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Una vita tra le capre e i suoi formaggi da "stinnicchio": Nino, il pastore errante delle Madonie

Non smette di lavorare mentre si racconta e a guardarlo mentre riempie le fascine ci si incanta. Nino è un pastore casaro le cui radici sono affondate nella terra ma non radicate in un unico luogo

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 2 febbraio 2022

Nino Spera

Nino non smette di lavorare mentre si racconta, il latte ha i suoi tempi, quando arriva alla giusta temperatura non può certo aspettare. Quello è il momento per fare accadere la magia che viene fuori dai gesti sapienti dalle sue mani, quel rito di passaggio da stato liquido a solido, ovvero da bianco latte a morbido formaggio.

Nei moderni caseifici manca il fascino antico dei luoghi originari, dei “marcatu e dei pagghiari” che i pastori costruivano sui pascoli, ma Nino Spera conserva intatto tutto quello che è l’arte casearia e l’esperienza dei veri pastori: lui è un pastore casaro, un pastore errante le cui radici sono affondate nella terra ma non radicate in un unico luogo.

A guardarlo mentre riempie le fascine ci si incanta, maneggia quasi accarezzando la pasta molle che imposta con delicatezza, quella materia bianca e morbida ricca di nutrimento e all’interno della quale si conservano il sapore ma, soprattutto, un sapere che coincide con la storia del mondo.
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Perché i pastori sono dovunque in ogni angolo della terra, dai pascoli d’altura ai margini dei deserti dove greggi e mandrie di specie diverse sono allevati da famiglie stanziali o nomadi; già solo per questo bisognerebbe dire grazie a chi come loro oggi custodisce quello che è un patrimonio dell’umanità. Lui è tra questi e rappresenta quella Sicilia antica e atavica, quella delle radici: nativo di Belmonte Mezzagno da famiglia di pastori, fa un passaggio importante a Marineo dove le sue capre stazionavano per qualche anno producendo formaggi che diventano sempre più noti, per arrivare oggi sulle alte Madonie.

La sua storia è come una transumanza umana accompagnata dalle sue capre, amate e accudite con rispetto e sentimento perché, come lui ama precisare “nessuno formaggio può dirsi eccellente se la materia prima non proviene da animali sani e curati, cresciuti e nutriti nel giusto pascolo, è qui la differenza, quello che farà la vera eccellenza.

Ogni latte ha le sue caratteristiche, le sue proprietà, i suoi principi ed è per questo che i formaggi vengono differenti, il latte è il primo nutrimento del mondo umano e in parte di quello animale, nel latte cresciamo e con questo diventiamo adulti, maturiamo così come maturano i formaggi che stagionano nelle celle. In questi scrigni che Nino apre come bauli segreti dentro i quali si sviluppano e si custodiscono profumi e sentori che si sprigionano, sentori che rapiscono il palato.

Il formaggio di Nino coinvolge tutti i sensi dal gusto al tatto, dalla vista all’olfatto e il suono del latte che scorre e poi quel sesto senso che risiede nel cuore, nelle sensazioni che ci vengono trasmesse con le parole, con l’empatia, con la condivisione. È un sapiente ma non un saccente, è perfettamente conscio del suo patrimonio e della sua esperienza ma accoglie tutti con la stessa disponibilità di chi non deve dimostrare nulla ma mostrare, semmai, fare scoprire e conoscere.

È fiero delle sue origini, la famiglia di allevatori “i picurara” come si chiamavano in tono dispregiativo mentre oggi riconvertiti in “custodi”, dei quali lui è l’ultimo in linea di sangue ad avere raccolto questa eredità. Nino studia, osserva, si aggiorna e coniuga tradizione e innovazione, mescola le usanze alla manualità e traduce tutto nella sua produzione seguendo sempre i principi delle tradizioni e delle stagioni, per dare vita ad un prodotto che innanzitutto deve essere lo specchio di una identità autentica.

L’arte del formaggio di capra la affina in quel del territorio bergamasco dove questa produzione è un retaggio e un patrimonio indiscutibile di eccellenza ed esperienza, che lui apprende perfettamente e riporta in Sicilia dove ottiene risultati esaltanti. Il metodo della coagulazione lattica insieme al lavoro e all’impegno costanti, oltre ad una innata propensione all’originalità, ed una produzione più organizzata ma di stampo sempre tradizionale, rendono i risultati sperati e Nino amplifica la sua distribuzione e la sua fama di esperto a pieno titolo, senza mai perdere quell’umiltà che lo distingue e lo rende affabile e sincero come il suo lavoro, come i suoi prodotti.

Le Madonie erano dentro ad uno di quei cassetti dove si conservano i sogni in attesa di realizzarli, fino a quando non arrivano i tempi giusti e le giuste persone. Con Emanuele e Riccardo Temini gli viene offerto un luogo dove arrivare e restare, che sposano la sua idea e la coniugano con il loro amore per il territorio, si riconoscono tra loro e da qui iniziano un percorso tra le campagne madonite, dove i pascoli ai piedi delle montagne sono irrigati dalle nevi che stazionano sulle vette fino a primavera.

Dentro le forme le sue eccellenze prendono vita – si perché dentro i formaggi c’è una vita per chi non lo sapesse, minuscoli invisibili esseri che li rendono quello che sono anche dopo la trasformazione – e hanno nomi differenti, sapori diversi ma uguale incanto al palato, un fascino che dalla bocca transita prima al cuore e poi alla pancia. Formaggi che provocano "stinnicchio": che tradotto significa che fanno svenire per la loro bontà.

Nel territorio del palermitano due suoi prodotti erano precedentemente già noti e apprezzati “il Mandolino e u Rasuneddo”, qui sulle Madonie eccolo produrre “u squarateddu”, il fiore madonita, la ricotta e gli erborinati con le muffe nobili” che fanno la patina di copertura profumata di erba e fermenti, prodotti con il latte di pecora, in attesa che le sue amate capre ricomincino a dare il latte che servirà per le future eccellenze madonite.
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