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Un'amicizia durata 26 anni: Ferdinando Scianna e Sciascia, il suo "angelo paterno"

Fu "un colpo di fulmine", racconta il fotografo siciliano, "a vent’anni avevo trovato la persona chiave nella mia vita". Da quest'attrazione nacque la loro prima collaborazione

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 25 marzo 2021

Scianna e uno dei suoi celebri scatti che ritrae Sciascia (foto da sicilymag)

Erano amici, lo furono per oltre vent'anni. Se è vero che l'amicizia è "solo" un sentimento e l'amore invece è una passione, le parole che Ferdinando Scianna dedica all'amico Sciascia, sono parole d’amore. È l'amore per un "padre", un mentore, un maestro.

Accumunati dalla passione per l'immagine e la parola, hanno entrambi inserito nei loro lavori, "rigore": il fotografo con i suoi scatti in bianco e nero, abitudine maturata nel guardare la Sicilia senza colori, individuandone "la sua forza e la sua violenza". Sciascia con i suoi libri "puliti forti".

È un Siciliano ombroso e conflittuale Scianna. Si è autosradicato dalla sua terra, provando nello stesso tempo acredine e attaccamento, dirà: "Ci sono legami forti fatti di rancore".

Nato a Bagheria nel 1943, racconta con ironia la sua nascita durante un bombardamento. Appena nato lo misero con la mamma su un carretto per portarli campagna. La mamma ebbe subito la montata lattea, ma un'anziana le consigliò di non allattare "è latte spaventato può uccidere il bambino". Senza tiralatte, si ricorse a un espediente: "bendata, le fu attaccato al seno un cagnolino che la liberasse dal latte spaventato, insomma sono fratello di latte di un cane…".
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Le prime foto a 15 anni, una passione che cambierà la sua vita, e gli creerà problemi in famiglia, il padre aveva altre aspettative per il figlio. La sua prima mostra fotografica a 20 anni al circolo della cultura di Bagheria "il caso volle che Sciascia venisse a pranzo in paese accompagnato da un amico comune".

Lo scrittore famoso e affermato, rimase colpito da quegli scatti in bianco nero, reali e non artefatti e decise di lasciare un "biglietto gentile" al giovane fotografo.

Fu la svolta per Scianna, qualche mese dopo decise di andarlo a trovare nella sua casa. Non tutti sanno che a Racalmuto lo scrittore ha avuto per diverso tempo la sua casa senza acqua senza luce, il suo rifugio, il suo l'atelier di scrittura. Scianna ricorda che chiese in paese dove vivesse Sciascia, gli risposero "Nanà, a la Nuci" così lo scovò, sotto il solleone d'agosto, in una contrada fuori il paese.

Fu "un colpo di fulmine" come racconta "a vent’anni avevo trovato la persona chiave nella mia vita". Per Sciascia fu l'incontro con un ragazzo che lo faceva sorridere per il suo furore giovanile, e che riusciva a rappresentare con uno scatto i suoi pensieri. Da quest'attrazione nacque la loro prima collaborazione: "Feste religiose in Sicilia" foto di Scianna e testi dell’amico, un libro controverso e oggi introvabile.

È un racconto d'immagini e parole sulla religiosità siciliana, dove troviamo la stessa visione intellettuale, mai contemplativa o celebrativa, né tanto meno "metafisica", come non lo era la religiosità siciliana per Sciascia, affermazione che farà infuriare intellettuali e clero. Per Scianna sarà il biglietto da visita per l'Europeo che lo assumerà nel 1967, inviandolo prima come reporter nel 1968 in Cecoslovacchia e poi come inviato a Parigi.

Dopo le vicende della Rizzoli, il fotografo lascerà la rivista, per entrare (unico italiano) nella importante agenzia fotografica, la Magnum Photos fondata da Robert Capa e Henri Cartier- Bresson. L'amicizia li porterà nel 1984 a intraprendere un viaggio in Spagna, con un altro libro di scatti e scrittura. "Ore di Spagna" un libro bellissimo, di approfondimento storico sui luoghi della guerra civile di Spagna, ma anche di temi cari a Sciascia come Il Don Chisciotte. Ma è anche un viaggio interiore, dove le foto di Scianna accompagnano la prosa dello scrittore fatta di parole semplici e raffinate.

Un viaggio dove ritorna la Sicilia, che riaffiora e che fa dire a Sciascia "andare per la Spagna per un siciliano, è un continuo insorgere della memoria storica, un continuo riaffiorare di legami, di corrispondenze, di cristallizzazioni". Scianna tornerà ogni estate a Racalmuto, per tutta la vita dello scrittore.

Realizzerà negli anni il suo "album di famiglia privato" con le foto di Sciascia. Più di un migliaio di foto che ritraggano lo scrittore nei 26 anni di amicizia, la stragrande maggioranza mai pubblicate. Scatti, dove lo sguardo di Sciascia, è profondo e quasi imbarazzato, lo scrittore è nello stesso tempo estraneo e inserito nell'ambiente, protagonista e comparsa occasionale.

Una piccola parte di queste foto diventeranno un libro: "Scianna fotografa Sciascia" che Sciascia riuscirà a vedere prima della morte. Sentire Scianna che parla dell'amico, è un’emozione profonda, l'ho ascoltato per la presentazione di alcuni romanzi dello scrittore, letti da Tony Servillo per Radio Rai.

È una voce cantilenante roca carica d'emozione e d'inflessione, con quel siciliano stretto che non ha mai abbandonato nonostante gli oltre cinquant'anni lontano dalla sua terra: "Sciascia che parlava poco, a me parlava di tante cose… Ero con lui a Milano alla prima de Il Giorno della Civetta. Ricordo la sua espressione sgomenta dopo la tirata finale nazista del mafioso, interpretato in maniera forse troppo seducente da Turi Ferro. A Sciascia forse gliene venne orrore, di aver contro ogni ragione fornito a chi non usa la ragione, materiale per la masochistica passione per i farabutti intelligenti".

Parole forti, di chi sa cosa si celava nella scrittura dell'amico, e di quanto poco, a volte, era compreso. Scianna non fu mai pronto al distacco: "Finché non mi ha fatto l"offesa terribile di morire, è rimasto il mio angelo paterno". Con sentimento e passione dirà "l'amicizia è come uno scambio delle chiavi delle rispettive cittadelle individuali, è l'acquisizione del reciproco diritto di utilizzare ciascuno dell'altro, gli occhi, la mente, il cuore".
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