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Se a Palermo ci vai "canciati i mutanni": la storia dei nomi degli ospedali della città

Luminari, vittime di mafia ed eroi. Storie davvero particolari sono legate ai nomi dei nosocomi del capoluogo regionale. Ve li sveliamo, uno per uno

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 22 gennaio 2024

L'ospedale Cervello visto dall'alto

Da piccolino, ma anche da "adulto", quando uscivo di casa, era tipico sentirsi dire, "canciati i mutanne che se poi per caso ti succede qualcosa e finisci in ospedale i cristiani che hanno a pinsari?”.

La cosa che mi ha sempre colpito di tale affermazione, era che il vero problema fosse che un eventuale personale sanitario potesse vedere la mia biancheria intima in condizioni non del tutto limpide, e non che potesse essere capitato qualcosa che poteva anche procurarti l’ estrema possibilità di cogliertela di subito.

Di contro, avendo sempre lavorato in ambito sanitario, debbo ammettere, mio malgrado, di averne viste (e sentito) di ogni genere, spesso al limite della barzelletta.

Quella che mi rimase più impressa fu quando un vecchiareddu, bravu cristianu cose giuste, s’apprisintò un pomeriggio lamentando un dolore al petto. Pensammo che c’erano cosi i rumpere, ma esclusa quella possibilità non rimaneva che indagare sulla possibile origine del malessere. La conversazione che ne seguì fu quasi surreale.
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«Ma quindi a lei dov’è che fa male di preciso? In questo punto?», indicando con mano aperta la zona costale, «ma chi… e più ri ca!», «Ah quindi all’altezza dello sterno?», «ma che sterno! Ma mi fa male rintra, all’interno!».

Vi giuro, per quanto stimo a pasta u furnu, che non è una barzelletta, ma un fatto realmente accaduto. Applausi, sipario, silenzio! A questo punto mi viene in mente quante situazioni simili possano aver vissuto i nostri illustri pionieri della medicina, ai quali sono stati dedicati, e mi pare il minimo, alcuni dei nomi degli ospedali di Palermo.

Li prederemo in considerazione brevemente, ca senno ca vi volissi l’equivalmente di 20 divine commedie.

Ospedale civico e Benfratelli
Partiamo da un ospedale che non porta il nome di un singolo, ma che senza dubbio è uno dei più antichi di Palermo. Ebbe origine nel 1429, ad opera del frate benedettino Giuliano Majali, con il nome di “Ospedale Grande e Nuovo”, con sede presso palazzo Sclafani ed il loggiato di san Bartolomeo.

Poco dopo la comunità dei benedettini creò all’interno una piccola farmacia ove venivano lavorate le erbe medicinali di loro produzione per poi essere distribuiti presso i vari sanatori, sia all’interno delle mura che fuori.

Ad un certo punto il comune di Palermo si rese conto che non poteva tampasiare, ed allora prendendo in mano parte della gestione lo denominò ospedale Civico, giusto per precisare che era cosa loro, ma quando, nel 1852, per ragioni burocratiche, l’ospedale dovette essere trasferito nella casa gesuitica di San Francesco Saverio all’Albergheria, il comune dovette abbassarsi le corna e concedere la denominazione, ancora attuale, di "Ospedale Civico e Benfratelli".

Nel 1907, Ignazino Florio diede il via alla costruzione dell’attuale complesso ospedaliero, e nel 1995, in collaborazione con l’università di Pittsburgh e l’ospedale Cervello diede il via al all’"Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione” (IsMeTT) che ha sede proprio all’interno del comprensorio.

Cervello
Ammettetelo, quanti hanno pensato che il nome Cervello derivi dall’organo che tutti noi dovremmo (il condizionale è d’obbligo) possedere? Io me lo sono sentito chiedere spesso.

In realtà Vincenzo Cervello, mai cognome su più azzeccato, fu un medico e farmacologo palermitano, particolarmente noto per aver dato le basi alla farmacologia moderna.

Si laureò a Palermo nel 1877 specializzandosi i quella che, all’ epoca, si chiamava “materia medica”, che non era lo studio della garze e dei cerotti, ma la nostra attuale farmacologia. Divenuto primario dell’allora Ospedale Civico si dedicò a debellare la tubercolosi e nel 1903 fondò l’“associazione palermitana tubercolosi”.

Grazie alle influenze di Vincenzo Florio ed al grande Ernesto Basile che prestò il suo ingegno gratuitamente Cervello realizzò una struttura adibita ad ospitare gli affetti da tale malattia, inaugurandolo il 28 novembre 1909.

Successivamente nel 1922 divenne polo sanitario per la gestione delle malattie respiratorie e finalmente nel 1970 ospedale generale.

Ospedale dei Bambini Giovanni Di Cristina
Giovanni Di Cristina si laureò in medicina nel 1902, e dopo aver frequentato alcune università tedesche, stufo di patate wurstel e crauti, andò a Napoli dove divenne un pezzo da novanta dell’istituto di Patologia Generale.

Nel 1909, dietro invito del dottor Rocco Jemma (a cui è tutt’oggi dedicata una strada), e del ricordo dei cannoli, tornò a Palermo specializzandosi in pediatria e diventando suo braccio destro nella gestione della "clinica pediatrica di Palermo", edificata grazie alle influenza di Ignazio florio Jr, il quale gli era particolarmente grato per le cure prestate alle figlia Igea.

Quando Di Cristina assunse la direzione della clinica, lo stesso Ignazino lo definì "apostolo della carità" per il suo impegno a favore dell’ infanzia in ambito medico e sociale.

Ad opera di Di Cristina e della principessa Giulia Alliata Gangi nacque l’Aiuto Materno la “Casa del Sole Ignazio e Manfredi Lanza di Trabia” (figli di Pietro Lanza Branciforte e Giulia Florio, e caduti durante la prima guerra mondiale) per le elioterapie ai bambini affetti da tubercolosi.

Policlinico Paolo Giaccone
Paolo Giaccone morì per mano mafiosa l'11 agosto 1982, propri nei viali dell’ospedale a lui intitolato. Luminare nel campo della medicina legale e forense, era particolarmente noto per la sua integrità morale, caratteristica che gli costò la vita quando, nonostante pesanti pressioni ad opera di alcuni affiliati a cosa nostra, si rifiutò di falsificare un referto riguardante l’analisi di alcune impronte digitali che avrebbero incriminato il killer Giuseppe Marchese, affiliato alla cosca di Corso de Mille, reo di avere ucciso 4 uomini a Bagheria.

Durante il primo maxiprocesso il pentito di mafia Vincenzo Sinagra indico Salvatore Rotolo come esecutore materiale del delitto, che fu condannato all’ ergastolo.

Ingrassia
Giovanni Battista Ingrassia fu uno dei pionieri della medicina moderna, laureandosi nel 1537. Tale era il suo genio che divenne medico personale di Elisabetta di Capua, moglie dell’allora vicerè Ferrante I Gonzaga, venendo nominato, nel 1563, protomedico del regno di Sicilia.

La sua bravura era tale che divenne il medico personale di isabella di capua, moglie dell’ allora vicerè di sicilia ferrante i Gonzaga, e divenendo successivamente, nel 1563, protomedico del regno di Sicilia.

Nel 1575, mentre tutti si allattariavano per l’epidemia di peste a Palermo, lui affrontò la cosa con pragmatismo e metodo scientifico facendo costruire ben 7 lazzaretti in cui isolare i malati, adottando misure severe verso coloro che rivendevano gli abiti dei morti e disponendone la sepoltura al di fuori delle mura cittadine, nonché il rogo dei beni.

Ebbe pure un duro scontro con l’autorità ecclesiastica quando chiese si eliminare processioni e messe.

Le misure da lui attuate furono così efficaci che Palermo contò "appena" 3000 morti contro i 60.000 di Venezia. Sua fu l’opera “informatione del pestifero et contagioso morbo”, in cui correla la diffusione delle epidemie agli eventi sociali e fa un’attenta a e dettagliata cronaca di quei tragici giorni.

Enrico Albanese (ex Ospizio Marino)
Avete presente quei medici di prima linea che incuranti e sprezzanti del pericolo si prodigano per aiutare i feriti? Questo era Enrico Albanese, chirurgo, che durante un soggiorno a Firenze fece sua la causa volta all’unità d’Italia seguendo Giuseppe Garibaldi (del quale divenne grande amico) come medico militare e curandolo dopo le ferite avute in Aspromonte.

Fu direttore dell’ospedale Civico, ed anche lui si distinse per il suo approccio scientifico alla lotta all’epidemie di colera che colpirono Palermo. Nel 1873 creò l’"ospizio marino", per la cura di tutti quei bambini affetti da tubercolosi e rachitismo, e fu uno dei primi a sperimentare delle cure per il tumore, con delle iniezioni secondo il metodo di Thiersh (Ex) Ospedale psichiatrico Pietro Pisani Da nico, quando qualcuno che sparava solenni minchiate, solitamente funcia i puorco, gli si diceva "t’ha fari ricoverare a via Pindemonte", ed effettivamente era li che si trovava il manicomio, ovvero l’ex ospedale psichiatrico Pietro Pisani.

Stavolta l’interessato non era un medico ma un "semplice" Barone che però fu fondatore e direttore della nuova “casa reale dei matti”, trasferendo la struttura dall’ ex noviziato dei Padri Teresiani, in quella della famosa via Pindemonte.

Li Il Barone Pisani cambiò radicalmente l’approccio verso i pazienti pschiatrici, prediligendo terapie comunitarie e con la partecipazione attiva del soggetto, ed eliminando alcune pratiche crudeli e sadiche molto usate ai tempi, principi che molto più in là, nel 1978, portarono all’ abolizione dei manicomi con a legge Bisaglia.

Polo oncologico Maurizio Ascoli
Ebbene sappiatelo, tra noi vi è un polentone! Babbiata a parte, Maurizio Ascoli si laureò a Trieste nel 1876, e dopo diverse esperienze in Germania, Pavia e Catania, nel 1929 arrivò a Palermo come professore di clinica medica.

Insegnò fino al 1938, fino a quando, a causa di quella cosa inutile di Mussolini e le sue leggi razziali, fu costretto a rinunciare al suo ruolo fino al 1943, quando le sue ricerche nel campo dell’ oncologia diedero le basi per le più moderne terapie Buccheri la Ferla Esempio di come le donne sanno avere sempre una marcia in più nonostante a volte siano, ingiustamente, relegate a ruoli secondari.

Il noto ospedale di via Messina Marine deve il suo nome alla signora Anna Buccheri La Ferla. Figlia di un medico, Rosario Buccheri, che fondò un sanatorio marino proprio dove attualmente vi è l’ospedale, forse sotto l’ influenza di Edipo, a 24 anni si innamorò del dottore Luigi La Ferla che divenne braccio destro del padre nella gestione del sanatorio.

Sfortuna volle che dopo 20 anni di matrimonio rimase vedova e senza prole, ma senza perdersi d’animo uscì gli scaglioni e continuò ad amministrare la struttura, favorendo la ricerca per la cura della tubercolosi.

Nel 1965, anziché lasciare i suoi possedimenti ai vari malaminnitta e lapardei che le ronzavano attorno, lasciò la struttura all’ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli di San Giovanni di Dio, che la fecero divenire l’attuale complesso ospedaliero.

Villa Sofia Anche questo ospedale porta un nome femminile, ma in questo caso si tratta di un dedica d’amore. Eliza Sofia Sanderson era la moglie di Joseph Whitaker grande amico della famiglia Florio.

Nel 1850 Whitaker, proprio perché non sapeva più dove mettere la lanna, acquistò un lotto di terreno confinante con la tenuta della Real Favorita, e che ospitava una villa costruita dai marchesi Mazzarino.

Ma siccome la gara a chi si allattariava di più ai tempi era molto in voga, Whitaker ingrandì e ristrutturò la dimora secondo il modello inglese, arricchendola con dèpendance e serre in cui ospitaba piante esotiche.

Tale su la sua bellezza che divenne luogo cardine della vita sociale dell’epoca, e nel 1907 ospitò persino il re d’ Inghilterra Eduardo VII con al seguito la famiglia reale.

Nel 1953, gli eredi, non avendo più interessi nella città di Palermo, vendettero il tutto alla Croce Rossa Italiana che, successivamente, con il comune di Palermo, erano i tempi del famoso sacco di Palermo, realizzò l’ospedale che tutti conosciamo, riutilizzando, senza alcun riguardo per le ricercate architetture ed il valore storico, la villa e le sue dèpendance.
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