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“Privo di titolo”, e senza Montalbano

  • 2 giugno 2005

Il nuovo romanzo del prolifico Camilleri, "Privo di titolo" (Sellerio editore, Palermo, pp.296, euro 11) appartiene alla serie storica, al filone cioè che vede l’oramai mitico Montalbano in vacanza a Boccadasse dalla sua Livia e quindi assente dagli scaffali di libreria. Tra i numerosi appassionati del nostro autore, non è infrequente l’opinione che la serie storica, appunto, rappresenti la migliore espressione di Camilleri. Su questo argomento meglio tralasciare ogni commento, limitandosi a dire che "Privo di titolo" è senza dubbio l’ennesimo successo di Andrea Camilleri e di Sellerio. Scritto in un siciliano che – è inutile raccontarci delle storie – nessun altro riesce a usare e rendere con tanta naturalezza, il romanzo fa riferimento a fatti di cronaca ed è in estrema sintesi un raffinato esempio degli effetti concreti di un regime mediatico.

Camilleri racconta dell’omicidio di un giovane fascista vittima, anzi martire, della violenza bolscevico-comunista, almeno secondo quanto viene propagandato dai media del regime. Nello stile e nella tecnica narrativa, viene ripreso un modulo di successo già apprezzato dai lettori ad esempio ne «La Concessione del telefono», e si fa ampio uso delle «cose scritte» lasciando raccontare le vicende del romanzo da quotidiani, rapporti di polizia, referti medico legali, volantini politici eccetera. Interessantissimo l’uso che l’autore fa, nella parte che costituisce il perno della vicenda – l’omicidio appunto – della sua ars registica, con la quale Camilleri fa scorrere davanti agli occhi del lettore la scena, proprio come farebbe un regista sul set.
I personaggi del romanzo sono tutti caratterizzati con la solita intensità e con maestria tale da trasmettere al lettore, anche per le semplici comparse, anche con poche battute, un universo di sentimenti, passioni, paure, pregiudizi, eroismi, meschinità. In sintesi cose umane.

Da non sottovalutare l’interesse storico sociale del romanzo, ancora una volta Camilleri, raccontandoci una storia, ci ricorda come eravamo e come siamo. Lo raccomandiamo agli amanti del genere, a chi vuole divertirsi con soli undici euro e a chi ancora si chiede come mai noi siciliani siamo sempre gli stessi, in questo romanzo magari non ci saranno tutte le risposte, ma almeno non ci si prende troppo sul serio.

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