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Suzanne Vega, una chitarra, i libri e le sue poesie

  • 14 agosto 2004

Come ricevere in veranda la visita di una nostra vicina di casa. Lei è un tipo riservato, schivo, anche se ha venduto alcuni milioni di copie dei suoi cd. E noi l’abbiamo accolta nel nostro giardino, lei ha portato con sé la chitarra, i libri delle sue poesie, un bravo bassista, un eclettico chitarrista, un misurato batterista. E senza fare troppo chiasso, per non disturbare i vicini, e senza darsi troppe arie, è la nostra timida vicina di casa, ci ha raccontato le sue canzoni. Una serata da ricordare, quella di martedì 20 luglio al Teatro della Verdura di Palermo. Suzanne Vega ci ha regalato cento minuti di emozioni di tutti i giorni, di storie minime, arrangiate con garbo e misura. Durante lo spettacolo, l’artista newyorkese si è preoccupata  che il pubblico riuscisse a percepire il senso delle cose che diceva, e che cantava. Così ha chiesto spesso l’aiuto, sul palco, del suo traduttore italiano; ha raccontato l’origine di alcuni brani, ha narrato alcune piccole vicende della sua vita privata, tradotte poi in lirica.

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Il concerto di Palermo ha chiuso una tournèe europea di sette settimane, e Suzanne Vega ha gestito lo spettacolo con eleganza e con garbo, come può fare un’artista per la quale l’attenzione alle parole ed al modo in cui vengono raccontate è sicuramente superiore alla media. E’ una antidiva, ma non una persona scontrosa o distaccata: le vicende che canta sono quelle minime di tutti i giorni, le emozioni che possono capitare (e capitano) anche a noi, i fatti di cronaca spicciola in cui solo una vera anima di artista può cogliere la sfumatura poetica. La scaletta ha compreso brani tratti dai suoi dischi più datati, e anche dall’ultimo cd, uscito nel 2002, “Songs in red and grey”.

Così è stato naturale considerare insieme a lei che “Blood makes noise”, il sangue fa rumore, nelle vene di chi sa ascoltarne la voce, canticchiare senza altro accompagnamento del battito delle mani “Tom’s diner”, seguire la vicenda di “Luka” che abita al secondo piano, ed è un ragazzo alle prese con le problematiche adolescenziali che tutti abbiamo vissuto. Giusto una cover, che ci stava benissimo, “Pale blue eyes” degli Who; non ci ha detto a chi era dedicata… Alla fine del concerto, mentre il pubblico chiedeva con entusiasmo ed affetto un’altra canzone, Suzanne Vega è uscita per la terza volta, e ci ha chiesto affabilmente “another song? Are you sure?”. Si, siamo sicuri Suzanne, cantaci ancora un’altra canzone.

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