100 anni (e 100 romanzi) ma il più bello lo ha "vissuto": le avventure di Camilleri
Il romanzo più bello di Andrea Camilleri? La sua vita lunga e avventurosa. Da quando fu espulso dall'Accademia d'arte drammatica all'incontro con Pirandello

Andrea Camilleri
Salvo due volte per miracolo, grazie a San Calogero, Camilleri visse quasi un episodio “boccaccesco” e venne espulso dall’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico, quando fu sorpreso nudo, dopo una notte d’amore, in un convento di monache.
Eppure "non pensavo mai di diventare uno scrittore, pensavo di avere buone chance in poesia…" . Così affermava in un’intervista lo scrittore siciliano scomparso a Roma il 17 luglio 2019, ritenendo di aver avuto successo come romanziere solo per caso.
Camilleri è stato regista, autore teatrale, televisivo e radiofonico, drammaturgo e scrittore, anzi uno dei più prolifici autori contemporanei con oltre 100 romanzi.
Ha raggiunto il successo editoriale in maniera inaspettata, negli anni ‘90, quando aveva già quasi settant’anni. Il miracolo di San Calogero: La vita di Camilleri fu un'avventura incredibile e non solo per il suo impegno intellettuale: persino la sua nascita, avvenuta a Porto Empedocle il 6 settembre del 1925, ebbe un che di miracoloso.
Il piccolo Nenè, come lo avrebbero chiamato in famiglia, fu l’unico sopravvissuto dei tre figli di Giuseppe Camilleri, ispettore del lavoro portuale, e di Carmela Fragapane. Venne al mondo nei giorni in cui a Porto Empedocle si festeggiava San Calogero.
La festa in onore del Santo nero aveva inizio il giovedì che precedeva la prima domenica di settembre e durava 5 giorni.
La madre Carmela, avendo paura di perdere anche questo figlio, decise di metterlo sotto la protezione di San Calò e quando durante la processione il fercolo passò davanti casa, la levatrice sollevò il neonato al cielo e lo offrì devotamente al santo. Il bimbo venne chiamato Andrea Calogero Camilleri e per tutta la vita, pur dichiarandosi ateo, avrebbe nutrito per il Santo nero grande venerazione e affetto.
L’incontro con Pirandello: Memorabile fu l’incontro di Nenè, nel 1935, con il grande conterraneo Luigi Pirandello, cugino della nonna paterna Caterina Morello.
Entrambe le famiglie, sia quella di Camilleri che quella di Pirandello, avevano interessi in comune nel commercio di zolfo. Un giorno Luigi si recò a trovare la cugina Carolina e Nené scambio’ l’ospite per un militare: Mi trovo davanti un Ammiraglio in grande uniforme. Mi guarda e mi dice: «Tu cu sì?» «Iò sugnu Nené Cammilleri».
«To’ nonna Carolina unn’è?» «Dorme». «Chiamala. Digli che c’è Luigino Pirandello». Io vado da mia nonna che dormiva, e dico: «Nonna, di là c’è un Ammiraglio che dice che si chiama Luigi Pirandello». «Oh Madre Santa», esclama mia nonna, quasi precipitando dal letto. (da I racconti di Nenè).
Un momento breve, ma ricco di simboli: quasi un passaggio di testimone tra l’anziano scrittore e la giovane promessa... La guerra, il generale Patton e il fotografo Robert Capa: durante gli anni della guerra, nel 1943 il giovane Camilleri frequentava il liceo classico Empedocle di Agrigento ma agli studenti non fu permesso di sostenere l'esame di maturità: a causa dello sbarco in Sicilia delle forze alleate a Lampedusa, si decise che sarebbe valso il solo scrutinio.
Andrea venne chiamato alle armi, in marina, con un anno e mezzo in anticipo sulla sua classe. Trascorse sei giorni alla base navale di Augusta.
Tra il 7 e il 9 luglio raggiunse la madre, che con i parenti era sfollata a Serradifalco, proprio sulla linea difensiva tedesca, mentre il padre era rimasto a Porto Empedocle.
Americani e tedeschi erano vicinissimi e si susseguivano incessantemente bombardamenti e colpi di cannone. Finchè una mattina Camilleri si svegliò sentendo cantare gli uccelli.
Si alzò e vide che i tedeschi non c’erano più. C’era un silenzio incredibile… Ad un tratto sentì un rumore, si voltò e vide una cosa che non aveva mai visto prima in vita sua, un carro armato enorme, con un cannone gigantesco che avanzava…un carro armato Sherman!
Poi sopraggiunse una Jeep su cui c’erano due militari e un ufficiale in divisa, un generale con tre fiori sull’elmetto e due revolver. Il generale ordinò di fermare la jeep proprio davanti allo scrittore, perché aveva avvistato dall’altra parte della strada la tomba di un soldato tedesco, segnata da una croce di legno.
L’americano scese dalla jeep, staccò la croce e la spezzò col ginocchio, poi la gettò via dietro di sé con disprezzo. Fece segno all’autista e la jeep ripartì.
Andrea Camilleri rimase pietrificato. Poco dopo arrivarono altri soldati, erano i primi americani che vedeva sbarcare. Erano figli di immigrati e parlavano tutti in siciliano, tranne il capitano.
Uno si avvicinò e gli chiese: “Paesà…mi fai avere un po’ di olio, per condire l’insalata?”. Camilleri trovò l’olio e chiese allo yankee chi fosse il generale che aveva spezzato e gettato via la croce del tedesco: “Chisto è un generale che non ce ne sono come lui…Come generale è un Dio! Ma come uomo è una cosa fitusa! Si chiama Patton!”.
Appena arrivarono gli americani Camilleri, trovò una bicicletta e si diresse verso Porto Empedocle, per avere notizie del padre. Fu un viaggio infernale, tra carri armati, camion stracolmi di soldati, jeep che sfrecciavano a velocità folle e paesaggi di morte: tutto appariva bruciato e in rovina… .
Arrivato in paese, Andrea apprese che il padre era salvo e si trovava al porto, ma era troppo stanco per andare fino a lì. Preferì dirigersi verso casa, per lavarsi e distendersi a riposare su un letto. Grande fu la sorpresa quando si accorse però che a casa non c'era più un mobile, una sedia… gli sciacalli si erano portati via tutto.
Dormì su una branda di fortuna. All'indomani, appena aperti gli occhi, gli vennero in mente i templi di Agrigento: i bombardamenti li avevano danneggiati?
Decise di andare a controllare di persona. Nella luce abbacinante di quella torrida mattina di luglio, il tempio della Concordia gli apparve per fortuna intatto. A parte Camilleri la valle era deserta; c'era solo un soldato americano che stava fotografando i templi. Ad un tratto udirono il frastuono di aerei e di spari.
Si gettarono a terra, ma il soldato continuava a scattare fotografie. Quando i due aerei scomparvero Camilleri e l’americano si rialzarono. Aiutandosi con i gesti e utilizzando qualche parola in inglese riuscirono a comunicare. Lo yankee scrisse su un pezzetto di carta il suo nome: Robert Capa. Era il celebre fotografo di guerra ma per Camilleri allora era un perfetto sconosciuto.
Si salutarono e non si rividero mai più. L’ espulsione dall’Accademia di Arte Drammatica: Finita la guerra, Andrea Camilleri si iscrisse alla facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo, ma non conseguì mai la laurea. Si trasferì a Roma presso alcuni zii e nel 1949, riuscì ad entrare all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Roma.
Grazie alla veemenza con cui difendeva le sue idee fu l’unico tra 30 candidati ad essere ammesso da Orazio Costa al corso di regia. Solo poco tempo dopo, tuttavia, nel settembre 1950 veniva espulso dall’Accademia a causa di uno scandalo. Durante una trasferta degli allievi per rappresentare nel contesto del Festa del Teatro di San Miniato Le Petit Pauvre ovvero Il Poverello di Assisi di Jacques Copeau, i ragazzi vennero ospitati nel convento dei francescani, mentre le ragazze furono alloggiate presso le suore.
Camilleri, all'epoca fidanzato con una delle attrici, grazie alla complicità di Rossella Falk riuscì a procurarsi la chiave del portone del convento e ad introdursi di notte nelle stanze delle allieve.
Una mattina però i due giovani amanti vennero sorpresi nudi, ancora addormentati, dalla madre superiora. Lo scandalo che ne seguì portò all'espulsione di Camilleri.
Il "cazzotto" di Papa Giovanni XXIII: Nonostante l’espulsione, Orazio Costa decise di tenere con sé Camilleri come aiuto regista. Nel 1957 lo scrittore cominciò a lavorare alla RAI Radiotelevisione Italiana, occupandosi poi anche di sceneggiati di grande successo, da Il tenente Sheridan a Le inchieste del commissario Maigret.
Il 1957 fu anche l’anno in cui Andrea sposò Rosetta dello Siesto che gli avrebbe dato tre figlie, Andreina, Mariolina ed Elisabetta. Sempre nel 1957 la Rai accettò l’incarico di mettere in scena un complesso testo teatrale.
L’allestimento era molto complicato e le scenografie vennero affidate allo scenografo Silvano Falleni, che si rifiutò però di costruire il Paradiso, per ripicca, perché il Radiocorriere non l’aveva citato nel pezzo di lancio della trasmissione; ma nel giro di poco, con l’aiuto di fil di ferro e cotone, dipingendo delle nuvolette a mano, la troupe riuscì lo stesso a realizzare un set convincente.
Arrivò il pomeriggio della prova generale: erano presenti molti religiosi, cinque cardinali, una decina di vescovi, suore e preti. A un certo punto, fuori di sé dalla rabbia, ecco entrare in teatro Falleni: saliva sul palcoscenico urlando oscenità e con un martello iniziava a demolire tutto l’allestimento.
Camilleri lasciava la regia e si metteva a inseguirlo in mezzo alla sala, bestemmiando; gli mollava un cazzotto in faccia e poi gli strappava il martello di mano. Intervennero anche i carabinieri che portarono via lo scenografo. I religiosi presenti erano tutti scioccati… Rosetta, in stato di gravidanza avanzata, piangeva mortificata.
Lo spettacolo alla fine venne comunque realizzato ma Camilleri decise comunque di recarsi nel convento adiacente al luogo dello spettacolo, per chiedere ai prelati che si trovavano lì come avrebbe potuto rimediare a tutto quello che era successo.
I religiosi lo lasciarono sfogare; uno di loro però gli disse che avrebbe dovuto fare prima pace con sè stesso, per poter poi chiedere perdono a Dio. A parlargli era stato il Patriarca di Venezia, il futuro Papa Giovanni XXIII, che con serenità aveva aggiunto «Al suo posto un cazzotto glielo avrei dato pure io!».
La sparatoria a Porto Empedocle, vivo per miracolo: San Calogero ha salvato Camilleri ben due volte: non solo alla nascita, ma anche quando il 21 settembre del 1986, si consumava un sanguinoso agguato di mafia, davanti al bar Albanese di Porto Empedocle. Si trattò di un regolamento di conti tra due clan locali, i Grassonelli e i Messina.
Lo scrittore, che si trovava per caso quel giorno al bar Albanese, venne invitato al tavolo di Gigi Grassonelli. Ebbe appena il tempo di dire: 'Un attimo, vado a prendere il whisky che ho già ordinato e vengo a salutarvi “che ecco arrivare sgommando due automobili. Gli assassini iniziarono a sparare senza pietà: morirono ben 6 persone, crivellate dai proiettili.
Camilleri scivolò per terra, sul sangue, ma venne solo sfiorato dai proiettili: il santo Nero lo aveva protetto. Andrea Camilleri che si professava ateo è stato seppellito nel cimitero acattolico di Roma.
A metà strada tra Antonio Gramsci e Percy B. Shelley: dodici passi dal primo e dodici dal secondo; eppure ha sempre detto e scritto che 'Nel deserto del suo Paradiso c'è spazio solo per San Calò'" e adesso sappiamo perché.
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