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Per il Ponte c'è un prezzo da pagare in ogni caso: quanto costerebbe non costruirlo più

Dalle eventuali penali alle sanzioni per i ritardi nei lavori. Cosa c'è da sapere sulle spese a carico dello Stato. Polemiche sulla firma del contratto con le imprese

Balarm
La redazione
  • 25 agosto 2025

Il progetto del ponte sullo Stretto

Quanto costa il Ponte sullo Stretto è ormai di dominio pubblico: circa 13,5 miliardi. Ma è meno noto quanto costa non farlo. Sì, perché la mancata realizzazione della grande infrastruttura avrebbe un prezzo da pagare. Innanzitutto per lo Stato, che dovrebbe farsi carico di penali del 5% qualora l'opera tramontasse.

Rischio sanzioni anche per Il consorzio Eurolink, di cui Webuild è capofila, se non rispetterà i tempi previsti dal progetto: dovrebbe infatti versare almeno un milione di euro per ogni giorno di ritardo.

Lo prevede esplicitamente il contratto siglato il 5 agosto. Andando nel dettaglio delle penali, se dalla Corte dei Conti arrivasse il definitivo ok dopo l'approvazione del Cipess, lo Stato si ritroverebbe a pagare 400 milioni di euro se il Ponte rimanesse nel libro dei sogni, se ci fosse un recesso o se venissero bloccati i lavori.

Le eventuali inadempienze da parte di Eurolink, invece, costerebbero care all'azienda, tanto che è stata già depositata una cauzione da 650 milioni di euro.

E non mancano le polemiche sul fatto che il contratto sia stato sottoscritto prima ancora dell'ok della Corte dei Conti e della pubblicazione in Gazzetta. Una forzatura secondo Angelo Bonelli (Verdi).

«È la prova che si procede con totale indifferenza alle procedure. Un contratto che impegna lo Stato a pagare penali prima ancora della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e del parere della Corte dei Conti è un atto di mancato rispetto delle istituzioni», commenta.

Se tutto andrà secondo programma e non ci saranno sanzioni da pagare, saranno innumerevoli i vantaggi, secondo Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e deputata di Fi.

«Le grandi opere sono attrattori di altri investimenti - ha commentato durante un intervento a L'aria che tira su La7 -. Proprio grazie al ponte sullo Stretto di Messina avremo una grande accelerazione rispetto ad altre opere e rispetto agli investimenti che devono essere messi in campo per creare in Sicilia e in Calabria una rete infrastrutturale moderna».

E ha aggiunto: «L'alta velocità ferroviaria, ad esempio, per arrivare fino a Palermo necessita del Ponte sullo Stretto, anche perché una cosa è fare un investimento per arrivare solo fino a Reggio Calabria, collegando al Paese una Regione da circa 2 milioni di residenti, altra cosa è arrivare anche in Sicilia e aggiungere dunque altri 5milioni di cittadini».

Ma sui fondi messi sul tavolo per la realizzazione del Ponte le polemiche sono all'ordine del giorno. Alle parole di Matilde Siracusano durante la trasmissione L'aria che tira, è arrivata la risposta di Davide Faraone, vicepresidente di Italia Viva.

«Io sono favorevole al Ponte sullo Stretto di Messina, quindi non ho pregiudizi ideologici - ha detto -, ma il problema è che non dovrebbero caricarselo solo i siciliani e calabresi, visto che è un'opera strategica europea che fa parte di un canale che collega la Scandinavia col Mediterraneo. E invece sono stati spostati sul Ponte 2 miliardi e 300 milioni del fondo di sviluppo e coesione destinati ad altre infrastrutture di Sicilia e Calabria».

Secondo Faraone è il rischio è di trovarci con «un Ponte, speriamo, realizzato, e tutto il resto fermo come adesso su treni, strade, reti idriche. Il governo non ci sta regalando il Ponte ma il deserto intorno al Ponte».
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