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Pupino Samonà, la cosmogonia del ritorno

  • 12 giugno 2006

L’equilibrio instabile delle forme, una figurazione che trae ispirazione dal linguaggio futurista, ma che si nutre di un saldo rapporto con la scienza, che nelle mani del pittore diventa conoscenza. Un’artista, che ha saputo indagare con una ricerca costante e appassionata, che ormai dura da ben sessanta anni, la realtà che ci circonda restituendone immagini di profondo lirismo, dal calibrato suono interiore, che non pretendono di rivelare alcuna verità nascosta, ma solo di insegnarci a vedere. Vedere al di là della superficie esteriore che riveste le cose, analizzare con il suo occhio da pittore scienziato un mondo e un cosmo che crediamo di conoscere, ma nel quale dobbiamo ritrovare noi stessi.

Pupino (Mario) Samonà (Palermo, 1925) ritorna nell’amata isola dopo un nostos che per lui equivale a una vita intera. È poco più che ventiquattrenne quando decide di cercare una nuova strada, di cominciare un viaggio che lo porterà a stabilirsi nella capitale fino al suo ottantesimo compleanno, quando forse la memoria della luce e degli odori lo riporta, come Ulisse, a ritornare all’isola natia. Un percorso artistico e umano, quello di Samonà, che con coerenza e perizia è ricostruito nella mostra retrospettiva dal titolo “Pupino Samonà – Dalla partenza al ritorno”, visitabile presso il Loggiato San Bartolomeo (corso Vittorio Emanuele, 25) fino al 9 luglio (dal martedì al sabato, 16.30-19.30, domenica 10-13; ingresso gratuito), promossa dalla Provincia di Palermo con fondi del Governo italiano, coordinata da Piero Caldarera ed Emilio Vinti, con la collaborazione di Amelia Bucalo Triglia. Testi in catalogo di Enrico Crispolti e Toni Maraini.

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Le oltre cento opere in mostra raccontano il cammino solitario e indipendente di Samonà, le influenze ricevute dalla conoscenza diretta di Balla e della sua opera, l’amicizia con il critico Emilio Villa e con il fisico Marcello Beneventano.
Le opere del periodo giovanile esposte al piano terra del Loggiato mostrano un inizio figurativo, disegni in bianco e nero e a colori su carta appartenenti agli anni quaranta-cinquanta, in cui il nucleo tematico, che rimarrà una costante nel linguaggio pittorico dell’artista palermitano, sembra già ben definito: pesce/occhio/arco, il disco solare, la cosmogonia spaziale.

Una compenetrazione tra una forte gestualità simbolica e una figurazione dalla linea corposa ma allo stesso tempo appena accennata mostrano i trenta bozzetti originali del "Memoriale di Auschwitz", realizzati da Pupino Samonà per la struttura elicoidale progettata dal famoso studio di architettura BBPR, nel 1979, su proposta dell’Associazione Nazionale Ex Deportati.
I dipinti del "Memoriale", in mostra al primo piano, rappresentano la storia della dittatura, la deportazione degli ebrei, la Resistenza, e testimoniano il profondo impegno politico-civile di Samonà. Lo studiato utilizzo dei colori, il loro significato simbolico (il nero rappresenta il fascismo, il rosso l’opposizione, il giallo gli ebrei, il bianco la borghesia e il cattolicesimo), i volti di ebrei comuni, e quelli dei protagonisti come Gramsci e Mussolini, nel dispiegarsi cronostorico del racconto di Samonà, sono una testimonianza unica e si pongono come un segno permanente di una delle più grandi tragedie dell’umanità.

La superficie materica e grumosa dei dipinti giovanili, ottenuta con l’utilizzazione di materiali diversi mischiati alla tempera, si evolve sul finire degli anni cinquanta sviluppando, grazie all’uso dell’aerografo e del nebulizzatore, una pittura lieve e aerea, che sembra mimare la polvere stellare. E il tema preferito e approfondito da Samonà diventa il cosmo nelle sue diverse manifestazioni, quasi ad esprimere la voglia di provare a capire e dare corpo sulla tela a concetti astratti come l’entropia, l’energia dinamica, la fotonica o ancora a scandagliare con il suo occhio da paesaggista dell’universo l’intero spazio cosmico mostrandoci abissi, buchi neri, eclissi solari.

Il secondo piano, che accoglie questi dipinti, diventa una sorta di spazio amniotico dove lo spettatore catturato da immagini provenienti da un universo lontano, da fessure che aprono mondi in bilico tra realtà e sogno, riesce probabilmente a vedere al di là della mera immagine e a ritrovare quei simboli universali, archetipi della coscienza collettiva, grazie ai quali ogni uomo, secondo Jung, determina la struttura profonda del proprio essere.

Pupino Samonà è nato a Palermo nel 1925, da una storica famiglia siciliana. Nel 1949 si trasferisce a Roma, dove partecipa attivamente all’ambiente avanguardistico della capitale. Dopo aver esposto un po’ in tutto il mondo, da Londra a Beirut, da Gerusalemme a Basilea, da Monaco a Mosca, ha deciso di ristabilirsi nella città natale, che lo accoglie finalmente nel modo dovuto, donandogli questo intenso e sentito omaggio.

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