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Per il governo è "irreversibile" ma c'è chi dice no: Sicilia spopolata nel 2050, i numeri

Rassegnazione nel Piano sulle aree interne. Ma molti giovani e associazioni non ci stanno e promuovono iniziative per restare nell'Isola. Un aiuto arriva dai bandi

Luca La Mantia
Giornalista professionista
  • 20 giugno 2025

L'ultimo Piano strategico nazionale delle Aree interne del dipartimento per le Politiche di coesione e per il Sud lascia poco spazio all'ottimismo. A un certo punto, infatti, si legge: «Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». Una frase che può essere tradotta con una sola parola: rassegnazione.

Rassegnazione del governo nazionale allo svuotamento di interi comuni, di intere porzioni del nostro territorio. Soprattutto in Sicilia, secondo i dati diffusi dalla Cisl.

Se davvero non c'è più nulla da fare, a cosa serve l'allarme lanciato dal ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, che descrive un cambiamento demografico dai contorni «drammatici»?

E mentre Giorgetti invita a intervenire parlando di numeri «spietati», di aree del Paese che «si svuotano», di comunità «che muoiono», nel Piano strategico che lo stesso governo ha approvato si percepisce la resa davanti a un fenomeno definito «irreversibile».

Nel testo si legge: «Un numero non trascurabile di aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività».

E ancora: «Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a se stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi vi abita».

Secondo le ultime ricerche Istat, il dato dell'Isola è quello più preoccupante. E lo ha ricordato il segretario generale della Cisl Sicilia, Leonardo La Piana.

«La Sicilia è fra le realtà a maggior rischio, come dimostra il fatto che, secondo i dati Istat, al 31 dicembre 2023, la popolazione residente era 4.797.359 abitanti, in calo dello 0,3% rispetto al 2022, dunque con 16.657 persone in meno», commenta.

«Negativo anche il saldo naturale delle nascite rispetto ai decessi: nel 2023 i nati sono stati 35.489 (-1.321 rispetto al 2022), con un record di denatalità», ha aggiunto La Piana.

E nelle aree interne la situazione è ancora più complessa. «Le aree rurali e interne che, va ricordato, rappresentano oltre il 70% dei Comuni siciliani, registrano una vera emorragia di giovani e un contemporaneo aumento dell'età media. È chiaro che, come ha sottolineato il ministro Giorgetti, si rischia entro il 2050 di ritrovare una Sicilia spopolata», ha aggiunto il segretario Cisl.

Soluzioni? «Il primo muro da abbattere è culturale», commenta Tiziana Albanese, presidente dell'associazione "Nun si parti", con una cinquantina di giovani soci e tantissimi simpatizzanti muniti di tessera.

Perché tra le cause dello spopolamento ci sono fattori culturali? «Perché ormai la rassegnazione è strutturale - commenta -. Viene dato per scontato che bisogna andarsene. Ma se qui non ci sono opportunità, perché non provare a crearle noi le opportunità?».

Ed è questo il messaggio che l'associazione sta provando a lanciare. «Abbiamo creato una rete in tutta la regione e operiamo con l'aiuto delle consulte giovanili».

E chiarisce: «Proviamo a lavorare in sinergia con gli enti locali, facendo proposte mirate soprattutto a creare nuove opportunità di lavoro. Siamo molto presenti anche all'università di Palermo, facciamo proposte per nuovi corsi di laurea, per migliorare i servizi o i trasporti».

C'è ancora speranza? «Sì, anche se l'ultimo documento del governo è una certificazione di rassegnazione - dice ancora Tiziana Albanese -. Oggi si lancia l'allarme per lo spopolamento quando però negli ultimi 10 anni non sono stati fatti investimenti in favore dei servizi e del sistema produttivo».

Come "Nun si parti" ci sono tante altre realtà che si battono per fermare questa emorragia. Tra queste, per esempio le associazioni “South working”, “Rete Rifai”, “Libero Osservatorio territoriale Sud”, “Si resti arrinesci” che insistono nel territorio di Palermo. O come “Questa è la mia terra” in provincia di Agrigento o “Tre 60 Lab” in provincia di Messina.

E poi ci sono le iniziative istituzionali come quelle promosse per esempio dalla Cisl o i bandi che coinvolgono le comunità locali. «Come diciamo da tempo - sostiene Leonardo La Piana - si deve agire presto, mettendo in atto interventi in favore delle politiche attive del lavoro, di potenziamento del sistema del welfare, di attrazione degli investimenti e di innovazione».

E ricorda: «A febbraio di quest'anno abbiamo presentato al governo regionale e all'Ars un pacchetto di proposte che va in questa direzione, a partire dalla creazione di un centro di formazione d'eccellenza sull'intelligenza artificiale a Castello Utveggio, alla riforma dei distretti socio sanitari nell'ottica di garantire servizi più efficienti, per citarne solo alcune».

Un altro aiuto nel contrasto allo spopolamento arriva dai bandi. È ancora aperto quello promosso dalla Fondazione Con il Sud, chiamato "Riabitare il Sud" che ha l’obiettivo di combattere l’isolamento dei territori del Mezzogiorno, coinvolgendo le comunità locali nella loro rivitalizzazione.

Il bando mette a disposizione 8 milioni di euro per progetti di sviluppo locale in piccoli comuni di Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sardegna. Ogni progetto deve coinvolgere almeno tre comuni confinanti con una popolazione inferiore a 20.000 abitanti.

Le proposte dovranno essere inviate esclusivamente on line, entro il 16 luglio 2025 attraverso il portale Chàiros, raggiungibile dal sito della Fondazione. Cliccando qui maggiori dettagli.
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