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Era il luogo sacro più grande di Sicilia e (ora) è in rovina: cosa resta del Tempio di Zeus

Imponente. Elegante. Autoritario. Così doveva apparire agli antichi abitanti di Akragas il volto dell’Olympeion, il tempio dedicato a Zeus nella Valle dei Templi

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 18 agosto 2025

Tempio di Zeus alla Valle dei Templi

Imponente. Elegante. Autoritario. Così doveva apparire agli antichi abitanti di Akragas il volto dell’Olympeion, il tempio dedicato a Zeus nella Valle dei Templi.

Realizzato tra il 480 e il 479 a.C., a seguito della vittoria dei sicelioti sui cartaginesi di Amilcare I alla battaglia dell’Imera, questo tempio dorico era il più grande mai realizzato in Occidente nella sua epoca e misurava 112,70 metri x 56,30 metri allo stilobate, il piano su cui poggiava il colonnato.

Sfortunatamente per noi, oggi il tempio è ridotto a un grosso campo di rovine, da cui emergono i resti di alcuni grossi telamoni, che in teoria fungevano da strutture decorative e di sostegno per il pesante tetto del tempio, ma che per alcuni problemi alla fine non venne più realizzato.

Alcuni telamoni sono stati tra l’altro di recente ricollocati e issati, per permettere a tutti i visitatori della Valle dei Templi di comprendere la maestosità dell’opera.

Ogni telamone, infatti, misurava circa 7,65 metri, veniva posto nello spazio tra le colonne e aveva volto e posa diversi dagli altri telamoni, in modo tale da non risultare standardizzato agli occhi degli antichi fedeli che visitavano il tempio.

A realizzarlo fu il tiranno di Akragas Terone, considerato dagli storici greci e romani tra i più miti ed equi tiranni della storia, di cui esiste una tomba all’interno della Valle, speso ignorata dai turisti.

La sua figura viene ampiamente descritta dagli elogi che il poeta Pindaro scrisse all’interno delle sue poesie e da alcuni passi dello storico Diodoro Siculo, che tra l’altro spiegò perché questo tempio non venne alla fine completato.

Secondo Diodoro, Akragas e la Sicilia occidentale dovettero infatti affrontare diverse invasioni cartaginesi, che alla fine spinsero gli antichi abitanti della città ad abbandonare l’idea di finire il tetto del tempio, in un periodo storico in cui le milizie puniche entrarono diverse volte in città per prendere possesso delle sue ricchezze.

Il lungo assedio del 406 a.C., in particolare, avrebbe impoverito la città e avrebbe consegnato la parte occidentale della Sicilia tra le mani dei Punici, all’epoca comandati da Annibale Magone (da non confondere con Annibale Barca che avrebbe in
seguito provocato seri grattacapi ai romani).

Il destino del più grande tempio dorico dell’Occidente non sarebbe tuttavia finito qui.

Sopravvissuto all’invasione romana e all’Alto Medioevo, questo tempio rimase abbandonato per secoli, a differenza del vicino Tempio della Concordia che venne trasformato dai primi cristiani di Agrigento in una Cattedrale cristiana, dietro indicazione di San Gregorio, allora vescovo della città.

L’enorme peso delle colonne e il tempo logorarono però la struttura dell’Olympeion, che a partire dal Basso Medioevo cominciò a subire dei piccoli crolli.

Fu però alla fine un terremoto, avvenuto il 19 dicembre 1401, a distruggerlo, inducendo il crollo complessivo di tutti i suoi telamoni, delle facciate e delle sue colonne.

Frequentato da diversi intellettuali europei a partire dalla seconda metà del Settecento, l’Olympeion non poté tuttavia sfuggire al fato che aveva colpito diversi altre opere architettoniche di origine greca e romana.

Come il Partenone e il Colosseo, infatti, divenne una sorta di cava di pietra, con le sue colonne che vennero usate dai cittadini per realizzare l’antico molo d’attracco di Porto Empedocle.

Visitato nel 1787 da Goethe, l’illustre scrittore tedesco fu tra i testimoni di questo scempio, sebbene descrisse le rovine del tempio nel suo diario “Il viaggio in Italia” in toni assolutamente entusiastici, che ci permettono di comprendere il suo sbigottimento di fronte alla distruzione di un’opera così importante.

Egli scrisse: «La sosta successiva fu dedicata alle rovine del Tempio di Giove. Esse si stendono per un lungo tratto, simili agli ossami d'un gigantesco scheletro».

Al giorno d’oggi, il Tempio di Zeus è considerato il secondo monumento più importante della Valle dei Templi e molti dei suoi reperti che sono stati ritrovati nei suoi pressi sono stati conservati all’interno del Museo Archeologico regionale Pietro Griffo, dove è presente una sala interamente dedicata alla sua storia, in cui è possibile ammirare una sua ricostruzione.
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