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Profuma d'oro di Sicilia, ti svela tesori unici: è il borgo delle meraviglie sopra Palermo

Bastano due passi per innamorarsi di questo luogo, della sua gente e delle sue bellezze. Ogni angolino, anche il meno caratteristico, richiama vicende storiche

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 19 maggio 2025

Castello Battalaro a Bisacquino

«Sotto cieli di Sicilia, tra le strade antiche e mute, scivolano i miei passi come voci conosciute. C’è un paese in fondo al cuore; Bisacquino si chiama, dove ogni sasso ha un nome e la terra è dolce e sana. Ritorno a te, Bisacquino mio, come un vento leggero che non va mai via. Nel profumo dei limoni e nei ricordi di un’estate, il mio cuore batte ancora tra le tue strade. Spighe d’oro danzano al sole, il silenzio si riempie di mille parole. La fontana in piazza canta una vecchia canzone, quella che mia madre cullava con passione».

Bastano due passi per innamorarsi di Bisacquino. Della sua gente, delle sue opere, dei suoi monti, della storia.

Nel piccolo borgo palermitano ti senti a tuo agio, come fossi uno di loro. Quella “stra-maledetta (in senso bonario)” statale 188 profuma “d’oro siciliano”. Sambuca, Giuliana e poi, ti lasci persuadere dall’ emozione: Busakkinu è terra fiorente, di “ciavuri sapuriti”.

È un bisogno estremo di passeggiare, lasciarsi alle spalle il viaggio in macchina. Ogni angolino, anche quello meno caratteristico, chiama a sé vicende storiche.

Si parte dalla Piazza Triona, come il (nome) monte che sovrasta la città. I 700 m.s.l.m. si sentono tutti, respiriamo aria amichevole. La nostra camminata inizia con una stretta di mano da parte del primo cittadino.

Conforta la presenza istituzionale, un motivo in più per sentirci a casa nostra. Il Municipio è il luogo delle decisioni, ma anche di figure e passaggi storici. Quello dei Fasci Siciliani e delle grandi ondate migratorie. Di Frank Capra e i suoi capolavori. E poi, delle spedizioni archeologiche sul Monte Triona. Un piccolo assaggino di quel che verrà.

Messo piede fuori, si erge uno dei massimi capolavori architettonici: la Chiesa Madre dedicata a San Giovanni Battista. Eretta nel 1713 (su una precedente matrice cinquecentesca), splendono i “tocchi” barocchi del campanile e la Torre dell’Orologio. Sul sagrato è raffigurato lo stemma del paese realizzato con la lavorazione a mosaico di conci colorati.

L’interno, a croce latina, è caratterizzata da tre navate. Prendono forma i dipinti su tela raffiguranti la Madonna. Tra autori ignoti e conosciuti, la Vergine è protagonista di un complesso religioso tra i più importanti della Sicilia Occidentale. Quell’orologio a macchina di Archimede (dotato di un congegno che dal solstizio d’estate a quello d’inverno rintocca all’Ave Maria del vespro) tende una mano, traccia un percorso che porta dritti al Museo dell’Orologio.

Il piccolo complesso è ricco di testimonianze. Tra oggetti e strumenti di lavoro ci sentiamo fieri testimoni di Paolo Scibetta. Chi era costui? L’ultimo artigiano del tempo. Scrutiamo dei particolari: una cartina della Sicilia in lamiera (sono indicati i luoghi dove la famiglia operò). Prendere il suo posto è impossibile, facciamo tesoro della sua arte intramontabile.

«Tra viuzzi stritti e strati sgangherati, acchianati e scinnuti fanno breccia nei nostri cuori e nelle nostre… gambe!».

Il Quartiere Saraceno è un tuffo nel passato. Primeggia tra i sedici quartieri in cui è suddiviso il borgo. I passi sono a cadenza lenta, di fronte a tanto fascino ci lasciamo trascinare. I cortili sono luoghi fertili di una società passata. Chiacchiericci e storie di paese rappresentavano i veri social d’un tempo.

Le vie sono arricchite - oltre alla Chiesa della Madonna delle Grazie (con il campanile) - dalle edicole votive raffiguranti immagini di Cristo e la Madonna. A farne le spese - negli anni Ottanta - fu l’Ecce Homo (rubata). Grazie ai fedeli l’edicola ritornò a splendere.

«Da una meraviglia all’altra» potremmo intitolare il prossimo scorcio. Difatti, a qualche centinaio di metri - dopo un paio di strappi in salita, il Quartiere Ebraico racconta il “suo” personale vissuto. Si passa dai contenuti “prosperi” a quelli “decadenti”.

Il destino degli abitanti fu segnato dai nuovi insediamenti. È d’obbligo il silenzio, il ripasso, i contenuti. In un angolo - tra colori e vivacità - proviamo a rimettere su i cocci della storia. Gli intrepidi studiosi attribuiscono la fondazione ai Sicani, Greci, Romani e Arabi.

Si parla di una data, l’840. Inoltre, anche il nome Bisacquino ha le sue “fondamenta” originali. Per molti trattasi del latino “bis-acqua” (abbondante acqua), mentre per altri storici deriverebbe da “busukin (padre del coltello). Tra una chiacchierata e l’altra con Alberto, Maria Carmen e tanti giovani, impari a vivere il centro palermitano nei suoi particolari.

In loro è scolpito il “bisacquinesimo” (permettetemelo). È forte il legame con le tradizioni religiose (senza dimenticare i consigli dei saggi del paese). Un buon motivo per continuare la scoperta degli angoli nascosti. Decidiamo di salire verso il Convento dei Cappuccini, per la visita del Museo Civico (con 17 settori). A primo acchito lo sguardo esula dal contesto. Dura pochi attimi.

I fossili ritrovati durante gli scavi sul Monte Triona e le successive scoperte sono esempi di un territorio ricco di tesori. Su due livelli, il museo è “pieno” di testimonianze rurali, pittoriche, cinematografiche, religiose e antropologiche. Da non perdere!

Il tempo di gustarsi una vista dall’alto della chiesa, raccogliamo i “cocci dell’emozione” e prendiamo la “retta” via verso il quartiere dove visse Frank Capra. Tra murales di rara bellezza (e grandezza) e una piccola visita dell’abitazione (vincitore di tre premi Oscar), il bisogno esigente di una pausa diventa obbligatorio.

Li “Busacchinara” (cipolle) meritano menzione, però il languorino tende ad altre specialità. Le “paste nere” e la "pignoccata" sono spunti di riflessione culinaria! “Cu la panza china” è tempo di relax. Ma quando mai!

Il Calvario è un ambiente da non perdere. Tra silenzi e misticismi, siamo ostaggi religiosi. Le due scalinate ci proiettano verso l’alto. Fiori, piante di bosso, uliveti e aura spirituale prendono in consegna le nostre fatiche. Animi ribelli, stanchi e soddisfatti. È tempo di scendere, tornare alla ribalta con la visita.

Le chiese di San Vito, San Francesco e Santa Caterina lasciano di sasso i curiosi. Stili, forme e prospetti collocano le strutture in una posizione di privilegio turistico. Estasiati da Bisacquino, potremmo salutarci con un "Arrivederci alla prossima". Manca ancora qualcosa, un pezzo rilevante.

Bevai, archi, fontane, cappelle, teste di leoni e uno sguardo lassù, rivolto a Monte Triona e il Santuario della Madonna del Balzo. Una storia diversa, a parte. Un profondo legame con la religione e la Madonna.

Adesso è giunto il momento di andare via, lasciare Bisacquino con entusiasmo. Arrivederci o addio? Non conta, è stato un privilegio far parte della comunità.
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