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Morte e fertilità nella Sicilia antica: i segreti del Santuario della Malaphoros tra culti e rituali

La collocazione del sito rivela quelle caratteristiche introvabili in altri siti archeologici. Attualmente le visite al santuario sono interdette ma si spera ancora per poco

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 27 maggio 2022

Il parco archeologico di Selinunte rappresenta il complesso più grande d’Europa. Le visite della collina orientale e dell’Acropoli soddisfano il palato del turista e appassionato di archeologia seppur manchi qualcosa per entrare definitivamente nel mondo antico dei megaresi.

L’occhio attento cade su un’indicazione che volge lo sguardo verso il mare e scende in località Gaggera (nord-ovest dell’acropoli stessa). Durante i primi passi mossi, un terrazzo naturale coglie quasi impreparati e la tonalità dei colori espressi si impadronisce delle ultime energie rimaste. Una discesa verso il Santuario della Malaphoros per chiudere il cerchio del sito archeologico e portare con sé un ricordo indelebile di questa lunga visita. È visibile un’immagine fantastica del Modione che sfocia nel mar Mediterraneo. Gli ultimi metri scanditi dall’incontro di un fiume che si perde e viene trascinato nelle grinfie del “ gigante”.
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Una fotografia ambientale che lascia sorpresi. Dopo una breve sosta, continua il cammino verso il santuario e superato il ponte di legno, una distesa ampia, verde e silenziosa accompagna verso l’interno di un mondo sacro. Finalmente si giunge ai piedi del tempio dedicato a Demetra “portatrice del melograno “.

Anticamente, il culto della divinità era praticato su altari all’aperto, che successivamente furono sostituiti da un megaron all’interno di un temenos di metri 60*50. Il complesso sacro è il risultato di una serie di modificazioni che, nel corso dei secoli, si sono andate sommando alle costruzioni originarie e oggi, è difficile distinguere gli elementi originari da quelli posteriori.

Per accedere al temenos, bisogna procedere (nord-est) attraverso un propileo monumentale a colonne risalente al V secolo con gradini all’esterno. Davanti vi è una struttura di forma circolare, tipica dei culti eleusini (ricorda il pozzo Callicoro di Eleusi). Per altri potrebbe rappresentare il basamento di un altare. A sinistra del propileo si trova un recinto dedicato a Ecate Triforme, dove sono posti i resti di costruzioni e di un piccolo altare.

A destra del propileo, vi sono i resti di una lunga galleria a portico, con sedili interni ed esterni, per consentire presumibilmente la sosta ai cortei funebri. Varcato il propileo, si incontra una piccola ara arcaica, quindi il grande altare dei sacrifici ( mt. 16,30*3,15), un pozzo e una canaletta lastricata che convogliava al temenos l’acqua proveniente dalla sorgente della Gaggera. Si suppone che il santuario fungesse da hekataion e sostassero i cortei funebri che conducevano i defunti alla necropoli di Manicalunga.

Inoltre lo stesso santuario ha un grande rilievo dal punto di vista etnico-storico, in quanto luogo in cui si incontrarono sovrapponendosi diverse etnie fin da tempi storici antichissimi. Oltre al culto dei morti si univa quello della fertilità, con pratiche unicamente femminili. In un piccolo recinto quadrato, a circa 15 metri a nord del complesso principale, si trovano gli avanzi di un tempietto dedicato a Zeus Milichio e a Pasicratea ( Persefone).

È caratterizzato da elementi dorici e ionici come il tempio B. Era circondato su due lati da colonne di stile non omogeneo, appartenenti a fasi diverse della costruzione, che, nel corso dei secoli, subì vari rifacimenti, soprattutto nel periodo ellenistico. Durante gli scavi, all’esterno del lato ovest, furono messe in luce statuette e maschere in terracotta, riproducenti la figura femminile di una divinità, probabilmente Demetra. Sono venuti alla luce anche alcuni vasi corinzi e protocorinzi, arule ed un bassorilievo con la raffigurazione del rapimento di Persefone da parte di Plutone-Hades.

Recuperate anche una serie di stele gemine, terminanti cioè nella parte superiore con due teste, una maschile ed una femminile, raffiguranti forse la coppia divina Zeus-Pasikráteia, divinità legate al culto dei morti. Infine ritrovate anche numerose lucerne a monogramma costantiniano, testimonianza di un insediamento cristiano sovrappostosi tra il III ed il VI secolo a.C. Sono conservate nel Museo Nazionale di Palermo.

Dopo l’alluvione che ha investito le zone di Selinunte, l’Ente Parco Archeologico nella qualità del direttore ha deciso di rendere inaccessibile (si spera per poco tempo) la visita del santuario. Si perde l’occasione di ritornare indietro nel tempo e calarsi nei momenti sacri della vita selinuntina. La tipicità del luogo si emargina dal resto del sito e merita una sistemazione congrua e tempestiva. Ogni singolo angolo del parco racchiude un segreto da scoprire ma non siamo in grado di svelare perché pervasi dalla magia del mondo antico.
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