STORIA E TRADIZIONI
Non si spezza mai, ispira un antico proverbio: in Sicilia diciamo "Calati juncu..."
Un detto citato dallo scrittore ed etnologo palermitano Giuseppe Pitrè che prende come riferimento una pianta erbacea dominante in alcune zone dell'Isola

In Sicilia per indicare ciò che flette il proprio percorso di vita a breve termine si usa il detto: “Calati juncu chi passa la china - Piegati giunco fino a quando non è passata la piena”.
Un detto citato dallo scrittore ed etnologo palermitano Giuseppe Pitrè che prende come riferimento il giunco. Una pianta erbacea dominante delle zone paludose che nei giorni di piena e raffiche di vento, anche quelle dai nodi poderosi, sta lì. Non smette di resistere.
Si piega, gira su se stessa, perde l’equilibrio fino a quando tutto passa. E proprio lei, questa resiliente presenza è protagonista dell’antichissimo proverbio dai molteplici significati.
Da un lato abbiamo appunto quello di resistenza. Non esiste la sconfitta, c’è solo l’attesa e la speranza per rialzarsi più forti di prima. Poi c’è la versione dell’immobilismo: accettare una situazione in cui non si ha potere, quasi un piegarsi e sottomettersi.
Il suo uso appare anche in Leonardo Sciascia nell’opera Nero su nero come possibile reazione della mafia sull’antimafia: di fronte ad essa la mafia si abbassa e “ferma” sembrando sconfitta, per poi riprendere il suo percorso quando la tempesta e il rumore scampano.
Il detto, di cui certamente si apprezza e valorizza la versione di resistenza e perseveranza, continua a persistere nel tempo ed è talmente emblematico e simbolo di un modo di reagire che Franco Battiato lo ha reso mentore della canzone “Calati juncu”:
Che farò senza Euridice, dove andrò senza il mio bene...
che farò, dove andrò, che farò senza il mio bene.
Per aspera ad Astra,
le asperità conducono alle Stelle.
Un antico detto, cinese o tibetano, forse arabo-siciliano, dice così:
Caliti junku 'ca passa la China,
caliti junku, da sira 'a matina
Milioni di anni luce,
la legge che esprime si illumina di cielo
mindfulness la forma è sostanza
mentre il vento mi porta improvvise allegrie.
Un testo di perdita e disperazione pari a quella di Orfeo per la sua Euridice troppo bramata persa con un ultimo sguardo. Che fare allora quando tutto sembra crollare e qualsiasi certezza viene meno?
Tentare, perseverare mattina e sera, ed essere come quel giunco pur consci e pregni della sofferenza che spesso invade. Ultimo o reiterato passaggio prima del meglio e di quelle allegrie citate dal cantautore.
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