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Sono rari e di importanza mondiale: quei tesori (poco conosciuti) dell'antica Agrigento

Nel centro storico di Agrigento, fra stradine, cortili e piazzette che custodiscono la memoria di una storia millenaria, si possono fare scoperte incredibili

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 18 febbraio 2024

Monastero di Santo Spirito

Nel centro storico di Agrigento, fra le stradine, i cortili e le piazzette che custodiscono la memoria di una storia millenaria, si possono fare scoperte meritevoli di molta attenzione da parte dei turisti che, oltre alla Valle dei Templi, vogliono conoscere anche i tesori dell’antica Girgenti.

Custodito nel Museo Diocesano vi è l’altarolo della Vera Croce, una rarità nell'oreficeria mondiale.

«Non è che una tavoletta di legno ricoperta alla parte centrale da una lastra di agata e sui lati lunghi e corti da smalti rettangolari o quadrati con la rappresentazione dei simboli degli Evangelisti della Vergine, di tre apostoli, di due Vescovi e di Cristo Pantocrator tra angioletti», così la descriveva Maria Accascina, per i lettori del Giornale di Sicilia, il primo gennaio 1939.

Si tratta di un piccolo altare portatile usato dai vescovi quando si recavano in peregrinazione in terra santa oppure in peregrinazioni guerresche o in partite da caccia. Su di esso veniva posto il calice durante celebrazione della messa.
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Pochissimi e rarissimi esempi se ne conservano in tutto il mondo. Più rari ancora sono quelli formati da una semplice tavoletta, come l'altarino agrigentino.

È una interessante documentazione degli sviluppi artistici dell’oreficeria siciliana nel secolo XII, secolo al quale l’altarino certamente appartiene come è possibile comprendere dai suoi caratteri iconografici. La tecnica è raffinatamente bizantina.

Ma non soltanto la tecnica, ma anche la pietra centrale, di agata, parla di Sicilia, di antiche industrie che all’arte offrivano materiale prezioso e raro.

Al suo interno, secondo la tradizione, è custodito un frammento della vera Croce, proprio quella che venne rinvenuta da Sant’Elena, che la riconobbe come tale perché, passandola sul corpo di un uomo morto, questi resuscitò.

Gli affreschi medievali in Santa Maria dei Greci, poco distante dal Museo diocesano dove l’altarino è conservato, sono un’altra antica testimonianza medievale.

Sulle pareti della chiesetta, innalzata incorporando i ruderi di un tempio dorico periptero del IV o V secolo a. C. probabilmente dedicato ad Atena, ci sorprende la ieratica figura, di un monaco, probabilmente basiliano, che regge fra le mani gli spessi rami di un albero genealogico, che si allungano intorno mostrando gli avi di Maria e fanno così da corona al ciclo della vita della Madre di Dio.

Sono tracce di dipinti di artisti della scuola siciliana del Trecento. Una di queste opere raffigura la Vergine Maria con il Bambino Gesù, assisa in trono.

Le altre che ci sono rimaste (anche se non interamente) rappresentano “La Presentazione al Tempio” e “La Visione di San Gioacchino”.

All'interno della chiesa, sotto una lastra di vetro sul pavimento, si riconoscono parti del basamento del tempio greco.

Santi, vescovi, stemmi gentilizi, motivi decorativi, mascheroni, allegorie e, al centro, una grande aquila a due teste, simbolo dell’imperatore Carlo V dominano in un’altra grande chiesa agrigentina: il soffitto della cattedrale di Agrigento.

L’incantevole tetto ligneo si cominciò a costruirlo nel 1518 su iniziativa del Vescovo Giuliano Cibo e venne rifatto, ampliato e modificato senza sosta, per cui oggi presenta stili di numerose epoche diverse.

Per ammirarlo da vicino occorre salire su una scaletta dentro una delle due torri che fanno parte del Duomo agrigentino. Bisogna salire per le scale della torre sino al soffitto e da lì si può ammirare comodamente è scoprirne ogni aspetto.

È artisticamente intarsiato, dipinto e composto da dodici capriate con catena, senza monaco. Ai lati delle catene stanno mensole riccamente scolpite, con rosoncino pendulo. Nel centro di esse vi è una parte pendente con foglie scolpite e stemmi di alcuni Vescovi; fra le capriate i cassettini con quattro rosoni scolpiti per parte. Nella parte centrale altri rosoni.

I puntoni sono decorati con figure di Santi. Un insieme di elementi artistici che destano profonde emozioni per la loro sobria e composta bellezza. Lasciando la via del Duomo e scendendo nella via Atenea, incontriamo in un angolo due antiche chiese barocche, dedicate a Santa Rosalia e a San Lorenzo.

Sono otto e sono una più bella dell’altra le Virtù modellate dallo scultore palermitano Giacomo Serpotta, aiutato dal figlio Giuseppe, che ornano la navata della secentesca chiesa del Purgatorio, nota anche come San Lorenzo, da tempo sconsacrata e sede di eventi culturali.

Grazie al manto ininterrotto di decori in stucco, che la impreziosiscono, questa chiesa è un esempio splendido dello stile barocco, e ci rivela come l’arte religiosa abbia raggiunto vette di straordinaria bellezza ad Agrigento.

Per una stretta stradina che comincia da questa piazza e si allunga parallela alla via Atena, giungiamo al Monastero di Santo Spirito, ma qui vogliamo però ricordare questo altro monumento medievale non per le sue notevoli bellezze artistiche chiaramontane, perché qui troviamo un altro tesoro, di diverso genere, ma non meno apprezzato da tanti turisti: il cous cous dolce delle suore benedettine.

È un prelibato mix di granelli di pasta di mandorle frammisti a bricioline di zuccata e al verde pastello del pistacchio, con un velo di cannella e brulicanti misteri delle suore benedettine.

Ancora oggi lo si può acquistare bussando alla porta del monastero. Il couscous vi arriverà ben confezionato dalla piccola dolceria dove lavorano le suore e potete ordinarlo insieme a dolcetti di pasta reale, amaretti, biscotti ricci e tante altre prelibatezze.
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