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Né monaca, né zoppa, non partorì in piazza: la vera storia di Costanza, regina di Sicilia

Molte leggende sono fiorite intorno alla figura della figlia postuma di Ruggero II, celebrata anche da Dante, in un canto del Paradiso. Quale fu la sua unica colpa

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 29 dicembre 2023

Una miniatura raffigurante il parto di Costanza D'Altavilla

Costanza d’Altavilla ha goduto di grande fortuna nell’immaginario letterario. Dante la rese una delle protagoniste del canto III del Paradiso, veicolando alcune fantasiose dicerie” (Fulvio Delle Donne). Poche sono le notizie storiche, mentre numerose sono le leggende fiorite nei secoli passati, intorno all’ultima degli Altavilla, imperatrice del Sacro Romano Impero e Regina di Sicilia, nata a Palermo - probabilmente al Palazzo Reale, scrive Pasquale Hamel - il 2 Novembre del 1154.

La madre di Costanza era la giovanissima Beatrice de Rethel, terza moglie del re Ruggero II. La quattordicenne francese era convolata a nozze con il sovrano cinquantaseienne ormai infermo, vedovo di Sibilla di Borgogna, morta di parto. Quando Costanza venne al mondo suo padre aveva già lasciato questa terra da oltre 8 mesi, spirando il 27 febbraio 1154.

Inutile dire che si erano subito diffuse numerose dicerie sulla paternità della neonata; maldicenze e insinuazioni che non trovano al momento conferma nelle fonti storiche disponibili.
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Secondo alcuni cronisti Costanza era figlia di suo fratello Guglielmo I, che nel 1154 aveva circa 24 anni. Giovanni Boccaccio, autore del Decamerone, affermava invece che il vero padre della principessa era Guglielmo II (figlio di Guglielmo I) dimenticando che era nato nel 1153 e al momento della nascita della zia aveva appena 1 anno!

Tra le leggende che ancora oggi sorprendentemente circolano c’è anche quella - tramandata pure da Dante e da Boccaccio - che riguarda la presunta monacazione della futura imperatrice: capitava spesso nel Medioevo che storia e leggenda finissero per mescolarsi e confondersi. Giovanni Boccaccio riportava che l’abate calabrese Gioacchino da Fiore, ritenuto all’epoca il profeta per antonomasia, aveva predetto che se Costanza si fosse sposata, avrebbe generato l’Anticristo e “sarebbe stata la desolazione del regno di Sicilia”.

Atterrito da questa prospettiva il re, “avendo pietà del suo regno”, aveva costretto la zia ad entrare in convento: “la chiuse verginella in un chiostro perché votasse a Dio la sua perpetua verginità”.

La falsa notizia della monacazione di Costanza venne condivisa nel Cinquecento anche dallo storico saccense Tommaso Fazello, autore di una monumentale storia della Sicilia. Il Fazello affermava addirittura, con dovizia di particolari, che la principessa sarebbe stata badessa del monastero del SS.mo Salvatore di Palermo, prima di essere strappata al sacro chiostro, per volontà del Papa, ed esser data in sposa ad Enrico, figlio di Federico Barbarossa.

Il canonico concludeva che “bisognava considerare un vero e proprio delitto dubitare di questa sua narrazione” perché a dar forza a queste affermazioni c’erano due iscrizioni, poste nella Cattedrale di Palermo, sulla tomba di Costanza e su quella di Enrico VI. Dalla lettura delle due lapidi si evinceva che la figlia di Ruggero II era stata monaca, prima di sposarsi per dare un erede al Regno. La prova ritenuta inoppugnabile dal Fazello, venne invece confutata quando il Cardinale Cesare Baronio dimostrò che quelle iscrizioni erano state collocate sulle tombe reali, secoli dopo la morte dei sovrani, dal canonico Ruggiero Paruta.

Oggi le lapidi sono scomparse, perché trattandosi di “falsi”, vennero rimosse - su suggerimento dello storico Rosario Gregorio - nel 1787, in occasione dell’apertura dei sarcofagi reali, voluta dal re Ferdinando III. Forse la leggenda della monacazione di Costanza, che così tanto successo ha avuto nei secoli, è nata dalla consuetudine, diffusa all’epoca, di allevare ed educare le fanciulle di alto rango in monastero; oppure potrebbe derivare dal probabile ritiro di Costanza in convento, dopo la morte del marito.

In ogni caso non è chiaro come mai ella restò nubile fino all’età di 32 anni, ossia sino alle nozze con il diciannovenne Enrico nel 1185, pur essendo un partito molto appetibile (era ben dotata e figlia di un sovrano illustre), né gli storici possiedono al momento delle fonti in grado di far chiarezza sulla vicenda. La coppia regale rimase sterile per molti anni; poi Costanza finalmente divenne gravida e diede alla luce Federico, il 26 Dicembre 1194: aveva 40 anni! Ecco sorgere e diffondersi ancora altre leggende, legate questa volta alla tarda maternità di Costanza.

L’immagine che illustra il parto, nel manoscritto della Nuova cronica di Giovanni Villani del Codice Chigi, ritrae Costanza in una tenda, nel suo letto di puerpera, con tanto di velo monacale: Villani, amico di Dante, avverso politicamente a Federico II, nel libro IV delle Croniche, dipinge l’imperatore come l’“AntiCristo” nato da un parto innaturale, da una regina madre ex monaca, vecchia e rugosa, di oltre 50 anni: per il cronista Bartolomeo di Neocastro Costanza avrebbe avuto addirittura 60 anni!

Villani aggiunge inoltre che in tutto il reame si stentava a credere che ella avesse realmente concepito in età così tarda un figlio: “Per la qual cosa quando venne a partorire fece tendere uno padiglione in su la piazza di Palermo e mandò bando che qual donna volesse v’andasse a vederla; e molte ve ne andarono e vidono, e però cessò il sospetto".

Tanto inverosimile era dunque la gravidanza dell’attempata Costanza da far credere a un inganno e da far nascere la leggenda che la regina avesse partorito in pubblica piazza, sotto un tendone, a Palermo (secondo altri a Jesi, nelle Marche).

Nella cronaca anti-sveva del cosiddetto Anonimo Vaticano, Costanza veniva descritta come zoppa e di viso deforme, per questo il padre l’aveva chiusa nel monastero di Santa Maria di Palermo: ella aveva vissuto in monastero per 40 anni e poi, ormai anziana, era stata data in moglie ad Enrico. Goffredo da Viterbo, sostenitore di Enrico VI, definiva invece l’imperatrice come "speciosa nimis", cioè bellissima e anche le miniature del Liber ad honorem Augusti mostrano un ritratto in cui Costanza appare una quarantenne ancora attraente, alta e maestosa, con folti capelli biondi.

Un’ immagine di una certa attendibilità, visto che il codice era destinato proprio alla coppia imperiale, e che il miniaturista non manca mai di sottolineare l’aspetto giovanile di Enrico VI. Nonostante la cattiva fama dell’imperatore Federico - diffusa dai suoi detrattori - e le leggende che circondavano Costanza, il ricordo dell’imperatrice rimase straordinario nella cultura medievale: il suo luminoso "specchiato sembiante" appariva a Dante nel cielo della luna, mentre per Boccaccio era una delle tre donne illustri, clarae mulieres: “stella luminosa della costellazione federiciana, l’imperatrice era diventata un mito".

Per saperne di più: P. Hamel, Costanza d’Altavilla: biografia eretica di una imperatice (2018); L. Sciascia, Tutte le donne del reame. Regine, dame, pedine, avventuriere nella Sicilia Medievale (2018).
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