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Melinda e Melinda: la vita è tragica o comica?

  • 4 gennaio 2005

Melinda e Melinda
U.S.A 2004
Di Woody Allen
Con Radha Mitchell,Will Ferrell, Neil Pepe, Chlöe Sevigny

La vita è una tragedia o una commedia? Affrontano questo filosofico interrogativo quattro amici seduti attorno al tavolo di un bistrot. Due di loro sono scrittori di professione, uno dalla vena drammatica e l’altro comica, e sostengono rispettivamente di poter sottomettere qualunque materiale narrativo alla loro inclinazione personale. Si sfidano dunque nel raccontare la stessa identica storia (proposta da un terzo amico) in chiave differente. Il canovaccio prende le mosse appunto dalla Melinda del titolo, vedova dal passato burrascoso e dal presente incerto, che una sera irrompe improvvisamente a casa di amici. Preoccupati, questi vogliono dare una sistemata alla sua vita e tentano di appiopparle un nuovo marito. Le due “Melinde” (quella comica e quella tragica) si alternano così nel corso del film (gli altri attori cambiano per non confondere troppo lo spettatore) e affrontano gli stessi avvenimenti, ma con diverso spirito. La conclusione di quest’esperimento, come chiosa la quarta amica, è ovvia: di per sé non esiste nulla di naturalmente tragico o comico (nella vita, come nella sua rappresentazione), ciò che varia è il punto di vista del singolo soggetto. Insomma, niente di più che discorsi da “quattro amici al bar”. Lo spunto di partenza è intrigante, anche se non del tutto nuovo nella poetica di Woody Allen, che ha da sempre fatto del “tragicomico” il suo stile personale.

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Lo stesso concetto era già stato adeguatamente espresso nella “Dea dell’amore”, classica commedia brillante scandita però dalle incursioni di un coro tragico che di tanto in tanto commentava gli eventi. Quello che non convince è lo svolgimento: le due storie sono poco più che una bozza di sceneggiatura, la parte tragica ha troppa poca tensione e quella comica non fa molto ridere (il numero delle tipiche battute graffianti del nostro Woody è questa volta esiguo). Il risultato è che le due versioni finiscono per non differenziarsi abbastanza e per appiattirsi su un tono medio, ben lontano sia dai grandi drammi alleniani (“Crimini e misfatti”, “Un’altra donna”), sia dalle commedie più esilaranti (“Brodway Danny Rose”, “Misterioso omicidio a Manhattan”). Allen sembra aver dato fondo a tutte le vecchie idee e ormai procede per inerzia. È arrivata per lui l’ora di concedersi una pausa di riflessione (magari evitando di fare un film all’anno) e di maturare una svolta artistica. L’aspetto migliore del film è tutto sommato nella recitazione degli attori, molto curata, anche quella dei comprimari. La protagonista Radha Mitchell è molto carina e garbata, e riesce con facilità a passare da un registro interpretativo all’altro. Will Ferrel è, vi giuro, davvero un bravo comico (per anni si è fatto le ossa alla palestra del “Saturday Night Live”) anche se, vedendo la versione italiana con il doppiaggio del fastidiosissimo Pino Insegno (che incespica tentando di imitare Woody Allen), farete fatica a convincervene.

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