"Ti vuoi mettere con me" tra i banchi di scuola: l'amore in Sicilia (senza i social)
Accadeva così, mentre meno te lo aspettavi, magari per i corridoi o all’uscita della scuola. Bastava incrociare lo sguardo per un nanosecondo. VI sblocchiamo un ricordo

Quando sento qualcuno dire “vorrei tornare bambino, perché tutto era spensierato” lo condannerei alla fustigazione per blasfemia e sacrilegio. I tempi delle scuole, spensierati? Forse dimenticati, mai spensierati. Paure, ansie, dubbi, insicurezze, interrogazioni a prima ora. Già, le interrogazioni a prima ora; me le ricordo come se fosse ieri. L’amigdala rilevava il pericolo e lo segnalava all’ipotalamo, che, ansioso anche lui, produceva cortisolo, adrenalina e noradrenalina a tinchintè.
Queste influenzavano la gestione di acqua e sali, l’assorbimento e il movimento dei muscoli dello stomaco che diventava troppo frenetico producendo di fatto la cacarella. Tutto ciò la prof di scienze non ce lo ha mai spiegato e continuano a non spiegarlo. Per non parlare del complicato processo di formazione della propria identità. Pensate al povero Erich Fromm -famoso psicanalista e filosofo tedesco- durante l’ora di inglese, quando la prof. gli chiedeva “where are you from? where are you from?”, pur avendocelo davanti.
È normale che poi sviluppi la sindrome dell’uomo invisibile. Dulcis in fundo, il primo colpo di fulmine. Anche lì adrenalina, dopamina, noradrenalina, feniletilamina e cacarella, che qualcuno ha ignominiosamente rinominato “farfalle allo stomaco”. Le crisi internazionali degli ultimi anni in confronto allo stomaco di un adolescente sono riunioni di condominio.
Accadeva così, mentre meno te lo aspettavi, magari tampasiando per i corridoi o all’uscita della scuola. Bastava incrociare lo sguardo per un nanosecondo e ci rimanevi secco. Tutta colpa, come ci raccontavano, di Cupido e delle sue frecce dell’ammore. Come se già la faccenda non fosse abbastanza complicata, ci infilavano, infatti, anche il sincretismo religioso, ovvero la fusione e/o il mescolamento di credenze di divinità o rituali provenienti da religioni altre. Iniziava così una terribile fase di terrore a cui nessuno ti aveva preparato. Eri fottutamente innamorato di una/o sconosciuta/o e per questo non era previsto alcun libretto di istruzioni.
Giorni, settimane, a volte mesi, di infatuazione, felicità, insonnia e cacarella, senza che nessuno ti indicasse il percorso. Da un momento all’altro ti cambiava letteralmente la vita, come per La metamorfosi di Kafka. Smettevi di fare assenze per vederla ogni giorno e cominciavi a indagare su tutto per scoprirne classe, nome, i gusti.
Diventavi letteralmente un mix tra un operaio del Liaoning sotto Mao Tse- tung e il tenente Colombo. Tutto questo doveva avvenire in assoluto segreto, perché se ti scoprivano i tuoi compagni di classe ti perculavano fino alla laurea. Alla fine, in qualche maniera, riuscivi ad individuarne nome e collocazione, un po’ alla stessa maniera dei libri in biblioteca. Lì, però, arrivava la fase più difficile: trovare un complice per potesse farti da ambasciatore.
Questa era una e vera e propria arma a doppio taglio, in quanto non poche volte capitava che la donzella s’innamorasse prorpio dell’ambasciatore. Era quella che oggi ho ribattezzato il rovesciamento del Cirano di Bergerac. Per chi non lo sapesse, è una commedia/tragedia teatrale di Edmond Rostand. Cyrano, il protagonista, è un abilissimo spadaccino ed ha un lunghissimo naso. Segretamente è innamorato della cugina, Rossana.
Una notte la dama gli da appuntamento, facendolo andare fuori di sé, ma, appena si incontrano, gli confessa di essere innamorata del cadetto Cristiano de Neuvillette. Cyrano è distrutto ma per amore accetta addirittura di proteggerlo. E niente, ne ho visti tanti di Cyrano. Bergerac a parte, si arrivava all’ultima fase, quella in cui si giocava il tutto e per tutto: il pizzino “ti vuoi mettere con me”. Ora, io chi fu il primo a scrivere per la prima volta questo bigliettino ed inventare tale stratagemma non lo so. Posso solo ipotizzare che sia molto datato, sicuramente in tempi meno social, poiché immagino oggi non accada più.
Ad ogni modo, la prassi prevedeva che si usasse un foglietto, neanche troppo elegante, spesso una mezza pagina di quaderno a quadretti strappata. Al centro si scriveva la fatidica domanda al cardiopalmo: “Ti vuoi mettere con me?”. Sotto si facevano due quadratini, uno col sì, l’altro col no, ove fare la crocetta per la risposta. Se la risposta era no, amen. Ci si leccava le ferite per un po’, poi si partiva per altre galassie. Se la risposta era sì, invece, all’uscita, molto in teoria, ci si sarebbe dovuti dare un primo bacetto a stampo, poi eventualmente qualche altro. Qui, al primo contatto fisico, il cervello rilasciava ossitocina, ma questo è un altro discorso e ha fatto più danni che altro. Non sempre, ahimé, i tempi politici erano maturi per un sano bipolarismo.
Anzi, spesso a volentieri, erano frequenti venti di centro, più democristiani, che prevedano una terza alternativa, nel pizzino, oltre al quadratino del “sì” e del “no”. Questa terza alternativa era il quadratino del “forse”. Quando l’amata ti rimandava indietro il pizzino con il “forse” sbarrato, corrispondeva grossomodo al “le faremo sapere” delle aziende quando si fa un colloquio di lavoro. Tra queste tre risposte, tuttavia, potevano svilupparsi trame e situazioni al quanto disparate.
Una delle più comuni (capitata al sottoscritto) era quella che noi chiamavamo il “dramma del milite ignoto”. Succedeva, in questo caso, che l’ambasciatore si presentasse col pizzino dalla dama dicendole chi fosse il mittente, e che questa, una volta sentitone il nome, rispondesse: “ma cu è?”. Era una delle peggiori sorti, da non augurare nemmeno al peggior nemico. Ce ne fu un’altra a dire il vero, che restò negli annali della scuola per molto tempo, capitata al mio compagno Carollo.
Il compagno Carollo ebbe nella sua vita la sventura di innamorarsi di Beatrice della 2°B, che nulla aveva di dantesco se non l’appetito di Lucifero de La Divina commedia, raffigurato con tre bocche con cui divora i peccatori dalla mattina alla sera. Ebbene, nonostante gli inviti a demordere con l’emblematico “megghiu daraci a vestiri che a manciari”, Carollo si fece persuaso di conquistarla prendendola per la gola.
Ogni giorno, prima dell’entrata, le faceva trovare sotto il banco un pezzo rosticceria del Bar San Francesco. Dopo un paio di centinaia di migliaia di calorie decise finalmente di farsi avanti. Quando le si presentò al cospetto, Beatrice stava proprio mangiando l’arancina a carne di cui l’aveva omaggiata. Vedendola predisposta e consenziente per via dell’estasi colesterolica le porse il biglietto con la fatidica frase “ti vuoi mettere con me?”. Beatrice sembrò non stesse aspettando altro. Accetto il biglietto di buongrado, si pulì la bocca dall’unto dell’arancina, poi glielo riconsegnò regalandogli un sorriso.
Per mesi Carollo cercò di interpretare se la macchia d’olio protendesse più per il sì o per il no. L’anno dopo cambiò scuola e nessuno lo vide più. Oggi ha un chioschetto di Arancine nell’arcipelago Lofoten. Nell’insegna porta scritto una frase di Virginia Woolf: “non si può pensare bene, né amare bene, se non si è pranzato bene”.
Queste influenzavano la gestione di acqua e sali, l’assorbimento e il movimento dei muscoli dello stomaco che diventava troppo frenetico producendo di fatto la cacarella. Tutto ciò la prof di scienze non ce lo ha mai spiegato e continuano a non spiegarlo. Per non parlare del complicato processo di formazione della propria identità. Pensate al povero Erich Fromm -famoso psicanalista e filosofo tedesco- durante l’ora di inglese, quando la prof. gli chiedeva “where are you from? where are you from?”, pur avendocelo davanti.
È normale che poi sviluppi la sindrome dell’uomo invisibile. Dulcis in fundo, il primo colpo di fulmine. Anche lì adrenalina, dopamina, noradrenalina, feniletilamina e cacarella, che qualcuno ha ignominiosamente rinominato “farfalle allo stomaco”. Le crisi internazionali degli ultimi anni in confronto allo stomaco di un adolescente sono riunioni di condominio.
Accadeva così, mentre meno te lo aspettavi, magari tampasiando per i corridoi o all’uscita della scuola. Bastava incrociare lo sguardo per un nanosecondo e ci rimanevi secco. Tutta colpa, come ci raccontavano, di Cupido e delle sue frecce dell’ammore. Come se già la faccenda non fosse abbastanza complicata, ci infilavano, infatti, anche il sincretismo religioso, ovvero la fusione e/o il mescolamento di credenze di divinità o rituali provenienti da religioni altre. Iniziava così una terribile fase di terrore a cui nessuno ti aveva preparato. Eri fottutamente innamorato di una/o sconosciuta/o e per questo non era previsto alcun libretto di istruzioni.
Giorni, settimane, a volte mesi, di infatuazione, felicità, insonnia e cacarella, senza che nessuno ti indicasse il percorso. Da un momento all’altro ti cambiava letteralmente la vita, come per La metamorfosi di Kafka. Smettevi di fare assenze per vederla ogni giorno e cominciavi a indagare su tutto per scoprirne classe, nome, i gusti.
Diventavi letteralmente un mix tra un operaio del Liaoning sotto Mao Tse- tung e il tenente Colombo. Tutto questo doveva avvenire in assoluto segreto, perché se ti scoprivano i tuoi compagni di classe ti perculavano fino alla laurea. Alla fine, in qualche maniera, riuscivi ad individuarne nome e collocazione, un po’ alla stessa maniera dei libri in biblioteca. Lì, però, arrivava la fase più difficile: trovare un complice per potesse farti da ambasciatore.
Questa era una e vera e propria arma a doppio taglio, in quanto non poche volte capitava che la donzella s’innamorasse prorpio dell’ambasciatore. Era quella che oggi ho ribattezzato il rovesciamento del Cirano di Bergerac. Per chi non lo sapesse, è una commedia/tragedia teatrale di Edmond Rostand. Cyrano, il protagonista, è un abilissimo spadaccino ed ha un lunghissimo naso. Segretamente è innamorato della cugina, Rossana.
Una notte la dama gli da appuntamento, facendolo andare fuori di sé, ma, appena si incontrano, gli confessa di essere innamorata del cadetto Cristiano de Neuvillette. Cyrano è distrutto ma per amore accetta addirittura di proteggerlo. E niente, ne ho visti tanti di Cyrano. Bergerac a parte, si arrivava all’ultima fase, quella in cui si giocava il tutto e per tutto: il pizzino “ti vuoi mettere con me”. Ora, io chi fu il primo a scrivere per la prima volta questo bigliettino ed inventare tale stratagemma non lo so. Posso solo ipotizzare che sia molto datato, sicuramente in tempi meno social, poiché immagino oggi non accada più.
Ad ogni modo, la prassi prevedeva che si usasse un foglietto, neanche troppo elegante, spesso una mezza pagina di quaderno a quadretti strappata. Al centro si scriveva la fatidica domanda al cardiopalmo: “Ti vuoi mettere con me?”. Sotto si facevano due quadratini, uno col sì, l’altro col no, ove fare la crocetta per la risposta. Se la risposta era no, amen. Ci si leccava le ferite per un po’, poi si partiva per altre galassie. Se la risposta era sì, invece, all’uscita, molto in teoria, ci si sarebbe dovuti dare un primo bacetto a stampo, poi eventualmente qualche altro. Qui, al primo contatto fisico, il cervello rilasciava ossitocina, ma questo è un altro discorso e ha fatto più danni che altro. Non sempre, ahimé, i tempi politici erano maturi per un sano bipolarismo.
Anzi, spesso a volentieri, erano frequenti venti di centro, più democristiani, che prevedano una terza alternativa, nel pizzino, oltre al quadratino del “sì” e del “no”. Questa terza alternativa era il quadratino del “forse”. Quando l’amata ti rimandava indietro il pizzino con il “forse” sbarrato, corrispondeva grossomodo al “le faremo sapere” delle aziende quando si fa un colloquio di lavoro. Tra queste tre risposte, tuttavia, potevano svilupparsi trame e situazioni al quanto disparate.
Una delle più comuni (capitata al sottoscritto) era quella che noi chiamavamo il “dramma del milite ignoto”. Succedeva, in questo caso, che l’ambasciatore si presentasse col pizzino dalla dama dicendole chi fosse il mittente, e che questa, una volta sentitone il nome, rispondesse: “ma cu è?”. Era una delle peggiori sorti, da non augurare nemmeno al peggior nemico. Ce ne fu un’altra a dire il vero, che restò negli annali della scuola per molto tempo, capitata al mio compagno Carollo.
Il compagno Carollo ebbe nella sua vita la sventura di innamorarsi di Beatrice della 2°B, che nulla aveva di dantesco se non l’appetito di Lucifero de La Divina commedia, raffigurato con tre bocche con cui divora i peccatori dalla mattina alla sera. Ebbene, nonostante gli inviti a demordere con l’emblematico “megghiu daraci a vestiri che a manciari”, Carollo si fece persuaso di conquistarla prendendola per la gola.
Ogni giorno, prima dell’entrata, le faceva trovare sotto il banco un pezzo rosticceria del Bar San Francesco. Dopo un paio di centinaia di migliaia di calorie decise finalmente di farsi avanti. Quando le si presentò al cospetto, Beatrice stava proprio mangiando l’arancina a carne di cui l’aveva omaggiata. Vedendola predisposta e consenziente per via dell’estasi colesterolica le porse il biglietto con la fatidica frase “ti vuoi mettere con me?”. Beatrice sembrò non stesse aspettando altro. Accetto il biglietto di buongrado, si pulì la bocca dall’unto dell’arancina, poi glielo riconsegnò regalandogli un sorriso.
Per mesi Carollo cercò di interpretare se la macchia d’olio protendesse più per il sì o per il no. L’anno dopo cambiò scuola e nessuno lo vide più. Oggi ha un chioschetto di Arancine nell’arcipelago Lofoten. Nell’insegna porta scritto una frase di Virginia Woolf: “non si può pensare bene, né amare bene, se non si è pranzato bene”.
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÚ LETTI
-
STORIA E TRADIZIONI
In Sicilia c'è un detto (davvero) bestiale: che succede se la gallina ha la "vozza china"