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Un tesoro incastonato tra le rocce: in Sicilia c'è una chiesa che svela segreti

Pochi minuti ancora e lo scenario apre a nuovi orizzonti. “Li casi vecchi” fanno da contorno alle nuove abitazioni: vi portiamo in questo borgo dell'Isola da scoprire

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 23 novembre 2025

Santuario Maria Santissima della Luce

È ottobre. A Roccapalumba è festa. La sagra del fico d’India è attesa da un anno intero. Le stradine del piccolo borgo palermitano sono “chini” di cristiani. Fumi, sapori e odori concentrano a sé la massa. Tra musiche e balli, la visita si sposta lassù. Dove, precisamente? Alla “Rocca”. Voci di popolo tramandano antiche leggende. Metropolitane o vere? Realtà o illusioni?

In Sicilia tutto è possibile. A un centinaio di metri dalla folla - dopo una svolta a sinistra - la rocca ci accoglie. Ci allontaniamo dal centro cittadino, consapevoli che fede e religione apriranno le porte alla visita. Il cancello è aperto, ci spinge “con forza” al suo interno.

L’ambiente cambia, lo scenario si addolcisce. Cala il silenzio. Il recente passato è momentaneamente accantonato, siamo avvolti dall’aura della Chiesa della Madonna della Luce. Un attimo, un respiro e inizia la visita. La vivacità dei colori è un punto di riferimento. L’impianto roccioso è imponente. Un masso dalle proporzioni esagerate. Si odono lunghi stornelli di uccelli. E se fossero li “palummi”? Spiccano il volo, esprimono una rara forma di libertà pura.

Uno, due e…alcuni passi ancora verso la storia. In una terra - appunto la Sicilia - che sin dal 1211 venera la Madonna SS. sotto il nome di Luce, la diffusione del culto nell’Isola trovò spazio a partire dal 1600. E, presumibilmente, il paesino di Roccapalumba diede risalto alla venerazione della Madonna.

Incastonata tra le rocche, in una forma ridotta (di dimensioni), la presenza dell’abside, le relative nicchie, alcune maioliche e la botola che conduceva alla cripta, potrebbero (e dovrebbero) essere spunto di studi approfonditi.

I materiali utilizzati mettono in risalto eventuali date che oggi, in presenza di un documento storico come il “Riveli”, risulta essere l’unica fonte in possesso. Secondo il docente universitario Carlo Alberto Garufi, la costruzione della chiesa risale alla seconda metà del Seicento. Mentre ci accingiamo a scrutare ogni piccolo passaggio, subentrano le leggende.

Ereditate, tramandate. La curiosità è elemento imprescindibile. Gira voce di un pastorello. Questo, durante la solita giornata “appressu” al gregge, trovò un “quatru” tra la Rocca e il monolito. Raffigurava la Madonna col Bambino. Portato a casa, l’opera sparì. L’indomani, una volta tornato nello stesso luogo, ritrovò lu “quatru” e stavolta pensò bene di nasconderlo sotto il materasso.

Niente da fare! E questo avvenne per tre volte! Sparsa la voce in paese, gli abitanti gridarono alla volontà della “Madunnuzza”. Fu dato ordine di costruire una chiesetta nel luogo del ritrovamento. Nel bel mezzo della versione appena citata, i “racconti roccapalumbesi” divagano. Affermano di un mercante che rubò volontariamente lu “quatru” e scappò nelle Americhe.

Anche in questo caso ritornò al luogo d’origine. Per non farsi mancare una terza leggenda, è tramandato l’episodio di un pastorello che portò l’opera a Palermo. Voleva ricavarne una statua, ma lo scultore non terminò mai l’opera per le continue sparizioni. Inoltre le affermazioni del professore Rava testimoniano con dati “effettivamente” certi di una chiesetta presente già nel 1583.

Quest’ultima rientrava nei “secreti demaniali” per il recupero dei beni ecclesiastici (riferito alla Prammatica intitolata “De spoliis Praelatorum”). Lo stesso professore afferma della costruzione in quella data per ostruire il passaggio dei briganti, pronti ad assalire le poche famiglie presenti. E con tanto di nome e cognome (Santo Massaro).

Il passaggio tra antico e nuovo si concentra in poche decine di metri. Ombre e luci offuscano i singoli passi. Il nuovo edificio ci accoglie. Desiderato dalla devota Rosalia Guccione, i lavori iniziarono negli anni Trenta e venne aperta al pubblico il 22 agosto del 1953. A unica navata, presenta delle cappelle laterali arricchite da statue.

Pochi minuti ancora e lo scenario apre a nuovi orizzonti. Roccapalumba splende dall’alto. “Li casi vecchi” fanno da contorno alle nuove abitazioni. I fichi d’India si nutrono degli angolini più nascosti per maturare in forme e grandezze. A distanza irrilevante la musica si fa incessante.

La sagra festante continua il suo corso, mentre proverbi e leggende trovano riparo nelle viuzze nicaredde del piccolo borgo. È l’ultimo passo prima di allontanarci dalla “Rocca” e il suo corso storico.
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