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Soprano tra i più acclamati dei primi del '900: Amelia, la palermitana che stregò (anche) Puccini

La musica e i viaggi erano la vita di Amelia, grande artista oggi ingiustamente poco ricordata. Vogliamo farlo noi ripercorrendo alcune fasi della sua vita

  • 9 luglio 2021

Amelia Pinto e Enrico Caruso alla Scala nel 1902

Palermo ha un indiscutibile legame con l'opera, a partire dalla presenza del più grande teatro lirico d'Italia nonché terzo in Europa, che è il Teatro Massimo, ma forse non tutti sanno che uno dei soprani più acclamati a cavallo tra la fine dell'800 e i primi del '900 era una voce palermitana: Amelia Pinto.

L'arte, la musica e i viaggi caratterizzarono la vita di Amelia, grande artista oggi ingiustamente poco ricordata.

Andiamo per ordine.

Amelia nacque a Palermo nel 1876. Il padre, maestro di scherma e appassionato di musica e la madre, che aveva una voce da soprano, furono determinanti nelle scelte artistiche della figlia, incoraggiandola a dedicarsi alla musica.

Dapprima prese lezioni di piano, a 21 anni entrò al conservatorio di Napoli e l'anno successivo al Santa Cecilia di Roma, sotto la guida di un mezzosoprano che riuscì a cogliere le sfumature drammatiche della sua voce.

Iniziò così una rigogliosa carriera per la giovane cantante palermitana, che divenne un 'soprano Falcon', cioè oscillava tra i ruoli del soprano drammatico e del mezzosoprano, avendo una grande estensione e un'ottima tenuta nei toni gravi.
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Il suo debutto avvenne il 29 dicembre 1899 al teatro Grande di Brescia, protagonista della ''Gioconda'' di Amilcare Ponchielli.

Dopo aver rinunciato a un'esibizione a Rio de Janeiro, fu la Tosca di Puccini al teatro Giglio di Lucca; lo stesso Puccini rimase incantato da quell'interpretazione, convinto che per la protagonista della sua opera fosse ideale «una donna ultradrammatica», quale era la Pinto, come si legge nei ''Carteggi pucciniani''.

Quindi venne invitata alla Scala, dove debuttò il 29 dicembre 1900 nel ''Tristano e Isotta'' di Richard Wagner, in compagnia del tenore Giuseppe Borgatti e del direttore Arturo Toscanini.

Tanti i traguardi per la giovanissima Amelia, che non aveva ancora compiuto i 25 anni. Nel 1901 si esibì insieme al grande Enrico Caruso per la morte di Giuseppe Verdi e, dopo una tournée in Argentina, tornò alla Scala nel ruolo di Brunilde per la ''Walkiria'', confermando la sua affinità con il dramma di Wagner.

Molti, infatti, sostennero che la Pinto contribuì alla diffusione del teatro wagneriano in Italia, dal momento che ottenne anche dalla critica il plauso per il repertorio wagneriano.

La Pinto ebbe dunque un ruolo determinante nel panorama musicale di quel periodo, interpretando vari ruoli e trovandosi contesa da diversi teatri. Tanti i luoghi in cui si esibì, Ravenna, l'America con Mascagni, Lisbona e tanti i ruoli interpretati, la
sua vita fu ricca di viaggi e successi. Nel 1903 sposò Nino Contino, un medico la cui sorella Rosa aveva sposato il fratello di Amelia.

Un anno dopo debuttò a Palermo e a palazzo Butera cantò con Borgatti alla presenza di Guglielmo II di Germania. Fu poi la volta dell'Egitto, di Parigi, di Madrid, Roma, Santiago del Cile e nel 1907 cantò ''Tosca'' al Massimo di Palermo alla presenza di Vittorio Emanuele III.

Nel 1909 nacque il primo figlio, Filippo e dopo qualche anno nacque Rosa Isotta. La cantante avrebbe dovuto impegnarsi per la prima assoluta del ''Parsifal'' di Wagner alla Scala, ma il progetto non andò in porto e chiuse la carriera in bellezza nel 1916, accettando l’offerta al Real di Madrid per ''La Gioconda'', ''Tristano e Isotta'' e ''La Walkiria''.

Nel 1917 un evento drammatico la sconvolse, morì la figlia Rosa Isotta. Infine visse a Sassari, dove il marito aveva trovato un lavoro, si esibì in concerti di beneficenza e passò gli ultimi anni della sua vita a Palermo, dove morì nel 1946, dopo una grave malattia.

Così si spense, dunque, dopo aver vissuto una vita intensa all'insegna dell'amore per la musica.

Fortunatamente ancora oggi possiamo ascoltare la sua voce attraverso alcune registrazioni, lasciandoci trasportare da quel tono drammatico e malinconico che stregò anche Puccini.
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