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"Lettere dall'Oltremare", corsi e ricorsi dell'emigrazione

  • 21 gennaio 2006

Un evento di due giorni (il 26 e 27 gennaio) per ricordare le nostre “carrette del mare”. Quando i nostri nonni lasciavano alle spalle tutto per andare incontro all’ignoto. Il mare protagonista, la meta principale Ellis Island, l’America. "Lettere dall’OltreMare" è tutto questo, nella suggestiva cornice del Porto di Palermo, dagli incontri pomeridiani con gli scrittori, condotti da Roberto Alajmo, alle espressioni del teatro di sera, che si svolgeranno alla Stazione marittima, oggi transito per croceristi. Il fenomeno dell’emigrazione di ieri si ripropone ancora adesso, drammaticamente. Cambiano i tempi, mutano i modelli sociali, ma il fondamento è sempre lo stesso: miseria, disperazione, fuga, speranza e ricerca di nuova vita. Anche se poi le frontiere - i muri invisibili - sono più d’una e l’essere umano viene annientato con la perdita delle sue coordinate vitali. Con questi presupposti Roberto Alajmo si confronta con Erri De Luca, scrittore e opinionista de “Il Manifesto”, che di recente ha pubblicato “Solo Andata” (ed. Feltrinelli, aprile 2005), in un affresco poetico, ora corale ora individuale, per un viaggio di migranti verso i porti del nord e per “un racconto dall’interno di una materia umana ancora muta”; ma anche con Giovanni Maria Bellu, giornalista del quotidiano “La Repubblica”, che con la sua attività d’inchiesta, ricostruita nel libro “I Fantasmi di Portopalo” (Saggi Mondadori, ottobre 2004), ha fatto riaffiorare una vicenda, tra le più tragiche dal dopoguerra – per carico di perdite umane –, avvenuta la notte del Natale 1996. Oltre trecento i clandestini stipati in un cargo inabissatosi e, per lungo tempo, negato all’esistenza. L’ennesimo caso di disperati nascosto alla notizia, taciuto e per questo mai avvenuto. Un caso di giornalismo investigativo, che ha cambiato anche la vita di Giovanni Maria Bellu.

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«Se non fosse per il suo titolo “Lettere dall’Oltremare”, oltre che poetico, azzeccato – afferma Roberto Alajmo – il mio titolo sarebbe stato “Quando mangiavamo nel cato”». La sua non è una semplice battuta, ma la sintesi di tutta la filosofia che anima la due giorni. Intendendo, con quel cato, il secchio su cui si rispecchiava la povertà dei nostri progenitori, anche loro migranti. «Fra l’emigrazione di ieri, dei nostri nonni, e la migrazione di oggi, dai paesi rivieraschi della costa africana – continua Alajmo – vedo solo i connotati caratteristici di uno stesso fenomeno. Anche negli Stati Uniti la nostra comunità veniva vessata, spogliata del nome, del linguaggio, considerata sporca, venditrice dei propri figli e delle proprie donne, usurpatrice dei posti di lavoro, produttrice di delinquenza e, perché no, anche “terrorista”, nell’uso che di questa parola si può fare riportandola a quel contesto storico, in quanto “anarchica” e sobillatrice del sistema socio-economico costituito. Con Lettere dall’Oltremare si è cercato di riunire alcuni maestri della scrittura per favorire con la comunicazione, attraverso il linguaggio, cioè lo stesso strumento negato ai nostri progenitori, una volta giunti in porto d’altri, la riappropriazione di quella identità scomoda, troppo precocemente rimossa».

Sullo stesso piano si pongono anche i due lavori teatrali, il 26 (ore 21), “La spartenza”, interpretato dalla Compagnia del Baglio di Villafrati diretta da Enzo Toto, tratto dalle omonime memorie di Tommaso Bordonaro, un geniale analfabeta partito per gli Stati Uniti all’inizio degli anni venti, che come testimone invisibile è ancora presente in alcuni beni originali e d’appartenza portati sulla scena. Così pure, il 27 (ore 21), con lo spettacolo “L’Orda”, storie, canti e immagini di emigranti di Gian Antonio Stella, portato in scena dalla Compagnia delle Acque del noto cantautore Gualtiero Bertelli. Ci sarà anche una sedia vuota per un ospite che non è più tra noi, quel Vincent Schiavelli, nato in America e tornato dopo una brillante carriera cinematografica nella sua Polizzi Generosa (il paese dei genitori), che per voce di Roberto Alajmo racconta la sua esperienza di emigrante che torna.
Il progetto, ideato e curato da Giovannella Brancato, sostenuto dall’assessorato regionale al Lavoro e promosso da Siciliani nel Mondo e dal Crases, oltre che dall’Autorità portuale di Palermo, completa il percorso già iniziato lo scorso anno con “Andate e Ritorni, Cinema e Migranti”.

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