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Qui c'è l'essenza del Liberty: perché Mondello aspira ad essere patrimonio Unesco

Basta attraversare la piazza Caboto verso il lungomare per accorgersi che lo skyline della piccola città-balneare racconti la dimensione floreale dell’essenza Liberty

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 14 agosto 2023

Villa Gregorietti, finita di costruire nel 1929

Mondello Liberty patrimonio Unesco? Cosa ancora stiamo aspettando?

Basta attraversare la piazza Caboto in direzione del lungomare, percorrere il viale Margherita di Savoia fino a piazza Valdesi e ancora il litorale lungo il viale Regina Elena da Punta Celesi fino a superare la piazza Mondello con la fontana e la Sirena di Nino Geraci verso la via Piano di Gallo con il Villino Barresi adagiato ancora sugli scogli, per accorgersi che lo skyline territoriale della piccola città-balneare sia ancor oggi governato dall’aura modernista impressa già nel primo ventennio del secolo dal lessico liberty della scuola di architettura di Ernesto Basile.

Le vie delle Sirene e dei Lillà, unitamente alla via dei Pioppi e degli Iris, ancora la via Principe di Scalea, i viali delle Palme, Principe Umberto, Principessa Jolanda e Mafalda, nel collaborare ampliamente alla costruzione dell'immagine liberty della ex-borgata marinara contengono una costellazione di ville e villini a uno o due piani, tutte convergenti alla diffusione dell’iconica immagine di luogo dello svago, del divertimento e dello sport sviluppatosi nella fase terminale della Belle époque dell’età dei Florio.
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Una sezione urbana a scala "umana" ne governa i rapporti tra spazio privato e pubblico, in cui il concetto di bellezza sociale dell’arte si riversa interamente su strada attraverso la bellezza dei dettagli di inferriate in ferro battuto, maioliche policrome di rivestimento dei ricchi prospetti, partiture abilmente composte in superfici di intonaco plastico, le quali pur definendo le superfici dei singoli edifici influenzano positivamente la percezione anche di turisti e curiosi e non solo delle singole proprietà.

Il micro-ambiente derivante ancora dal rapporto che lega insieme verde pubblico e privato, governato da essenze diversificate e grandi chiome in grado di generare ombreggiature capaci di mitigare al tempo stesso le alte temperature estive, restituiscono concettualmente una dimensione progettuale realmente "sostenibile" e priva di inutili orpelli "finto-green".

Ma è il linguaggio delle sue architetture abitative a raccontare la dimensione floreale dell’essenza liberty dell’intero comparto balneare, malgrado l’appesantimento edilizio del dopoguerra e la mancanza di decoro urbano dello spazio pubblico privo di alcun tipo di progettualità.

Elemento quest’ultimo, che proprio in funzione di un eventuale accreditamento futuro relativamente al divenire anch’esso sito Art Nouveau Unesco, ne potrebbe decretare maggiori e congrue fortune.

Ecco che la bellezza dei singoli villini, potrebbe divenire "identità” territoriale tout court, nell’affermazione del primato dell’idea di progetto sul caos urbanistico e burocratico degli ultimi decenni in città, trasformando un luogo a tratti nostalgico in risorsa identitaria per l’intera collettività.

Ovviamente di matrice turistica in pieno accordo con il rilancio della dimensione eminentemente Liberty della Palermo del terzo Millennio.

Icona tra le icone potrebbe essere ancora il "basiliano" Villino Gregorietti, posto a presidio dell’intero litorale, per quanti giungano a godere della grande bellezza paesaggistica dell’incantevole golfo balneabile per la quasi interezza dell’anno.
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