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Palermo e la sua fondazione: una storia straordinaria racchiusa nella sua topografia antica

Spostamenti, variazioni nell'assetto geografico, spopolamenti e ripopolamenti, la storia di Palermo passa anche attraverso la sua antica topografia e noi ve ne formiamo un piccolo assaggio

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 9 dicembre 2021

"Pianta di Palermo del 1726 circa eseguita da Domenico campolo. Ben visibile nel disegno la zona inurbata un tempo occupata dalle acque del porto e dei due torrenti"

Nel corso dei secoli la città di Palermo ha subito profonde trasformazioni. È risaputo che la conformazione geografica della città antica era pressocché un istmo di terra bagnato a sud e a nord dal mare. Quando i Fenici fondarono la città intorno all'VIII secolo a.C. poterono addentrarsi con le loro navi nell'entroterra a nord della città sino alla contrada di Danisinni e a sud sino alla Fossa della Garofala.

Scelsero quindi il punto più utile per insediarsi e fondare il “primo nucleo cittadino” di Palermo: «La parte più antica della città - la paleopoli - occupò la zona più elevata di uno sperone roccioso, di forma pressappoco ellittica, delimitato lateralmente dalle ampie depressioni di due corsi d'acqua che si immettevano nel grande porto, ridotto oggi, a causa di successivi interramenti, ad una piccola insenatura chiamata la Cala».

Così scriveva La Duca, citando anche i due corsi d'acqua riconducibili ai due fiumi cittadini del Kemonia, detto anche fiume del Maltempo e del Papireto, chiamato così per l'ampia vegetazione di papiri che germogliava tra le sue acque. Gli studiosi però non sono tutti d'accordo con questa descrizione della Palermo antica, tuttavia quella che io finora ho redatto è stata ricavata dal disegno realizzato ed edito da Giovan Battista Maringo, editore Camerale, vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo.
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Egli realizzò una tavola illustrativa per il volume del principe di Niscemi Mariano Valguarnera intitolato Discorso dell'origine ed antichità di Palermo e de' primi abitatori della Sicilia, e dell'Italia. La prima zona antica “civilizzata” di questo istmo di terra era detta paleopolis (città vecchia): in quest'area nacque una fortificazione, una sorta di roccaforte che nei secoli successivi sarebbe divenuta il Palazzo dei Normanni.

Sempre La Duca riferisce che «La paleopolis occupava la zona corrispondente all'attuale piazza Vittoria col Palazzo Reale e l'area dove oggi si sviluppano la Caserma dei Carabinieri ed il palazzo Arcivescovile». Quando i Fenici accrebbero la loro popolazione fu inevitabile espandersi al di là di questa originaria zona perimetrale circondata da fortificazioni murarie.

Si creò così una continuazione urbana ad est della paleopoli che venne detta neapolis (città nuova). La paleopolis e la neapolis costituiscono ciò che è stato definito il “piede fenicio”. Entrambe le città, cioè la neapolis e la paleopolis, erano percorse da una lunga via diritta, corrispondente all'attuale via Vittorio Emanuele, sino e non oltre la chiesa di S.Antonio Abate in via Roma. Da questa lunga via, che corrispondeva all'antico Cassaro degli arabi, si diramavano piccole e corte vie a spina di pesce. Essa presentava anche un grande mercato e perciò era detta dagli arabi la “Assimat”: la via dritta. Questa conformazione geografica generale e originaria rimarrà immutata sino al XVI secolo.

È chiaro che le popolazioni che dominarono Palermo apportarono delle modifiche strutturali come ad esempio la creazione del “foro romano”, detto la Sala verde, che possiamo ammirare ancora oggi a piazza Vittoria. Infatti, immersa nella macchia
mediterranea di villa Bonanno vi sta, troppo spesso dimenticata, la villa di origine romana che presenta motivi musivi interessantissimi realizzati verso la fine del II secolo a.C. e raffiguranti Alessandro che caccia il cinghiale, Orfeo che suona la lira e incanta la fauna circostante, oltre ad una serie di personaggi e varie scene mitologiche: topos di un tempo dei quali la maggior parte sono conservati all'interno del Museo archeologico Regionale di Palermo Antonio Salinas.

Probabilmente dello stesso periodo sono, inoltre, i mosaici recentemente scoperti a piazza Sett'Angeli, alle spalle della Cattedrale. Pavimentazioni mosaicate di più modeste fatture con decori marini che rimanderebbero ad abitazioni comuni, negozi simili a pescherie o ad una improbabile area termale. Testimonianze importanti sorsero durante l'era bizantina dovute in massima parte al diffondersi del culto del Cristianesimo.

Sono di questo periodo, infatti, una serie di grotte ipogeiche «di origine naturale scavate, nel corso dei secoli, nei calcari detritico- conchigliari delle sponde dell'impetuoso fluire delle acque. Molte di queste grotte accolsero chiesette ipogeiche sepolcrali. Percorrendo l'antico letto del Kemonia, si incontrano le cripte di S. Mercurio, S. Parasceve, S. Pancrazio, S. Maria de Cripta, S. Michele Arcangelo e dei SS. Quaranta Martiri al Casalotto, purtroppo in gran parte oggi interrate o inesplorabili».

In epoca araba la popolazione non solo crescerà a dismisura ma verranno popolate zone extramoenia, ovverosia fuori le mura antiche della città, in particolare oltre l'acqua del Kemonia e del Papireto che daranno vita in futuro ai quartieri dell'Albergheria e del Capo. La via principale (l'odierna via Vittorio Emanuele) verrà definita “il Cassaro” dall'arabo Al-Qasr, cioè “il Castello”, “la Fortificazione”, e ancora oggi molti palermitani così lo chiamano. La parte alta del Cassaro, corrispondente alla paleopolis, verrà chiamata al-Halqa “il recinto”.

Nel 937 l'Emiro Halib-ibn-Ishab costruirà una piccola città fortificata in prossimità del mare detta al- Halisa, la Kalsa, che significa la prescelta. Si trattava di un nucleo direzionale che potesse tenere a freno la popolazione ed eventualmente battere in ritirata quando le situazioni si fossero inasprite, avendo il mare nelle proprie vicinanze. Questa cittadella aveva quattro porte d'accesso. Una di esse era dettà “porta della Vittoria”, in quanto da questa passarono i Normanni quando presero la città. Quanto rimane di questa porta, quasi millenaria, è visitabile all'interno dell'Oratorio dei Bianchi.

Vi erano altri tre quartieri privi di cinta muraria: il quartiere della moschea detto al-Harat-al-masgid, oggi non più identificabile, ma doveva trovarsi tra la chiesa del Gesù, o Casa Professa, e la Kalsa; il quartiere nuovo detto al-Harat-al Gadidah che si trovava oltre il fiume Kemonia, oggi in prossimità del quartiere dell'Albergheria; il quartiere degli schiavoni detto al-Harat as-Saqalibah che si trovava oltre il fiume Papireto e ciò che ne rimane è individuabile nell'odierno quartiere del Capo rappresentante la parte alta, il capo, appunto, del vecchio quartiere arabo.

Vicissitudini storico-politiche indussero gli arabi a chiudere tutti questi quartieri in un'unica cinta muraria, delimitando così una porzione di territorio estesa quanto approssimativamente è l'attuale centro storico della città di Palermo. Inoltre dotarono il porto della Cala di una catena che regolasse l'ingresso e l'uscita delle imbarcazioni. Dalla vicinanza a tale catena l'attuale chiesa di Santa Maria della catena prenderà il nome: stupendo esempio di architettura rinascimentale progettata dal noto Matteo Carnilivari.

Il periodo Normanno non comporterà importanti variazioni nell'assetto geografico, avverrà soltanto un'ovvia sostituzione del centro amministrativo che dalla Kalsa si sposterà alla città vecchia e cioè dal palazzo sede dell'Emiro ad un palazzo definito Superior (Palazzo dei Normanni) per distinguerlo dal palazzo Inferior (Castello a mare di origine araba che si trovava all'estremo nord della Cala, oggi ormai solo un rudere).

Avverrà anche lo spopolamento e l'inevitabile ripopolamento di quartieri già esistenti ma rinominati in base alla nuova etnia normanna che si insediò. È tuttavia questo un periodo di grande splendore per la città di Palermo descritta da famosi viaggiatori come Edrisi, Ibn Jubair, Ugo Falcando ecc. che espressero parole sontuose (con probabile lode condizionata) ma efficaci per farci immaginare le meraviglie contenute nella città in quegli anni.

Ecco un estratto dal viaggio di Ibn Jubair «Si conta di Palermo capitale della Sicilia. — Iddio la restituisca [ai Musulmani]. — Città metropoli di queste isole riunisce in sè i due pregi, [cioè] prosperità e splendore. Ha quanto puoi desiderare di bellezza reale ed apparente e di soddisfazioni della vita [nell'età] matura e fresca. Antica e bella, splendida e graziosa, sta alla posta con sembiante seduttore, insuperbisce tra piazze e pianure che sono tutte un giardino, larghe ha le vie e le strade, ti abbaglia la vista colla rara beltà del suo aspetto.

Città maravigliosa, costrutta come Cordova, gli edifizi suoi sono tutti di pietra da taglio detta kaḏdān. Un fiume d'acqua perenne l'attraversa, ai fianchi di lei scaturiscono quattro sorgenti. Il suo Re qui allietò la vita di piaceri fugaci, onde la fece capitale del suo regno».

Dal libro di Pietro da Eboli Liber ad honorem augusti, realizzato in onore di Enrico VI, traggo un'illustrazione che ritrae il commiato della città in occasione della morte del re Guglielmo II. Da questa illustrazione si evince la divisione della città di Palermo in quartieri. Infatti, si nota in alto il Palazzo Reale con la corte che compiange il defunto re.

A fianco della stessa corte, nella parte sinistra alta della pagina, si trova il viridarium genoard, un giardino reale riprodotto sull'idealizzazione del paradiso islamico. Nella fascia centrale della pagina si vedono due popolazioni commosse, una delle quali presenta il turbante sul capo e rappresenterebbe il quartiere nuovo di Deisin nel trans-Kemonia, cioè oltre il fiume Kemonia, sito tra la Kalsa e l'Albergheria. L'atra popolazione è quella del Cassaro. In basso si notano le popolazioni della Kalsa e del Seralcadio oltre al Castello a mare. Infine, sempre nella parte bassa è interessante il disegno del porto di Palermo, cioè della Cala con la famosa catena che chiudeva il varco d'accesso.

Da questo momento in poi nasceranno i vari mercati storici di Ballarò, della Vucciria e del Capo, ma l'assetto cittadino rimarrà sostanzialmente immutato sino alle grandi trasformazioni del XVI secolo.

A partire dalla seconda metà del Cinquecento, infatti, si registreranno enormi cambiamenti all'interno della città antica di Palermo, specialmente dopo il taglio di via Maqueda, avvenuto già a partire dal 1599 dopo una progettualità di vari anni e a seguito di varie demolizioni. La croce che si creerà nella “città quadrata”, e bastionata a partire dal 1535 dai viceré spagnoli, segnerà un punto di svolta sia urbano che politico.

Con il taglio di via Maqueda la città sarà ripartita in quattro parti detti “Mandamenti” che successivamente si identificheranno con i nomi dei quartieri più rappresentativi, sicché si accostò il Mandamento Palazzo Reale al quartiere dell'Albergheria; il Mandamento Monte di Pietà al quartiere del Capo; il Mandamento Tribunali al quartiere della Kalsa e il Mandamento Castello a mare con il quartiere della Loggia.

La quadripartizione della città inevitabilmente creò schieramenti politici di sorta con rappresentanti sempre legati alla nobiltà. Il punto culminante delle due vie, la via Maqueda e il Cassaro, il quale a partire dal 1567 sarà prolungato verso il mare dal Viceré don Garcia de Toledo e prenderà quindi il nome di via Toledo, darà modo a partire dal 1608 di realizzare nel centro preciso della città di Palermo i famosi Quattro Canti, l'Ottangolo palermitano o Teatro del sole che dir si voglia, ovvero piazza Vigliena in onore al viceré duca di Vigliena che la volle fare costruire.

È questo il punto di maggiore sfoggio della architettura barocca cittadina. Il prolungamento di via Maqueda a partire dal 1778 darà modo di progettare nuovi centri urbani al di fuori dell'antico asse Cassaro-Maqueda, dando vita alla via Libertà e alla conseguente espansione verso nord della città. I palermitani scopriranno la villeggiatura, nasceranno le ville della Piana dei Colli nel Settecento e dalla seconda metà dell'Ottocento nella nota pianura paludosa di Mondello si darà ampio sfogo, dopo la necessaria bonifica, alle artistiche villette liberty di indubbia bellezza artistica.

Palermo vivrà a questo punto la sua “Bella epoca” sino, mi viene da dire purtroppo, agli anni del boom economico,
in cui si registreranno edificazioni smodate senza criterio artistico architettonico che segneranno l'inizio del lento ma inesorabile degrado urbano della città, la quale al tempo degli arabi ebbe “pregi, prosperità e splendore”. Ma la nostalgia non deve scoraggiarci, una speranza di ripartenza dall'anno zero si avverte nel parco del Foro Italico. Immaginate di nuovo il verde impossessarsi della nostra città con grandi aree che costellano il centro storico e le periferie indegnamente abbandonate. Forse il recupero del verde con giuste progettazioni mirate e mantenute può farci tornare il sorriso, così come certamente ci viene passeggiando all'aria aperta del lungo mare, dopo una bella camminata dal Parco della Salute al porticciolo di S. Erasmo.

(Per approfondire l'argomento sulla topografia antica della città di Palermo è consigliabile Vincenzo Di Giovanni La topografia antica di Palermo dal secolo X al XV Voll. 1 e 2; Rosario La Duca Breve storia urbanistica di Palermo in Alla scoperta della tua città; Ugo Falcando Libro del Regno di Sicilia, in particolare la Epistola a Pietro tesoriere della chiesa palermitana; Pietro da Eboli Liber ad Honorem augusti).
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