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Un villaggio fermo nel tempo nascosto tra due montagne: è il borgo della Grotta Mangiapane

Siamo sulla strada che porta verso Castellamare del Golfo, nella riserva di Monte Cofano. Oggi nel villaggio tutto è rimasto esattamente com'era un secolo fa

Jana Cardinale
Giornalista
  • 5 settembre 2021

La grotta di Mangiapane a Custonaci

All'interno di una grotta esiste un vero paese, che fino a 50 anni fa era abitato. Oggi è visitabile e viene utilizzato per alcune manifestazioni di prestigio, quale il Presepe Vivente di Custonaci.

Sulla strada che porta verso Castellamare del Golfo, e la collega alle falde del Monte Bufara, nella riserva di Monte Cofano, questo villaggio fermo nel tempo si trova proprio in una grotta.

È nascosto nella gola di due montagne, ed è fatto di case pittoresche color terra, una piccola cappella, alcune stalle e una stradina lastricata. Un posto fermo nel tempo: il borgo della Grotta Mangiapane.

Si tratta di un insediamento che risale al periodo del Paleolitico, come dimostrano le incisioni sulle stesse pareti della grotta, che deve il suo nome alla famiglia che visse lì fino agli anni '50, dedicandosi all'agricoltura e alla pesca e trasformando il luogo in un vero e proprio villaggio.

Secondo quanto si racconta la famiglia era nota per produrre dell'ottima ricotta. Dopo un periodo di abbandono, il borgo e le sue casette sono state restaurate dalle persone del posto aiutate dall'unico membro della famiglia Mangiapane ancora in vita.
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Oggi nel villaggio tutto è rimasto esattamente com'era un secolo fa. Ci si può trovare un piccolo museo all'aria aperta, che permette di fare un tuffo nel passato, in un luogo dove il tempo sembra essersi davvero fermato. La grotta Mangiapane, la più grande, alta circa 70 metri, larga 13 e profonda 50, è chiamata anche Grotta degli Uffizi.

Scavi archeologici condotti nel 2004 hanno rivelato la presenza di ceramica preistorica del Neolitico antico e medio. Una seconda grotta, denominata anch'essa Mangiapane (Mangiapane II), si trova un centinaio di metri più ad ovest, lungo la stessa falesia rocciosa.

In questa grotta, nel 1925, venne condotto uno scavo archeologico diretto dal paletnologo francese Raymond Vaufrey, coadiuvato dall'archeologo italiano Ugo Rellini, che mise in luce i resti di un focolare contenente ceramica della media età del Bronzo (cultura di Thapsos) e reperti litici in selce riferibili alla fine del Paleolitico superiore (fase Epigravettiano Finale), alcuni dei quali sono esposti al museo Pepoli di Trapani, mentre la restante parte della collezione si trova nel Museo "A. Salinas" di Palermo e al Museo Etno-Antropologico di Parigi.

Nella grotta è stato girato l'episodio ‘Il ladro di merendine’ della nota serie televisiva ‘Il commissario Montalbano’, i film ‘La Battaglia di Cefalonia’ e ‘Viola di Mare’, e dal 1983, nel periodo natalizio, vi si svolge il "Presepe vivente di Custonaci - La Natività e i Mestieri Tradizionali".

Un presepe in cui rivivono le tradizioni contadine e artigianali di quel territorio, che coinvolge tutti gli abitanti del paese. Vi prendono parte circa 160 persone e per questo nel 2006 è stato inserito nel Registro Eredità Immateriali della Sicilia. La grotta fa parte di un preistorico sistema di insediamenti che conta un totale di nove grotte, alcune comprese all’interno della Riserva Naturale del Monte Cofano. Grazie a un’attività di scavi archeologici iniziata nel 1870 dal marchese Guido dalla Rosa, sono stati riportati alla luce denti e ossa di animali, selci e pitture rupestri.

Nel suo piccolo borgo composto dalle poche case mimetizzate con i colori della terra, si trovava tutto ciò che serviva per condurre una vita essenziale, fatta di sussistenza, lontano dalla civiltà e dal caos della città. Oltre alle abitazioni si trovavano stalle per animali, una piccola cappella, botteghe e persino un forno a legna.

Il tutto circondato da un panorama meraviglioso, che spazia dal Monte Cofano all’azzurro del mare del Golfo di Erice. La storia dice che all’inizio il piccolo borgo era abitato da quattro nuclei familiari, che vi dimorarono per 150 anni, vivendo di pastorizia e agricoltura.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale quasi tutti gli abitanti del villaggio emigrarono, abbandonandolo. Rimase solamente la famiglia di Rosario, che trasformò il villaggio in una stalla.

Dopo un periodo di abbandono durato circa 30 anni, nel 1982 un gruppo di giovani custonacesi restaurò il borgo, aiutati da Don Rosario Vanella e dall’unico membro della famiglia Mangiapane ancora in vita.

Fecero un grande lavoro di pulizia e rivalutazione dell’intero sito, riportandolo agli splendori di un tempo. Riposizionarono, inoltre, gli antichi oggetti nelle abitazioni, in modo da far rivivere la ricca tradizione dei mestieri del luogo. All’esterno della grotta si trova il piccolo museo etno-antropologico all’aria aperta, testimonianza della vita rurale della Sicilia del secolo scorso.

Il Presepe Vivente è un’autentica festa in cui, grazie ai circa 160 volontari, rivivono le tradizioni contadine e artigianali di quel territorio. Durante il periodo estivo, invece, prende vita il Museo Vivente dei Mestieri.

Visitare oggi il museo significa entrare in una galleria del tempo e respirare l’atmosfera di una Sicilia ormai scomparsa, ma che non merita, per la grandezza della sua storia ultramillenaria, di essere cancellata.

La Grotta, a cavallo tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, è stata un luogo assai frequentato da poeti e scrittori stranieri, che produssero notevoli testimonianze letterarie.

Nel 1892, durante il suo primo viaggio nel trapanese, Samuel Butler, rinomato scrittore inglese, in visita presso la grotta Mangiapane, fu ricevuto con straordinaria cordialità dai "villici" che vivevano nel piccolo borgo, per cui ebbe ammirazione anche il lettone Kurt Von Andersen, che definì la grotta Mangiapane un luogo, forse unico al mondo, in cui la preistoria si sposava con la realtà del XX secolo, offrendo un magnifico esempio di continuità. Il turista che oggi si trova a visitare il «Museo Vivente» viene catapultato in uno straordinario percorso capace di coinvolgere tutti e cinque i sensi.

La vita del borgo rurale è, infatti, fissata sulle scene dai suoi molteplici e variopinti aspetti (gesti, voci, suoni, colori e odori antichi), che riprendono per grandi linee il mondo agro-pastorale in Sicilia occidentale, dalla fine dell’ottocento fino al secondo dopoguerra.

Un tuffo nel passato dove i turisti si muovono all’interno di uno scenario unico, caratterizzato dalla presenza di oggetti e strumenti tramandatisi nel tempo, che rappresenta lo spaccato di una società rurale ormai scomparsa, che tuttavia continua a mantenere integro il suo fascino.

Nelle scorse settimane, anche la blogger, scrittrice e conduttrice Selvaggia Lucarelli ha voluto affidare un’ammirata recensione al suo profilo Instagram dopo una visita alla Grotta, che anche quest’anno, per l’edizione 2021, ha ospitato al suo interno la rassegna culturale “Un borgo di libri e autori”.

Quattro incontri che hanno ricevuto il patrocinio dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, del Parco Archeologico di Segesta, del Comitato Provinciale Pro Loco Trapani e del Distretto Turistico Sicilia Occidentale.
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