ATTUALITÀ
Lasciamo Trastevere ai romani, ridiamo la Vucciria ai palermitani
Di questo oggi prendiamo atto e ci chiediamo quali siano stati le ragioni dell’insuccesso. Adesso il tema dei mercati storici torna alla ribalta e dalle pagine dei giornali emerge da parte di molti la voglia di rivitalizzare il mercato della Vucciria attraverso progetti e proposte destinati ancora una volta al fallimento. Non se la prendano i mie colleghi operatori culturali a cui rivolgo l’invito a ritenere che il bene della Vucciria debba prevalere sugli interessi della nostra categoria. Tenere accesi i riflettori dello spettacolo e delle arti in genere non avrebbe alcun effetto duraturo per la rinascita della Vucciria e di questo in fondo ne siamo un po’ tutti consapevoli. Pensare alla Vucciria come un dormitorio per artisti, che pare vi si sono già trasferiti, è abbastanza riduttivo. Il mercato della Vucciria ha le radici nella secolare storia e tradizione siciliana. La Vucciria è conosciuta in tutto il mondo grazie al maestro Renato Guttuso che l’ha potuta ritrarre nella sua vera natura. Cambiarla per tradirla è inopportuno e grave. Trasformarla in un luogo di ristoranti, pub, enoteche per farne una trastevere palermitana è la risposta più ovvia e la via più facile quando si è in affanno e le idee scarseggiano. Eppure su tale versante alcune esperienze sono state già fatte e la crisi di fatturato dovrebbe indurre ad una più sana ed allargata riflessione sulle scelte di pianificazione delle attività produttive e commerciali che in città debbano essere compiute.
Vito Meccio
Presidente della cooperativa culturale sociale Agricantus
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