lo spettatore – attore, creando, in questo modo, un rapporto sincero e diretto in cui a parlare sono i sensi liberati dal torpore al quale spesso sono soggetti. Un risveglio, dunque, sensoriale che abbatte i rigidi schemi ed unisce in una comunicazione simbiotica i protagonisti del teatro. Esemplare, a proposito, è lo spettacolo rappresentato nel 1996 “Edipo. Una tragedia dei sensi” nel quale si avverte il bisogno del Lemming di coinvolgere i cinque sensi del pubblico. Sensi ed istinto, d’altra parte, sono gli strumenti principali di questa compagnia nata nel 1987 a Rovigo da un idea di Massimo Munaro, musicista ed erborista e Martino Ferrari (scomparso nel 1993), scenografo ed esperto delle scienze. Un progetto che ha dato vita ad una nuova forma di teatro definito pedagogico che analizza e ridefinisce i ruoli. L’importanza dell’istinto e dei sensi, voce del corpo inteso nella sua nudità comunicativa, è evidente già dal nome. Lemming, infatti, oltre ad essere il nome di una band inglese, Van Der Graaf Generator, è il nome di un roditore della penisola scandinava che, guidato dall’istinto, viaggia senza meta. Un istinto che caratterizza, quindi, anche “Inferno”. Una meta obbligata per il raggiungimento della purificazione spirituale e terrena che conduce ad una possibile e reale felicità.

Affrontare, conoscere ed appropriarsi della colpa per gestirlo. E’ un altro cammino, diverso ma pur sempre difficile e pieno di insidie quello che l’Associazione Culturale Gianni Santucci di Roma presenta con “Fedra” in scena il 13 e 14 febbraio alle 21.15 per il cartellone serale della stagione “Invito al teatro” e dal 15 al 17 febbraio alle 10 per il cartellone mattutino per le scuole. Un testo antico di Jean Racine, reso attuale e moderno dalla traduzione di Giuseppe Ungaretti e che attraverso la purezza della parola e dei versi racconta racconta in uno spettacolo contemporaneo il tema dell’incesto e dei tabù che atrofizzano l’uomo. Interpretato da Micaela Esdra, Marina Zanchi, Massimo Reale, Attilio Fabiano, Diego Florio, Valentina Taddei, Angela Demattè, Igor Mattei, Maria Alberta Navello, Roberta Baronia e Francesca Coco, la Fedra di Racine diventa un mezzo provocatorio per riflettere sui mostri del nostro presente non lontani da quelli che popolano il mondo della Fedra. Una famiglia sconvolta dall’ingresso in scena della dea dell’amore. Un amore colpevole, impuro e impossibile. Un tema che può far rabbrividire ma che pone, invece, di fronte ad un interrogativo. Si può convivere con le proprie colpe? Bisogna demonizzarle? Punirsi ed espiarle oppure bisogna percorrere il cammino insidioso che conduce alla conoscenza della colpa e all’appropriazione dei propri errori? Regia di Walter Pagliaro, musiche di Paolo Terni, scene e costumi di Luigi Perego, una produzione dell’associazione culturale Gianni Santuccio di Roma. Per informazioni e prenotazioni telefonare allo 091.6174040.

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