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Rinasce una piazzetta in Vucciria: la street art colora i ruderi di una piccola chiesa

La chiesetta di Santa Sofia è stata costruita attorno al 1590 dai "Tavernieri" ed era ormai un rudere in stato di abbandono: oggi a decorarla è l'artista Marco Mirabile

  • 10 gennaio 2019

La chiesa di Santa Sofia in Vucciria a Palermo (Foto di Antonio Curcio)

Era un posto dimenticato da Dio (è proprio il caso di dirlo), degradato e completamente abbandonato. Adesso invece piazzetta Santa Sofia, alle porte del quartiere Vucciria di Palermo può vantarsi di avere una nuova opera d'arte colorata e che ricorda l'esistenza di una piccola chiesa praticamente completamente diroccata.

Un progetto che, per la sua realizzazione ha messo insieme diversi attori, sono stati coinvolti: Marco Mirabile uno streetartist palermitano, sette ragazzi dell'Accademia di Belle Arti e sostenuto economicamente da Mediolanum Corporate University – istituto educativo di Banca Mediolanum - attraverso la sua piattaforma culturale CENTODIECI nell’ambito del suo progetto esclusivo per Palermo Capitale della Cultura 2018. La curatela del progetto è di Mario Zito, direttore dell'Accademia di Belle Arti di Palermo, e della Professoressa Giulia Ingarao, docente di Storia dell'Arte.

La chiesetta di Santa Sofia è ubicata nel cuore del centro storico della città di Palermo, tra la Vucciria e il Palazzo della Borsa, fondata dalla congregazione dei Tavernieri lombardi intorno al 1590, fu abbandonata per le precarie condizioni strutturali che richiesero lo smontaggio della volta di copertura in pietra e di porzioni della muratura perimetrale, avvenuta nel 1936.
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Ai fini della conservazione degli elementi storico artistici in stucco rimasti all'interno della chiesa nel 2012, per intervento della Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali, con il finanziamento della Direzione Centrale per l'Amministrazione del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno - proprietaria della chiesa – è stata realizzata una nuova copertura provvisoria, che ha compreso il tavolato esterno.

Il gruppo di lavoro degli studenti dei corsi di decorazione e di pittura dell'Accademia di Belle Arti, guidato da Marco Mirabile, ha contribuito a restituire visibilità ad un edificio che documenta la presenza di quella schiera di chiese, per lo più di piccole dimensioni, appartenenti alle confraternite la cui presenza a Palermo ebbe il suo massimo sviluppo a partire dalla seconda metà del Cinquecento.

L'intervento decorativo ha interessato solo le parti aggiunte in legno e in ferro - tavole in legno che compongono facciata e fiancata laterale destra e il portone in ferro - senza compromettere l'edificio nelle sue parti storiche. Sulla facciata è stato ricostruito l’aspetto originario riportandovi a tinte piatte alcuni dei rilievi (come volute, colonne, capitelli) reperiti dalla documentazione fotografica esistente. Nel portale in ferro è stata dipinta Santa Sofia protettrice dei Taverneri, a cui la chiesa è dedicata.

La più diffusa iconografia della Santa la vede ritratta insieme alle tre figlie Pistis, Elpis e Agape; Marco Mirabile, ispirandosi a tale iconografia, ha sviluppato il tema in modo originale ponendo al centro del grande portone in ferro una maestosa Sofia vestita d'azzurro accompagnata da tre bambine. La Santa immobile e pensosa è attraversata da raggi trasversali di luce che nei colori richiamano il volo degli uccelli dipinti nella fiancata della chiesa.

«È un progetto non invasivo - racconta Marco Mirabile - che vuole mettere in evidenza l'antica chiesetta. Sul portone abbiamo realizzato un'immagine centrale di una donna: Santa Sofia, con tre bambine. Per me però non è una santa bensì una figura archetipica di donna come contenitore di vita intesa con un significato più legato al significato greco di Sofia, quindi la conoscenza. Poi nella parte superiore invece abbiamo relaizzato degli uccelli colorati, intesi come uccelli migratori e liberi di potere andare dove vogliono. Un'esplicita allusione alla possibilità di un futuro di coesistenza e prosperità tra culture diverse ma anche come metafora della libertà di pensiero».

Il progetto è durato un anno, soprattutto per avere tutti i permessi, la sessione di lavoro è durata dieci giorni per la realizzazione dell'opera, rianimando un luogo abbandonato e portando pennellate di speranza sulla Vucciria.
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