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Le fiamme della Storia nella Napoli di Murat

  • 5 aprile 2006

FUOCO SU DI ME
Italia, 2005
Di: Lamberto Lambertini
Con: Omar Sharif, Massimiliano Varrese, Sonali Kulkarni, Zoltàn Ràtòti
Maurizio Donadoni, Nicola Di Pinto

C’è un film italiano intenso e coraggioso che si sta facendo largo all’interno della disastrata distribuzione nelle sale. Si tratta di “Fuoco su di me”, diretto da Lamberto Lambertini, regista che viene dal teatro qui al suo secondo lungometraggio. Lambertini, dopo una esperienza di dodici anni che lo ha visto andare in giro, non solo in Italia, con la compagnia fondata insieme a Peppe e Concetta Barra, si è innamorato dell’India dove ha girato il suo primo film a soggetto, “Vrindavan Film Studios”. Questo suo nuovo film ha ricevuto un premio che istituisce la Regione Veneto, “Cinema e Cultura del Dialogo”, assegnato durante la scorsa edizione del Festival di Venezia.

“Fuoco su di me” è un film sulla dimensione del dialogo, il paradigma che apre ogni identità “all’altro”, che consente la circolazione non solo dei sentimenti ma anche delle idee, la comunione delle culture. La Napoli raccontata da Lambertini appartiene ad un passato glorioso e ricco di fermenti culturali: quella del 1815 durante il regno di Gioacchino Murat, salito al trono nel 1808 grazie alla riconoscenza che gli aveva tributato Napoleone Bonaparte essendo lui marito della sorella dell’Imperatore, Carolina. La trama ripercorre gli ultimi mesi di vita del regno di Murat (interpretato dall’ungherese Zoltàn Ràtòti, a cui giova una certa somiglianza fisica con il comandante), e il titolo assume un doppio significato che, da un lato, allude all’eroico gesto di Gioacchino che rifiuta la benda sugli occhi al momento della fatale fucilazione (l’incisiva sequenza che apre e chiude il film) e dall’altro conduce una colta citazione di alcuni versi di Arthur Rimbaud. E' il dialogo tra il giovane Eugenio (Massimiliano Varrese) e il Principe Nicola, suo nonno (una commovente interpretazione di Omar Sharif che ama recitare con la sua vera voce) a tessere l’intelaiatura storica che regge il film. E c’è poi il tema dell’amour fou, leit-motiv della letteratura alta e bassa, che lega Napoli e Procida incarnato da Eugenio, naufrago sull’isola, e dalla bellissima Graziella a cui presta volto la preziosa attrice indiana Sonali Kulkarni, già apparsa nel primo film di Lambertini e in “Matrimoni & pregiudizi”. Eugenio torna in patria dopo le lunghe battaglie in Francia. Il giovane è risucchiato nel vortice irresistibile della sua originaria Napoli, sedotto dalla chimera della scrittura, sulle orme del nonno, aristocratico dal cuore saggio e gentile che sta scrivendo un diario sugli anni del regno di Murat, coltivando pure le proprie ricerche scientifiche.

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Ora che Napoleone è prigioniero sull’isola d’Elba e Murat ha firmato gli accordi segreti con gli Inglesi e gli Austriaci, il sogno è quello dell’Italia unita con Napoli capitale. “Fuoco su di me” è un film sontuoso e misurato, sospeso in un tempo storico distante che, a volte, allude al nostro nel presentare gli intrighi politici e le divisioni apparentemente irrecuperabili che ancora oggi alimentano maligne trame di poteri occulti. L’attenta cura scenografica di Carlo De Marino e Luigia Battani conferisce alla pellicola una dignità alla James Ivory, sorretta dall’efficace colonna sonora di Savio Riccardi. Una Napoli sognata e malefica, caravaggesca nei suoi interni come negli esterni (e fortunatamente mai pittoresca!); una Napoli multietnica dove covano fuochi di guerra e di amore, dove il fascino dei contrasti si apre al gioco delle passioni, come quella tragica di Paolo e Virginia nel richiamo dello scrittore francese Bernardin de Saint-Pierre, ovvero dell’impossibilità di trovare una concreta purezza d’amore in un periodo storico di conflitti tra Oriente e Occidente. E’ proprio la lettura del romanzo di Saint-Pierre a legare Eugenio e Graziella e il suo tono riecheggia nel gentile dialogo tra Eugenio e il nonno, e in quello, più aspro tra lo stesso Eugenio e il cugino Aymon (Maurizio Donadoni).

La sottile e mai sottolineata raffinatezza di questo singolare film richiama una frase significativa in esso contenuta, quella del Principe Nicola che, parafrasando Shakespeare, definisce la Storia come “un fondale dipinto davanti al quale gli attori, sempre diversi, recitano sempre le stesse parti”. Nel restituirci la tragica vanità dell’eterno ritorno, “Fuoco su di me” dispone il paradigma urgente della doppia dimensione politica e privata, tentazione estrema dell’Uomo che vuole confrontarsi con le ragioni del Bene e del Male, con le stoccate di odio e di amore che mutano i destini delle civiltà assieme a quelle dei loro potenti condottieri. Ma è la fragilità della nostra natura a farci tutti ombre e la Storia diventa nient’altro che una proiezione di comuni desideri e paure. Anche questo ci rammenta col suo pittorico, consistente film, il regista Lambertini: niente appare lontano, nel luogo del Tempo, a patto che si riesca ad interpretare, dei fatti, il nesso essenziale che li conduce. A patto di non dimenticare che esiste l’Uomo.

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