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Perché il granchio è il simbolo di Akragas: un "giallo archeologico" nella Città dei Templi

Un'effigie che si trova sulle monete antiche. Agkragas realizzò capolavori di arte e di tecnica, che svelano realtà particolari della città che le ha coniate

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 2 agosto 2022

Un'antica moneta di Akragas

Un gigantesco granchio, visibile dalla collina sacra dei templi, occupa l’intera rotatoria sotto il tempio di Giunone, ad Agrigento, per dare il benvenuto a quanti arrivano nella Città dei Templi dalla sua porta meridionale.

Perché un granchio?

La scelta del granchio ci rimanda alle antiche origini di Agrigento, colonia greca che presto ebbe tale potere e fortuna da avere il diritto di battere moneta.

Insieme a poche altre città della magna Grecia, Akragas realizzò infatti monete affascinanti, prodotti da piccoli conii, capolavori di arte e di tecnica, che quasi sempre rivelano realtà particolari della città che le ha coniate.

Le figurazioni rimandano in genere ad aspetti del paesaggio cittadino (mare, fiumi, fontane, flora, fauna), con trasfigurazioni e implicazioni religiose.

Tra gli antichi greci le figurazioni monetali non sono mai gratuite, né sono meccaniche imitazioni. La città di Akragas scelse per le sue monete di maggiore valore un logo originalissimo: il granchio.
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Ecco perché questo animaletto, onnipresente nelle monete della città di Empedocle, è stato scelto per dare il benvenuto nella Valle dei Templi e nello stesso tempo trasformare una comune rotatoria di periferia in una piacevole attrazione, con una istallazione che promette di essere apprezzata in particolare dall’alto, soprattutto da chi si trova tra le colonne del tempio di Giunone e guarda lo straordinario panorama con l’azzurro mare africano.

Il granchio è stato scelto anche dall’Ente Parco Archeologico di Agrigento quale proprio simbolo. Ma vediamo quali possono essere le ragioni per cui gli akragantini scelsero questo animaletto coniando le proprie monete di maggior valore.

Per attestare la buona qualità di una moneta bisognava che questa recasse un marchio di riconoscimento della città di origine.

Akragas scelse per tale ragione monete che presentavano un’aquila con le ali chiuse su un verso e un Granchio di mare sull’altro.

Le prime monete di Akragas di tal genere si fanno risalire alla seconda metà del VI secolo a.C. La città adottò il sistema monetale attico e le prime monete furono dei didrammi, antiche monete greche d’argento, del valore di due dramme (ogni dramma pesava 4,36 g argento).

L’aquila rappresentata è sicuramente in relazione a Zeus, colui che rispecchiava i valori fondamentali delle città greche e a cui gli agrigentini dedicarono il loro maggior tempio, che allora era il più grande tra i templi della Magna Grecia.

Il granchio, sicuramente un granchio marino, comune lungo le coste siciliane, dovrebbe invece rappresentare lo stemma della città.

Dopo vennero replicati gli stessi elementi con una grande varietà di particolari e con il diffondersi della scrittura, fu aggiunta una iscrizione che indicava la città di emissione.

Ma perché Akragas scelse il granchio come suo simbolo? Aquila e Granchio: su questi simboli i pareri sono discordanti.

Il granchio è associato a Poseidon e avrebbe rappresenterebbe dunque il mare. L’aquila sulla moneta, secondo altri autori, che ne hanno studiato persino la specie (Aquila fulva o Haliaeetus albicilla o Circaetus gallicus) e la natura, sarebbe stato l’uccello sacro e attributo di Zeus.

Dimostrerebbe la centralità del culto di Zeus ad Akragas nelle sue varie manifestazioni (Zeus Atabyrios, Polieus, Olympios, Soter e Hellanios). Per alcuni la scelta è dovuta al carattere di tali animali.

In particolare il granchio è accorto, perchè riesce a fuggire con abilità ai pericoli, il che rispecchierebbe il carattere degli agrigentini che sventarono molti pericoli nei primi secoli dalla fondazione della loro città, in particolare il pericolo costituito dalla prepotenza dei cartaginesi che intendevano conquistare i maggiori empori siciliani.

Per altri studiosi bisogna considerare le chele del granchio. Esse rappresenterebbero i bracci di un porto e il granchio, quindi, verrebbe a essere un’allusione al porto di Akragas.

“Kelai”, infatti, oltre a significare “chele del granchio”, significa “bracci di un porto” e in questo caso il riferimento sarebbe alla forma della città e del suo porto, che ne è principale caratteristica e punto di forza.

Nello stesso tempo ci restituisce un’immagine della città legata al dinamismo dello scambio e dell’economia. Altra interpretazione che viene data, in genere, in sede numismatica, è che esso (ossia il granchio) voglia alludere all’abbondanza di granchi sul greto dell’Akragas, quasi la città fosse sorta presso il fiume ‘luogo dei granchi’.

Per altri studiosi i due animali (il granchio e l’aquila) indicano la posizione della città posta oltre che nella Valle anche su un’altura (la Rupe Atenea) per declinare sino al litorale.

Una curiosità: è stato battuto a un milione 899 mila 712 euro, all’asta di Numismatica Ars Classica a Zurigo, il decadramma agrigentino di Akragas, moneta di 42,42 grammi in argento, datata 409-406 avanti Cristo.

Faceva parte della collezione del petroliere americano Nelson Bunker Hunt, raffigura una quadriga con sopra un’aquila con un serpente tra gli artigli e sotto un granchio e dall’altro lato due aquile che ghermiscono una lepre (e in altri casi un serpente).

Un’altra moneta fu acquistata a un’asta londinese, nel 1956, dalla Casa d’arte Spink & Son, esperta in numismatica e filatelia; venne poi ceduto, a breve distanza di tempo, al British Museum che aveva manifestato interesse per la moneta, ove tuttora è conservata.

Le monete greche sono tra le più ricercate tra i numismatici moderni più prestigiosi. Ricco di monete dell’antica Akragas era il monetario che il vescovo di Agrigento Monsignor Lucchesi Palli nel XVIII secolo raccolse e che lasciò in dono alla città insieme alla sua Biblioteca (la celebre biblioteca Lucchesiana).

Molti viaggiatori che ebbero la fortuna di ammirare tale collezione (prima della sua scomparsa definitiva subito dopo l’arrivo delle truppe anglo-americane ad Agrigento), ne descrivono con ammirazione la bellezza e il valore.

Una moneta di Akragas con un'aquila con ali aperte che tiene tra gli artigli una lepre e nel verso un granchio e un pesce viene trovata dal contadino Cosimo Cammarota, uno dei personaggi del romanzo di Andrea Camilleri “La moneta di Akragas”.

Protagonista dell’intricata vicenda è proprio questa moneta d'oro, detta "piccola Akragas".

Un romanzo storico, un giallo archeologico quello di Andrea Camilleri che in qualche modo rende onore a questa moneta e al simbolo dell’antica Akragas.
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