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Tra Guzzanti, Bentivoglio e Vassallo: tutte le anticipazioni sul film di Andrea Camilleri

Sono iniziate le riprese di “La concessione del telefono” tratto dai libri di Camilleri: il set a Palermo tra spazi pubblici e monumenti per un'ambientazione ottocentesca

Balarm
La redazione
  • 8 novembre 2019

L'attore Alessio Vassallo

Sono iniziate le riprese di "La concessione del telefono", il nuovo capitolo della serie "C’era una volta Vigata" tratta dai libri di Andrea Camilleri. Il film è diretto da Roan Johnson (già regista di "La stagione della caccia") e vede Alessio Vassallo nei panni del personaggio principale che si chiama Filippo Genuardi e, nel cast, troviamo anche Fabrizio Bentivoglio, Corrado Guzzanti e Corrado Fortuna.

Il set di palermo spazia da piazza Pretoria, la chiesa di Santa Caterina e Palazzo Bonocore e si vedono attori in costumi d'epoca, cavalli e carrozze perché il film è ambientato alla fine dell'Ottocento.

"La concessione del telefono", firmato Rai Fiction e Palomar, probabilmente uscirà a marzo 2020 su Rai Uno.

Il romanzo di Andrea Camilleri "La concessione del telefono" arriva quindi sul piccolo schermo: la storia si svolge nella Sicilia di fine Ottocento tra Palermo, Montelusa e Vigata, tra il 12 giugno 1891 e il 20 agosto 1892.
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La trama: Filippo Genuardi, piccolo commerciante di legnami, invia tre lettere al prefetto Vittorio Marascianno per richiedere l'installazione di una linea telefonica tra il suo magazzino e l'abitazione del suocero, ricco uomo d'affari.

Non ottenendo risposta, cerca degli appigli nel Palazzo rivolgendosi a Calogero (don Lollò) Longhitano, pezzo da novanta della mafia vigatese, al quale rivela il luogo in cui si nasconde il suo ex amico Sasà La Ferlita, che si era eclissato per non pagare il debito di gioco al fratello di Don Lollò e per questo era ora braccato dal mafioso.

Una serie di equivoci porteranno il Genuardi in una situazione molto pericolosa: da un lato il prefetto Marascianno, a causa di varie imprecisioni contenute nelle tre lettere ricevute e dell'atteggiamento prevenuto dei carabinieri, si convince che il Genuardi sia un agitatore socialista; dall'altro Sasà La Ferlita, grazie all'aiuto del fratello e di un altro amico, riesce più volte a scansare la cattura dei mafiosi, al punto che Don Lollò inizia a pensare che egli e Filippo Genuardi siano in combutta tra loro e con i carabinieri per incastrarlo ed arrestarlo.

Soltanto il delegato Spinoso della polizia, aiutato in parte dal questore e dal suo superiore, il commendatore Parrinello, cercherà di aiutare il Genuardi, "preso a mezzo fra lo Stato e la mafia" per usare le parole del suocero.

A queste vicende pubbliche si vanno ad aggiungere quelle private del Genuardi, non propriamente virtuose: l'uomo infatti ha una tresca amorosa con la moglie del suocero. Era infatti questo il motivo della richiesta dell'impianto telefonico: contattare l'amante non appena il marito fosse assente. Ma per un equivoco il suocero scopre la verità e pazzo di gelosia lo uccide, suicidandosi poco dopo.

Di quest'ultimo avvenimento approfittano i generali dei carabinieri, che in precedenza erano stati puniti per la loro attività persecutoria nei confronti del Genuardi; i militari dell'Arma, ricostruendo a loro modo l'evento, anche con l'apposita esplosione di un ordigno, riescono a sostenere che il Genuardi era morto, avvalorandone così la sua natura eversiva, mentre costruiva una bomba per un qualche attentato.

La storia termina con il trasferimento del delegato Spinoso, del questore e del commendatore Parrinello in Sardegna, massima punizione nella burocrazia dello Stato sabaudo. I due finiscono nella stessa provincia, per ironia della sorte.
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