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Per due soldi ti traghettava sulle sue spalle: macchè Caronte, in Sicilia c'era "u marauni"

Quando la pioggia aumentava di intensità e le acque del fiume cominciavano a ingrossare, avvisava i contadini cominciando a urlare “Cala, cala, cala!"

Marco Giammona
Docente, ricercatore e saggista
  • 10 giugno 2023

U marauni

Se l’attraversamento del mar Rosso è un passo della narrazione biblica che racconta come gli israeliti guidati da Mosè riuscirono a fuggire dagli egiziani che li inseguivano, la storia siciliana del “marauni” che traghettava le genti sul fiume Eleuterio, lo rende quasi una figura mitologica o letteraria anche al pari di Caronte che trasportava oltre il fiume Acheronte le anime dei morti, soprattutto perché unica nel suo genere.

L'esigenza di un ponte che consentisse l'attraversamento del fiume Eleuterio da parte della popolazione agricola per accedere ad alcune estese contrade del vasto territorio di Misilmeri in provincia di Palermo, è stata sempre molto sentita, in corrispondenza, soprattutto, della stagione invernale, quando l'aumentato apporto idrico del corso d'acqua, impediva loro il passaggio.

Spesso gli agricoltori, in tempi relativamente recenti, sorpresi da improvvise piene erano costretti a fare lunghissimi giri, per fare ritorno alle loro case, utilizzando il ponte dei “murtiddi” o quello ferroviario, cosiddetto, dei “tredici archi”.
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Fino alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, attraverso le testimonianze di anziani contadini locali sappiamo che per l'attraversamento del fiume in tempi di secca venivano utilizzati i cosiddetti "Passi" costituiti da una fila di grosse pietre alte circa venti centimetri distanziate adeguatamente e poste trasversalmente rispetto alla corrente dell'acqua.

I più importanti "Passi" che interessavano gli agricoltori di Misilmeri erano: passo di Ciminna, passo del Molino Nuovo, passo Bizzoli e passo Don Cola. Con le prime piene, le pietre venivano sommerse dall'acqua o, addirittura venivano trascinate a valle dall'impeto della stessa.

A questo punto per l'attraversamento, per chi non era in possesso di una bestia da soma, si imponeva l'utilizzo del cosiddetto “marauni” un uomo piuttosto alto e forte che a spalle traghettava da una sponda all'altra i contadini e tutto ciò che avevano con loro, lancedde, zappe e arnesi vari da lavoro.

Il “marauni” così nella stagione invernale, adempiva a questo particolare servizio chiedendo un compenso di due soldi per gli adulti e uno per bambini.

Nel momento in cui la pioggia aumentava di intensità e le acque del fiume cominciavano a ingrossare, il “marauni” avvisava le centinaia di contadini sparsi nelle contrade di campagne, cominciando a urlare “Cala, Cala, Cala!! Il primo che sentiva questo avviso, subito lo lanciava al vicino e così in pochi secondi tutti erano avvisati anche a distanza di qualche chilometro.

Quando si udiva questo segnale, immediatamente si doveva smettere di lavorare, perché se non si riusciva in tempo ad attraversare bisognava fare un giro molto più lungo dal ponte “Mortilli” con i muli o dal viadotto ferroviario dei “tredici archi”, a piedi, dove fra l'altro era proibito e pericoloso passare.

Quindi tutti correvamo verso il “marauni” per arrivare in tempo ad attraversare il fiume, e lui pronto con gli stivali alzati e un pizzico di incoscienza, assolveva il suo lavoro.
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