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Telejato, una voce fuori dal coro nel "Triangolo delle Bermuda"

  • 12 giugno 2006

Bel fine pomeriggio di inizio estate, sole calante che però colpisce. Una improvvisata banda di attacchini di Palermo e Partinico, una troupe di France3 e il guru di Telejato, Pino Maniaci, a Valguarnera. Ci sono "Le Stalle della Vergogna" e per fare in modo che non continuino a passare inosservate si è giusto pensato di decorarle con delle ceramiche, insoliti promemoria all'attenzione delle autorità e dell'opinione pubblica. «Mettiamo le ceramiche sulle stalle della vergogna, la vergogna di Partinico. Sono dei Vitale-Fardazza, i boss di Partinico, che hanno edificato abusivamente sui terreni delle persone» annuncia Pino Maniaci alla televisione francese, che ha cura di riprendere i "mastri" all'opera con cazzuola, cemento, martello e chiodi.

Si tratta dell'antico borgo di Valguarnera, dove nell'ottocento si consumava la vita quotidiana fra strade, artigiani e piccoli coltivatori. Con la creazione del grande centro quale è Partinico, gli abitanti del borgo si sono spostati e hanno lasciato tutto a deperire. I boss di Partinico, i Vitale, hanno così buttato giù con le ruspe quello che rimaneva dell'antico borgo e hanno costruito cinque stalle, le stalle della vergogna appunto. Hanno usurpato gli originari proprietari, hanno creato il loro quartier generale. Diversi omicidi sono stati consumati in queste stalle, fra i quali anche quelli di alcuni dei proprietari di questo terreno, che è diviso in 60 particelle.

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Hanno costruito senza che nessuno abbia visto niente, utilizzando anche tubi del metano del comune come strutture per i tetti. Dopo 10 anni si sono autodenunciati come abusivi e hanno fatto richiesta di sanatoria. I magistrati, notando che in realtà il terreno apparteneva a 60 proprietari diversi, hanno sequestrato le stalle e le hanno acquisite come bene indisponibile. Ma le stalle che i Fardazza hanno denunciato sono due, nel frattempo ne hanno costruito altre tre e, ancora una volta, nessuno ha visto niente, compreso chi controlla il territorio. Così ancora una volta Pino Maniaci e la sua Telejato, hanno compiuto il proprio dovere.

Questa non è che una delle tante puntate che ogni giorno manda in onda Telejato, irradiando il proprio segnale in quello che da queste parti è definito "il triangolo delle bermuda": Corleone, San Giuseppe Jato e Partinico. La più piccola televisione d'Italia capace di fare chiudere la distilleria più grande d'Europa, la Bertolino, che è costato a Telejato e a Pino Maniaci più di 200 querele. Ma una televisione apprezzata perché di servizio, di approfondimento. Anche per questo ha attirato le televisioni europee e americane a occuparsi di questo fenomeno al quale si appassionano molto più che i media locali e nazionali. Chiediamo a Pino cos'è Telejato: «è un emittente che fa controinformazione, cosa che purtroppo non si fa più. Non si fa quella informazione sulla ricerca della verità, quei servizi d’inchiesta. Noi facciamo inchieste sulla mafia, cerchiamo di scavare a fondo e cercare di estirpare questo tumore, lo zoccolo duro che è rimasto dalle nostre parti, perché i grandi boss sono dentro e fuori rimangono i giovani che senza una guida sono come cani sciolti».

Perché Telejato sì e le altre no? «Lo possono fare tutti, serve un pizzico di coraggio e buona volontà. Le televisioni commerciali prediligono andare dietro al potere, di qualsiasi colore sia, per ritorno economico. Telejato non guarda a nessun colore politico, pone al centro l’uomo: se è un uomo che lavora per la collettività o meno. Se è uno che non lavora, non guardiamo né destra né sinistra, e per noi va spezzato». E cosa significa essere organo di controinformazione nel triangolo delle bermuda? «Pensa che il nostro notiziario è il più seguito a Corleone, camminando per strada a l'ora giusta si possono sentire tutti i televisori sintonizzati. La nostra emittente è stata dichiarata emittente a rischio. Abbiamo ricevuto svariati attentati: vetri della macchina sfasciati, una quarantina di gomme tagliate, minacce telefoniche, lettere minatorie, un po' di tutto e di più. Noi non ci siamo lasciati intimorire, siamo andati avanti ma non per questo non abbiamo paura perché siamo fatti di carne anche noi».

Ma la gente è con voi: «Questo è quello che alla fine ci da veramente coraggio, ci da la forza di continuare. Quando chiamiamo, i cittadini sono sempre e comunque con noi». Perché non si può fare una Telejato a Palermo? «A Partinico siamo riusciti a rimanere accessi, nonostante abbiamo avuto anche attentati ai ripetitori. A Palermo non sarebbe stato possibile perché la criminalità è molto più concentrata, molto più permeabile, si sente proprio nelle strade. Qui dopo la decapitazione di grossi nomi ci sono quelli che abbiamo definito “i piccoli mafiosi crescono”, che potrebbero anche essere più pericolosi perché senza una guida. La mattina uno si alza e s’annaca picchi… 'oggi cumannu iu!'». Grazie Pino: «Iti a far n'to culu!».

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