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Quattro ristoranti e una figlia di nome Etna: il pastaio (siciliano) che incanta New York

Vi raccontiamo la storia di Giusto Priola, volato in America più di 20 anni fa da un piccolo paese in provincia di Palermo. Oggi persino il New York Times parla di lui

Federica Cortegiani
Giornalista pubblicista
  • 17 dicembre 2021

Giusto Priola

"Ciò che è destinato a te, troverà il modo di raggiungerti". Chi non si è mai imbattuto, anche per sbaglio in questa frase che riassume in poche parole il pensiero di Hester Browne.

Un concetto applicabile a contesti diversi, che sia la situazione sentimentale o quella professionale, capita a volte di domandarsi se l'idea che sia qualcosa destinato a ognuno di noi è reale o meno.

Di certo c’è che senza l’impegno e la costanza che ci fa lavorare per raggiungere un obiettivo, le probabilità di raggiungere quello che pensiamo sia destinato a noi si abbassano notevolmente.

Ed è qui che entra in gioco il protagonista della storia che stiamo per raccontarvi. Lui è infatti l’esempio concreto di come la perseveranza e la forza di volontà – insieme a una buona dose di fortuna (o destino, come vogliamo chiamarlo) siano gli alleati più preziosi che aiutano a realizzare un sogno.
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Vi raccontiamo quindi la storia di Giusto Priola, un nome che oggi è balzato alle cronache dei giornali locali per il recente interessamento da parte del New York Times alla sua attività di ristoratore siciliano nella Grande Mela.

Sì, perché Giusto oggi è l’uomo che è riuscito con la sua attività a incantare letteralmente i newyorkesi svolgendo una delle azioni che per noi siciliani è una vera e propria tradizione, tipica delle case delle nonne: preparare la pasta fresca.

Dalla vetrina del suo ristorante a Union Square, infatti, Giusto spiega ai passanti come si preparano gli spaghetti fatti in casa, soffermandosi su ogni passaggio della lavorazione della pasta. Così ogni giorno è come se andasse in scena uno spettacolo dove il palco è la cucina a vista del suo “Pasta eater”, il ristorante aperto (con coraggio) poco prima del lockdown tra la nona e la diciassettesima strada.

La formula di "Pasta eater" piace a tutti e persino il New York Times dedica un servizio al ristoratore siciliano che oggi, possiamo dirlo, è più famoso a New York che a Misilmeri, il piccolo paese in provincia di Palermo da cui è andato via più di 20 anni fa e in cui però ritorna tre volte l'anno insieme alla moglie e alla figlia dal nome fortemente evocativo, Etna.

Ma non è finita qui. Il successo del suo "Pasta Eater" è solo la punta dell’iceberg di una storia che inizia tanto tempo fa e che rappresenta appieno quel concetto di "destino" di cui parlavamo prima.

«Mi sono innamorato degli Stati Uniti in uno dei tanti viaggi che facevo da ragazzino quando venivo a trovare i miei nonni che vivevano già a New York – ci racconta Giusto -. Sono stati loro, insieme ai miei zii, panettieri e pasticceri, a trasmettermi la passione per la cucina».

In Sicilia, infatti, Giusto lavorava in tutt'altro campo. «A Misilmeri aiutavo mio padre nel negozio di famiglia, ci occupavamo di materiale edile e di piastrelle», spiega.

Misilmeri gli sta troppo stretta. Lui vuole l’America e vuole fare suo l’agognato “sogno americano” di aprire un ristorante tutto suo. Come nei migliori film a tema “emigrazione”, Giusto parte a 28 anni, con una piccola valigia e pochi spiccioli in tasca e senza sapere una parola in inglese.

Dal piccolo paese dell'entroterra siciliano arriva a Times Square e continua a sognare in grande. Talmente in grande che oggi, Pasta Eater è il quarto ristorante che ha aperto nella grande metropoli.

«Ho iniziato imparando il mestiere di pasticcere grazie ai miei zii che avevano un’attività a Brooklym – racconta -. Due anni dopo ho aperto un piccolo laboratorio di pasticceria in cui producevo i dolci da vendere ai ristoranti. Ma la mia passione era la cucina, più che la pasticceria.

Inizio allora a lavorare in un ristorante esclusivo di New York – Pier 59 Studio - frequentato esclusivamente da personaggi che fanno parte dell’ambiente dell’alta moda. Qui ho avuto la possibilità di crescere e di mettere in risalto le mie qualità lavorative, diventando manager del ristorante».

Ma Giusto non si accontenta, vuole un ristorante tutto suo. Tempo al tempo e ci riesce. Sette anni dopo nasce "Cacio e pepe - cucina romana" (che poi raddoppia), che ha un grande successo soprattutto grazie alla pasta cacio e pepe servita sulla forma di pecorino e portata a tavola.

Ancora due anni dopo, arriva il terzo ristorante - "Cacio e vino" - dove stavolta è la cucina siciliana a fare da padrona con un menu che comprende la caponata, la pasta con sarde e il cannolo con ricotta prettamente siciliana.

Infine, poco prima dell'arrivo della pandemia arriva la terza intuizione. Un locale totalmente incentrato sulla produzione a vista della pasta fresca. Ed è così che arriva Pasta Eater che, ci assicura Giusto, non sarà l'ultima delle sue creazioni.
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