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Sembra una fiaba ma è una storia vera: chi è il panettiere di Brancaccio diventato pittore

Vi raccontiamo una "favola di borgata", la storia di Alessandro, il panettiere di Corso dei Mille che un giorno decide di seguire il suo sogno ad ogni costo

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 4 agosto 2023

Alessandro Butera

Attraverso il mondo fiabesco ci siamo abituati a vedere un po’ di tutto: zucche diventare carrozze, rospi trasformarsi in principi, burattini in bambini, anatroccoli in cigni, topi in cavalli.

A Palermo, in genere Sicilia, che siamo ancora più creativi e pieni di immaginazione ne abbiamo viste anche di più: ville liberty scomparire in una notte, giardini in cui crescono palazzi, abusivismi trasformarsi in sanatorie, boss diventare sindaci e giudici reinventarsi boss. Il tutto nella tranquillità, convivialità, giovialità più totale perché in fondo siamo tutti amici di amici.

Poi ci sono delle altre fiabe: quelle di borgata, quelle che se non vengono scovate non possono essere raccontate, quelle che fondamentalmente un ci ni futti nienti a nuddu ma sono le più belle.

Ecco, io ho visto Artù diventare re da scudiero e Cenerentola principessa - anche se col coprifuoco a mezzanotte e una scarpa sola -, ma un panettiere diventare un pittore ancora non lo avevo visto mai. Quindi se avete il piacere di leggere, quella che segue è una fiaba alla palermitana, una fiaba tutta a pane e panelle.
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È l’estate del 1982, i telegiornali invitano gli italiani a non uscire alle ore più calde della giornata per via dell’ondata di caldo che sta colpendo il belpaese ma gli italiani non ce la fanno, soprattutto i palermitani, perché Paolo Rossi fa sognare e alla Vucciria vendono le bandiere tricolore e le maglie della nazionale contraffatte.

A Palermo si spara. Si spara per i gol di Pablito, per il Festino di Santa Rosalia, si spara per le strade. Il Corso dei Mille è la via che dai pressi della stazione Centrale taglia una parte della città percorrendo tutto Brancaccio. È lì il fior fiore di quella cosa che non ha ancora un nome che molti dicono non esista.

Al numero 921 ci sta un panificio/bottega di quelli di una volta che prendono poca roba ma di eccellenza perché la gente di borgata, è risaputo, vuole mangiare come Dio comanda. Poi ci sono i botti, quelli forti che in quel periodo non mancano mai.

Per fortuna la farina ovatta le mura e Alessandro, che all’epoca è un bambino di appena 11 anni, non sente niente e tra quattro calci ad un pallone e la scuola lavora già insieme a papà Antonino per fare il pane. Alessandro Butera, così si chiama e così lo chiamano pure i professori quando fanno l’appello che lui puntualmente non sente perché è rapito da un mondo fatto di colori e di segni.

È quella la cosa che conta per Alessandro: stare con la testa china sul foglio di carta a disegnare, come lui stesso mi ha detto, "qualche minkiata". Non c’è tempo per i giocattoli, ma in compenso c’è quell’odore che profuma di grano e di casa, ma soprattutto il pane in pasta che modellato prende un sacco di forme diverse consentendogli di esplorare quel mondo interiore che sente già di dover buttare fuori.

Passano così le giornate, ad impastare, infornare, mangiare di nascosto qualche fetta di mortadella e fare sculture con la pasta che poi affloscia sempre. C’è pure lo zio Pino a Brancaccio, non il Beato Pino eroe di tutti noi, ma il fratello di suo padre che dopo essersi sentito fare la testa quanto un pallone finalmente si è scocciato e gli ha portato la tanto agognata chitarra elettrica degli anni 60’ che Alessandro si è sempre mummiato come una bella femmina.

«Teccà!» gli dice. «Ti pare a tia te la fai durare da Natale a Santo Stefano». Quel dono gli permette finalmente di far confluire quella pulsione che sente verso un mezzo di espressione, di salpare dai sicuri porti di lievito e farina verso mari fatti di note e scale jazz.

Dedica cuore anima alla musica, ma come in ogni fiaba che si rispetti arriva il momento del tracollo, quello in cui la bella addormentata si punge, Biancaneve mangia la mela, Pollicino si perde. Un maledettissimo male gli porta via la mamma ponendo fine ai suoi sogni musicali, costringendolo ad affogare i suoi peggiori incubi ancora una volta nel pane in pasta.

Quando chiedo a proposito mi dice: «Durante quegli anni accadde poco o niente e quello che capitava durante la giornata, mi appassionava meno del giusto. Doveva cambiare tutto e subito». Nel 1993 finalmente il suo gancio in mezzo al cielo, questa volta non è fatto di pane ma di colori.

Quasi per scommessa inizia una collaborazione professionale con una nota galleria d’arte che lo porta quindi in Sardegna, dove il suo lavoro sarà quello di vendere opere d’arte italiane a clienti annoiati che tengono i piccioli, ma che per spendere hanno bisogno di barcamenati, di parole e, come dice sempre lui, "altre belle minkiate".

Si ritrova così a viaggiare in lungo e largo per l’Italia, studiando, tra un autogrill e l’altro, le biografie, opere e omissioni di una caterva di pittori graziati e disgraziati che lo fanno sentire meno solo, più compatito, anche perché - riporto le sue parole - «chisti avevano chiù problemi i mia…».

Diventa amico di tanti autori, le vendite vanno a gonfie vele, ma la cosa comincia a non saziarlo più. «Mentre accadeva tutto questo, piano piano il mio interesse si spostava sempre più come già accennato sul lato artistico e della creazione».

Passa due decenni Alessandro Butera a fare il mercante d’arte e rimuginare, poi nel 2013 un’altra scintilla. Mentre si trova in compagnia di un conosciuto artista del realismo siciliano, affermatosi alla veneranda età di 45 anni, gli scappa una domanda: «Com'è arrivato alla conclusione di essere artista?». L’interrogativo, tanto minkione quanto irrisolubile, apre definitivamente uno squarcio dentro di lui che non si richiuderà più.

Nello stesso anno decide cominciare a lavorare solo suoi dipinti e sulle sue creazioni estroflesse in cui io stesso ho rintracciato la fatica e la pazienza che solo un panettiere può avere. Non gli andrà male. Nel giro di pochi anni venderà numerose opere in Italia e all’estero, alcune sue opere finiranno in spot televisivi nazionali, altre su riviste di design come "door" pubblicata dal gruppo editoriale "La Repubblica".

Fino al 12 agosto, a Palermo, si tiene la sua mostra personale patrocinata dal Comune di Palermo dal titolo "Viaggio alla ricerca della bellezza", presso l’ex chiesa San Mattia ai Crociferi, in cui Alessandro attraverso i colori tenterà di raccontare questo suo viaggio non ancora arrivato a termine.

La fiaba del panettiere di Brancaccio che diventa un pittore si conclude qui, con due colpi di pennello alla farina e un invito a saperne di più.
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