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Qualità dell'aria in Sicilia, c'è una notizia buona (e una cattiva): a che punto siamo

Mentre Bruxelles bacchetta l’Italia per il persistente superamento dei limiti di biossido di azoto (NO₂) a Palermo e Napoli va meglio sul fronte Pfas. Ecco di che cosa si tratta

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 15 dicembre 2025

C’è stato un tempo in cui vivere all’interno della Conca d’Oro, la pianura su cui sorge la città di Palermo, equivaleva a vivere in un ambiente invidiato da tutti, dove terra, cielo e acqua avevano dato vita a un habitat unico, simile a un paradiso terrestre, in cui era possibile incontrare una biodiversità lussureggiate e camminare su estesi campi coltivati, dove i fiumi scorrevano placidamente e l’aria profumava di varie essenze esotiche.

Sfortunatamente per noi, questi tempi sono del tutto finiti e oggi giorno vivere all’interno delle caotiche strade del capoluogo siciliano equivale a intossicarsi i polmoni e a rischiare la salute. A confermarlo sono gli ultimi dati ufficiali ottenuti dalle analisi delle varie agenzie di controllo del territorio, tra cui ARPA, che già mesi fa aveva segnalato alla Regione gli elevati livelli di inquinanti presenti nell’asfissiante atmosfera cittadina di Palermo.

La crisi della qualità dell’aria nel capoluogo siciliano non è però più un tema esclusivamente locale: Bruxelles ha infatti avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il persistente superamento dei limiti di biossido di azoto (NO₂) nelle aree urbane di Palermo e Napoli, contestando l’inefficacia dei piani di risanamento adottati finora.

L’Italia rischia quindi multe estremamente salate, che possono raggiungere anche i miliardi di euro, nel caso in cui questa situazione non venga presta risolta o – peggio – venga ulteriormente ignorata dagli amministratori locali. Secondo la direttiva europea sulla qualità dell’aria, gli Stati membri devono infatti intervenire tempestivamente quando le concentrazioni di NO₂ e di particolato atmosferico superano i limiti stabiliti dalla stessa Unione Europea, che anni fa chiese a molteplici esperti di definire quali erano i livelli di non pericolosità di diversi inquinanti.

Secondo Bruxelles, Palermo è tra le città europee che hanno più volte ignorato i richiami inerenti il superamento di tali limiti, non dimostrando alcun interesse nel riportare i valori delle varie sostanze tossiche sotto soglia in tempi ragionevoli. Ora l’Italia ha ora poche settimane per replicare alle osservazioni formali: in caso di risposta insoddisfacente, la Commissione potrà procedere con un “parere motivato” verso un possibile deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea, che potrebbe condannare la Sicilia a perdere somme utili per altri importanti progetti, come quelli inerenti alla siccità.

Questo rischio alimenta il dibattito politico. Carmelo Miceli, consigliere comunale e coordinatore regionale di Progetto Civico Italia, ricorda come già settimane fa avesse ottenuto la bocciatura del Piano comunale per la salubrità dell’aria. «È gravissimo – denuncia – che non sia arrivata alcuna risposta all’interrogazione con cui chiedevo interventi urgenti per tutelare la salute dei cittadini». Miceli punta il dito soprattutto contro il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, a cui chiede di riferire in Aula di consiglio: «L’Europa è già intervenuta. Ora occorre che il Comune definisca con chiarezza quali misure intenda attuare e in che tempi».

Prima ancora delle sanzioni, è la salute dei cittadini il vero punto critico. Il particolato atmosferico e il biossido di azoto hanno infatti deleteri ai polmoni e in particolare il NO₂ causa respiro sibilante, dolore al petto, infiammazione polmonare e asma, oltre ad avere impatti gravi sui soggetti deboli. «È inaccettabile — dichiara Legambiente — che una città come Palermo continui a pagare un prezzo così alto in termini di salute e vivibilità a causa dell’inquinamento atmosferico. Servono misure coraggiose: un potenziamento del trasporto pubblico, l’estensione delle zone a traffico limitato, la promozione della mobilità ciclabile e pedonale, oltre a un serio piano di elettrificazione dei mezzi pubblici e privati».

Per quanto i livelli di NO₂ e PM10 siano estremamente elevati – per via soprattutto del traffico veicolare che opprime la circolazione del capoluogo – bisogna tuttavia anche comunicare una piccola lieta notizia. La scorsa settimana Greenpeace Italia ha pubblicato un dossier inerenti alle emissioni di PFAS nell’aria in Italia. I PFAS sono un gruppo di sostanze, per buona parte di origine artificiale, note come "sostanze chimiche permanenti".

Esse resistono infatti alla degradazione chimica, termica e fisica e sopravvivono a lungo nell’ambiente. Di solito queste sostanze vengono prodotte per rendere resistenti all'acqua, al grasso e alle macchie una vasta gamma di prodotti. Sono presenti per esempio all’interno delle pentole antiaderenti e nei vestiti resistenti all’acqua. Secondo lo studio di Greenpeace, la Sicilia risulta essere tra le regioni italiane dove si producono meno PFAS, anche a seguito della chiusura di vari stabilimenti nel corso degli ultimi anni.

Andando infatti ad osservare la mappa con le percentuali di produzione di PFAS per ciascuna regione italiana, è possibile notare come la Sicilia produca solo il 2,3 % delle sostanze chimiche permanenti prodotte ogni anno in Italia. Poco più che 88,5 tonnellate per l’intera regione. Per quanto riguarda queste sostanze sono le regioni del nord-ovest quelle più problematiche. «Dati alla mano, secondo il Registro europeo PRTR, tra il 2007 e il 2023 sono state rilasciate sul territorio italiano 3.766 tonnellate di F-gas, per la maggior parte PFAS» spiega l’associazione ambientalista nel proprio comunicato stampa.

«Seppur nessuna Regione risulti esclusa dalle rilevazioni (a parte la Calabria per la quale non sono disponibili dati), è il Piemonte l’epicentro di questo tipo di inquinamento ambientale, con il 76% delle emissioni italiane di F-gas (2.863 tonnellate nel periodo 2007-2023), con il Comune di Alessandria che risulta essere l’epicentro di questa contaminazione». La Sicilia non è però la regione in cui si producono meno PFAS in assoluto. Dopo di lei ci sono infatti altri territori, come la Puglia, la Campania, il Friuli o la Liguria, dove la produzione di queste sostanze è ancora più ridotta.
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