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Scene da film, scontro epocale: in Sicilia ci fu la più grande battaglia navale della storia

Durante la Prima guerra punica, Roma e Cartagine si affrontarono in uno scontro epocale destinato a cambiare per sempre gli equilibri del Mediterraneo

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 25 agosto 2025

La Guerra Punica

Durante la Prima guerra punica, Roma e Cartagine si affrontarono in uno scontro epocale destinato a cambiare per sempre gli equilibri del Mediterraneo.

Questo scontro vide la Sicilia come principale campo di battaglia e molti degli scontri vennero effettuati in mare. A rimanere principalmente impressa nella memoria collettiva fu la battaglia di Capo Ecnomo, combattuta nel 256 a.C. al largo delle coste meridionali della Sicilia, nei pressi dell’odierna Gela.

È ricordata dagli storici antichi, e in particolare da Polibio, come la più grande battaglia navale dell’antichità e segnò per sempre la storia militare della marina romana, inaugurata pochi anni prima proprio per affrontare via mare i cartaginesi e i loro alleati.

Questo scontro permise a Roma di consolidare il suo dominio sulla Sicilia e di porre fine alla supremazia navale cartaginese nel Mediterraneo centrale, un’area strategicamente cruciale per i commerci e per la protezione militare della penisola italiana.

Le forze che parteciparono a questa battaglia navale erano imponenti: Roma schierò 330-360 navi da guerra, ciascuna con circa 300 rematori e 120 soldati, mentre Cartagine rispose con circa 350 imbarcazioni e un numero imprecisato di navi mercenarie, provenienti dall’Asia minore.

Secondo le stime, oltre 300.000 uomini parteciparono direttamente al confronto navale, a cui si aggiungevano circa 15.000 soldati romani stanziati lungo la costa siciliana per contrastare eventuali tentativi di sbarco.

A guidare la flotta romana c’erano i due consoli dell’anno, Lucio Manlio Vulsone Longo e Marco Attilio Regolo, mentre dalla parte cartaginese spiccavano i nomi di Amilcare (probabilmente Amilcare Barca, padre del futuro Annibale) e Annone il Grande, due tra i più esperti comandanti punici del periodo.

La battaglia, sebbene colossale per mezzi e uomini impiegati, non fu particolarmente distruttiva in termini di perdite navali: Roma perse infatti soltanto 24 navi, mentre Cartagine ne vide affondare o catturare circa 64.

Ma fu l'esito tattico e strategico a sancire la sua importanza: la vittoria romana permise ai legionari di minacciare l’Africa per la prima volta e lanciò Roma verso una supremazia marittima destinata a durare secoli, mentre per Cartagine questa sconfitta fu un colpo pesante, che alimentò negli anni successivi un profondo desiderio di rivalsa.

Il senso di umiliazione maturato da Cartagine in seguito alla perdita del controllo marittimo fu infatti una delle principali cause che portarono alla Seconda guerra punica, guidata da Annibale, che avrebbe sfidato Roma tentando l’impensabile: varcare le Alpi con un esercito e portare la guerra nel cuore dell’Italia.

Importante per la battaglia di Capo Ecnomo fu anche l’uso sulle navi dei “corvi”. Una sorte di ponte mobile, che permetteva di agganciare le navi nemiche per abbordarle. Furono infatti queste armi inusuali a permettere ai romani di catturare un gran numero di imbarcazioni nemiche, senza correre il rischio di perdere le proprie.
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