Uccise la Santa Bambina poi si convertì in Sicilia: la storia di un (povero) assassino
La vicenda è singolare, dove il più grande miracolo fu in una dimensione “spirituale ed esistenziale” in una cella del carcere di Noto. Un caso che sconvolse le coscienze
Una pagina dell'"Illustrazione del popolo"
Stiamo parlando del feroce assassino che con 14 coltellate ferì a morte Marietta Goretti di 12 anni, la Santa Bambina. Perché parlare di questa vicenda? Il motivo è che in questa storia ebbe un ruolo importante per l’Assassino il luogo dove fu detenuto, il Carcere di Noto ed in seguito quella di Augusta.
Andiamo con ordine per comprendere cosa maturò nell’animo di quello che ai tempi dei fatti era un ragazzo. La storia la conosciamo, due famiglie che delle Marche, I Serenelli e i Goretti, arrivarono nel Lazio prima a Paliano poi alle Ferriere, nelle terribili Paludi Pontine. Erano braccianti del Conte Mazzoleni. Le due famiglie andarono d’accordo fino a quando non morì di malaria il padre di Maria, rimanendo come unico adulto l’anziano Serenelli che prese ad organizzare ed amministrare le due famiglie. La Santa Bambina visse la sua breve vita in un contesto di duro lavoro, sofferenza, analfabetismo.
Giordano Bruno Guerri, descrisse questa situazione in un libro contestato dalla Chiesa, “Povera Santa e Povero Assassino”, dove ipotizzò che la Santità della Piccola fosse il prodotto di un clero desideroso di promuovere la virtù femminile, contro un secolo corrotto e corruttore; a cui si aggiunse il fascismo che vide in questa storia la possibilità di dare ulteriore lustro all’Opera di Bonifica. Lo scrittore studiò verbali e documentazione notando incongruenze e contraddizioni, accompagnati da iniziali dubbi da parte del Vaticano che proclamò Santa, Maria Goretti, nel 1950.
Indubbiamente le due famiglie vissero una vita difficile nelle Paludi Pontine, specie i Serenelli a cui oltre il duro lavoro subentrarono alcune vicende famigliari: il capofamiglia era alcolizzato, la moglie pazza fu internata in manicomio insieme a un figlio, poco dopo la nascita di Alessandro, altri figli morirono tragicamente. Taciturno, timido, Alessandro visse questa vita sentendola come peso un gravoso; si isolò frequentando cattive compagnie e lasciandosi traviare da giornali scandalosi, come lui stesso ricorderà nel suo testamento.
Le molestie a Marietta iniziarono quando la bambina aveva 10 anni, e culminarono due anni dopo il 5 luglio del 1902, quando Alessandro vedendola da sola, la spinse dentro casa, cercando di violentarla. Lo stupro non ci fu, cosa che fece ipotizzare che Alessandro fosse impotente. La bambina supplicò di lasciarla stare, acuendo la reazione del ragazzo che prese un punteruolo con cui inflisse 14 colpi al ventre, al pube e alla schiena. Marietta fu trasportata in ospedale con un’ambulanza trainata da cavalli dopo 2 ore; operata senza anestesia, tra atroci dolori morì il 6 luglio, perdonando il suo assassino.
Marietta era nata nel 1890, Alessandro aveva nove anni più di Lei. Serenelli fu arrestato, lo trovarono nella sua stanza, fu trascinato attraverso una folla inferocita, in catene, che furono legate alle selle dei cavalli. Fu così portato in caserma “gli animali furono volontariamente spronati, per farlo cadere”. All’arrivo stravolto chiese un bicchiere d’acqua, un carabiniere acconsentì, nonostante fu tentato di farlo soffrire ulteriormente. Confessò, dicendo che “preferiva il carcere alla vita disumana” che aveva fino allora condotto; a questo proposito c’era un canto ricorrente tra le paludi: “Voglio farmi un coltello scannellato, non me ne curo di pagarlo uno scudo, ammazzo e me ne vado in carcere”.
Serenelli fu condannato a 30 anni, evitò l’ergastolo perché allora ancora minorenne. Dal Carcere di Regina Coeli fu trasferito a quello di Noto, dove passò i primi 3 anni in Segregazione Speciale. Siamo in un periodo in cui l’uso dei ferri e delle catene era stato appena abolito insieme alla camicia di forza e alla cella oscurata. L’isolamento fu però duro, Serenelli dirà di aver pensato più volte al suicidio. Eppure a Noto, in questo Carcere di massima sicurezza accadde qualcosa di "miracoloso".
Due anni dopo l’isolamento, Alessandro raccontò di aver fatto un sogno, in cui Marietta gli donava dei gigli, che si trasformavano in lingue di fuoco, da qui incominciò la sua conversione e non ebbe "più orrore" della sua vita passata. Il luogo dove fu rinchiuso nonostante il segreto divenne di dominio pubblico, ed un’onda di misericordia e pietà partì verso il carcerato, a iniziare dal Vescovo di Noto Mons. Blandini che saputo del sogno, andò a trovarlo.
Seguirà una lettera inviata da Serenelli, dove chiederà perdono con profondo pentimento. In tutti gli anni di reclusione l’attenzione fu massima da parte della Chiesa, specie quella Marchigiana. Dopo questi due eventi il sogno e la conversione a Noto, Serenelli fu trasferito ad Augusta ed in seguito in altri istituti di reclusione.
Uscirà dopo 27 anni nel 1929, calvo e sdentato con le sembianze di un settantenne Da qui poi la vita con i frati, pur non prendendo mai i voti. Ebbe modo di incontrare la mamma di Marietta, un Natale, nella parrocchia di Corinaldo nelle Marche, ed anche da lei ottenne il perdono. Fu presente alla canonizzazione della Santa “Martire della Purezza “voluta da Pio XII, nel 1950.
La vicenda della Santa Bambina e del suo omicida Alessandro è singolare, dove il più grande miracolo fu in una dimensione “spirituale ed esistenziale” senza precedenti, maturata in una cella del carcere di Noto. Il “Povero Assassino” è ancora oggetto di discussione, specie per chi lo vorrebbe, a seguito della conversione ed espiazione, annoverato tra le liste dei Beati e dei Santi.
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