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Una faccia da "simpaticune" e la bellezza nei suoi versi dialettali: il poeta catanese Formisano

Chi vive a Catania avrà notato più di una volta il piccolo a lui dedicato che si erge in piazza Majorana .Non tutti conosceranno la storia di questo talentuoso commediografo catanese

Livio Grasso
Archeologo
  • 4 giugno 2022

L'opera dedicata a Gioviani Formisano

Chi vive a Catania, quasi certamente, avrà notato più di una volta il piccolo monumento dedicato al poeta Giovanni Formisano che si erge in piazza Majorana. Magari non tutti conosceranno la storia di questo talentuoso commediografo catanese, ma, che ci crediate o meno, è davvero interessante.

Detto ciò, al fine di comprendere meglio di cosa stiamo parlando, soffermiamoci su un particolare molto significativo della sua biografia che, oltretutto, avrà il pregio di risultare utile per mettere in chiaro l’origine della sua fama: tutto ebbe inizio nel lontano 1922, anno in cui il quotidiano“ Il Messaggero” bandì un concorso di poesia dialettale che vide proprio la partecipazione del letterato catanese.

L’evento viene anche ricordato per gli illustri esponenti che hanno composto la giuria: qualcuno lo saprà già, ma, per chi non ne fosse a conoscenza, uno dei membri della commissione era proprio Luigi Pirandello. Fatta questa rapida premessa, focalizziamoci per un attimo sul regolamento posto in essere per lo svolgimento del concorso; a tal proposito, pare che le poesie di ciascun candidato dovessero essere presentate in forma puramente anonima. Inoltre, andando dritto al sodo, dalle fonti in nostro possesso sappiamo che l’agone dialettale si risolse a favore di Formisano con la riscossione di ben sette premi su dieci. Alla sua mano si attribuiscono nove raccolte poetiche incluse nel compendio “ Campani di la Virmaria”.
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Si tratta di poesie incentrate sui temi dell’amore, degli affetti e della speranza. Una delle composizioni più importanti fu senz’altro “E vui durmiti ancora”. Scritta nel 1910 essa compare all’interno della raccolta “ Vecchi cicatrici”, che si data al 1951. Tradizione vuole che a leggere questo brano fu un certo Gaetano Emanuel Calì, esimio compositore e direttore d’orchestra siciliano. Il maestro catanese rimase profondamente colpito dallo spessore contenutistico dell’opera; per di più, l’emozione che provò dentro se stesso fu talmente intensa da risvegliare in lui il desiderio di musicarla.

Stando a quanto viene tramandato, sembra che l’idea di metterla in musica gli sia balenata mentre era di ritorno da Malta. Nel corso del viaggio, infatti, Gaetano trovò la giusta ispirazione per scriverne lo spartito. Abbiamo pure notizia che venne incisa a Firenze nel 1927 presso lo studio Mignani. Ciò malgrado, al suo primo debutto la canzone non ottenne il successo sperato. Tuttavia, diversi anni dopo, fu riproposta al famoso “Teatro Sangiorgi” di Catania suscitando il pieno coinvolgimento del pubblico che ne rimase a dir poco incantato. Degna di lode, in tal senso, fu anche la straordinaria interpretazione del soprano Tecla Scarano.

Così, a partire da quel momento, l’ “inno” spopolò ben oltre i confini dell’isola divenendo famosa su scala nazionale. Esiste, addirittura, un aneddoto riportato nella “ Rivista Storica Siciliana” che rilascia la testimonianza di un soldato catanese andato al fronte durante la prima guerra mondiale. Sebbene non possa essere ritenuta del tutto attendibile, vale comunque la pena di raccontarla. Prestando fede a quanto detto dal giovane militare etneo, il brano di Formisano fu intonato da parte dei suoi compagni d’armi nella trincea. Il racconto prosegue rivelando che, una volta finito di cantare, si udirono persino gli applausi degli austriaci i quali, pur non comprendendo le parole, ne apprezzarono la dolce melodia.

Adesso, leggende a parte, per chi non l’avesse mai letto, ecco qui di seguito il testo poetico intitolato “E vui durmiti ancora”:

Lu suli è già spuntatu di lu mari
e vui, bidduzza mia, durmiti ancora,
l’aceddi sunu stanchi di cantari
e affiddàti v’aspettunu ccà fora,
supra ssu balcuneddu su pusati
e aspettunu quann’è ca v’affacciati!

Li ciuri senza vui non ponnu stari,
su tutti ccu li testi a pinnuluni,
ognuno d’iddi non voli sbucciari
su prima non si gapri ssu balcuni,
dintra li buttuneddi su ammucciati
e aspettunu quann’è ca v’affacciati!

Lassati stari, non durmiti cchiui,
ca’ nmenzu ad iddi, dintra ssa vanedda,
cci sugnu puri iù, c’aspettu a vui,
pri vidiri ssa facci accussì bedda,
passu ccà fora tutti li nuttati,
e aspettu puru quannu v’affacciati.



Giovanni Formisano si spense a Catania il 22 dicembre 1962.
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