40 anni fa morivano Biagio e Giuditta: quel terribile incidente che sconvolse Palermo
Cosa accadde e quale significato può avere oggi ricordare quella pagina nera della storia della città. Due appuntamenti per trasformare il ricordo in un impegno concreto
Maria Giuditta Milella e Biagio Siciliano
È il 1985 e a Palermo gli studenti del Liceo Classico "Giovanni Meli" frequentano la sede di via Libertà, lì proprio dove oggi c'è una banca, esattamente di fronte alla fermata Amat di via Libertà quasi all'angolo con piazza Croci. È lunedì 25 novembre, sono passate da poco le 13.30, quando Biagio Siciliano (14 anni - IV D) e Maria Giuditta Milella (17 anni - III B) fermi a quella fermata in attesa dell'autobus vengono travolti da un'auto della scorta dei magistrati Borsellino e Guarnotta. Rimangono a terra ventisette feriti, Biagio muore sul colpo mentre Giuditta gravemente ferita morirà l'1 dicembre.
L'auto di scorta, secondo le ricostruzioni, avrebbe sbandato per evitare un'altra autovettura che aveva tagliato la strada. È una Palermo degli anni '80 e le sirene lungo la via Libertà sono un'abitudine. Quel giorno è il turno di due gazzelle e una macchina blindata. Una Fiat Uno invade la corsia e il grave impatto è inevitabile, piomba proprio lì, sulla fermata del bus. Su "La Repubblica" dell'epoca si legge "L'auto scorta sui ragazzi, quel giorno Palermo capì di essere in guerra" insieme all'immagine di quell'Alfetta che aveva invaso tragicamente la fermata dell'autobus.
Tra i ricordi di quel giorno non possiamo fare a meno di riportare quello di Francesca, mamma di Titta (così chiamavano Giuditta): «Il lunedì precedente al 25 novembre Titta non era andata a scuola. Era venuta da me, in pigiama, con le maniche che le coprivano le mani. Aveva detto: - Ho paura. È come se ci fosse qualcosa che mi vuole distruggere! - Le avevo permesso di restare a casa. È per questo che quel lunedì ho lasciato che uscisse, anche se la sera prima avevamo fatto tardi. Ero ancora a letto. Titta mi ha dato un bacio sulla guancia. Volevo dirle di restare. Poi ho pensato che la settimana prima aveva saltato le lezioni. Sono stata zitta. Mi sono sentita invadere da una felicità pazzesca come se fosse la prima volta che mi baciava».
Giuditta aveva un diario dove annotava tutti i suoi pensieri. Dopo poco tempo la mamma ebbe il coraggio di aprirlo per leggere la figlia scomparsa. Due anni più tardi furono i compagni di Giuditta a portare quelle note preziose alla casa editrice Sellerio per pubblicare il libro che denunciava l'assurdità di quella morte con il titolo "Voglia di risposte".
Anche Maria Stella, la mamma di Biagio, ha ricordato quei momenti: «Quella mattina Biagio era nervoso. Non mi diede nemmeno un bacio di saluto: "Mamma, quando torno..." aveva detto. Nella camera mortuaria dell'Ospedale Civico, mentre piangevo, incrociai due occhi che mi fissavano, quasi bruciandomi per l'intensità dello sguardo. Era il Giudice Borsellino». Fiammetta Borsellino, figlia del Giudice, ricorda il padre durante quei giorni: «Papà soffrì moltissimo e non smise mai di soffrirne. Il dolore per quei due ragazzi e per le loro famiglie se lo portò dietro per sempre. Lui aveva messo in conto il suo sacrificio. Ma Biagio e Giuditta perchè? Era fatto così papà. Sapeva cosa rischiava, ma il pensiero che altri potessero subire conseguenze atroci di quel clima di guerra lo turbava moltissimo, non ci dormiva la notte. Era una persona che non perdeva mai il suo tratto umano».
Sui social si leggono ancora ricordi e commenti come quello di Rossella Lo Bianco: «Mi ero diplomata un anno prima proprio in quella scuola e quella fermata dell'autobus era per noi ragazzi e ragazze del Meli, un luogo di chiacchiere e risate, di trepidazioni e di gioia».
Mari Albanese, Presidente della Commissione Cultura dell VIII Circoscrizione ricorda che «la Palermo degli anni '80 era una città difficile, invivibile, c'era la guerra di mafia in corso. Si ammazzava per le strade, la giustizia correva a sirene spiegate». In una Palermo dove sono tornate le sparatorie, dove muoiono altri ragazzi e succede di tutto «vogliamo dare voce ai giovani - continua Albanese - per parlare di sicurezza nella nostra città. Palermo oggi affronta sfide legate alla convivenza, alla legalità e al rapporto con la mafia - e le scuole sono protagoniste di questa riflessione».
Sono trascorsi 40 anni dalla morte di Biagio e Giuditta. Il 25 novembre 2025 avrà luogo la commemorazione nel luogo dove è affissa la targa in via Libertà, proprio all'altezza di quella fermata Libertà-Croci, insieme agli studenti. Il 26 novembre, alle 10.00, si tiene un incontro al Convitto Nazionale "Giovanni Falcone" dal titolo "Oltre la paura: educare alla convivenza", con studenti delle scuole e istituzioni. «Insieme possiamo trasformare il ricordo di Biagio e Giuditta in un momento di impegno concreto non solo per ricordare, ma per costruire una Palermo più sicura, inclusiva e responsabile», conclude Albanese .
L'auto di scorta, secondo le ricostruzioni, avrebbe sbandato per evitare un'altra autovettura che aveva tagliato la strada. È una Palermo degli anni '80 e le sirene lungo la via Libertà sono un'abitudine. Quel giorno è il turno di due gazzelle e una macchina blindata. Una Fiat Uno invade la corsia e il grave impatto è inevitabile, piomba proprio lì, sulla fermata del bus. Su "La Repubblica" dell'epoca si legge "L'auto scorta sui ragazzi, quel giorno Palermo capì di essere in guerra" insieme all'immagine di quell'Alfetta che aveva invaso tragicamente la fermata dell'autobus.
Tra i ricordi di quel giorno non possiamo fare a meno di riportare quello di Francesca, mamma di Titta (così chiamavano Giuditta): «Il lunedì precedente al 25 novembre Titta non era andata a scuola. Era venuta da me, in pigiama, con le maniche che le coprivano le mani. Aveva detto: - Ho paura. È come se ci fosse qualcosa che mi vuole distruggere! - Le avevo permesso di restare a casa. È per questo che quel lunedì ho lasciato che uscisse, anche se la sera prima avevamo fatto tardi. Ero ancora a letto. Titta mi ha dato un bacio sulla guancia. Volevo dirle di restare. Poi ho pensato che la settimana prima aveva saltato le lezioni. Sono stata zitta. Mi sono sentita invadere da una felicità pazzesca come se fosse la prima volta che mi baciava».
Giuditta aveva un diario dove annotava tutti i suoi pensieri. Dopo poco tempo la mamma ebbe il coraggio di aprirlo per leggere la figlia scomparsa. Due anni più tardi furono i compagni di Giuditta a portare quelle note preziose alla casa editrice Sellerio per pubblicare il libro che denunciava l'assurdità di quella morte con il titolo "Voglia di risposte".
Anche Maria Stella, la mamma di Biagio, ha ricordato quei momenti: «Quella mattina Biagio era nervoso. Non mi diede nemmeno un bacio di saluto: "Mamma, quando torno..." aveva detto. Nella camera mortuaria dell'Ospedale Civico, mentre piangevo, incrociai due occhi che mi fissavano, quasi bruciandomi per l'intensità dello sguardo. Era il Giudice Borsellino». Fiammetta Borsellino, figlia del Giudice, ricorda il padre durante quei giorni: «Papà soffrì moltissimo e non smise mai di soffrirne. Il dolore per quei due ragazzi e per le loro famiglie se lo portò dietro per sempre. Lui aveva messo in conto il suo sacrificio. Ma Biagio e Giuditta perchè? Era fatto così papà. Sapeva cosa rischiava, ma il pensiero che altri potessero subire conseguenze atroci di quel clima di guerra lo turbava moltissimo, non ci dormiva la notte. Era una persona che non perdeva mai il suo tratto umano».
Sui social si leggono ancora ricordi e commenti come quello di Rossella Lo Bianco: «Mi ero diplomata un anno prima proprio in quella scuola e quella fermata dell'autobus era per noi ragazzi e ragazze del Meli, un luogo di chiacchiere e risate, di trepidazioni e di gioia».
Mari Albanese, Presidente della Commissione Cultura dell VIII Circoscrizione ricorda che «la Palermo degli anni '80 era una città difficile, invivibile, c'era la guerra di mafia in corso. Si ammazzava per le strade, la giustizia correva a sirene spiegate». In una Palermo dove sono tornate le sparatorie, dove muoiono altri ragazzi e succede di tutto «vogliamo dare voce ai giovani - continua Albanese - per parlare di sicurezza nella nostra città. Palermo oggi affronta sfide legate alla convivenza, alla legalità e al rapporto con la mafia - e le scuole sono protagoniste di questa riflessione».
Sono trascorsi 40 anni dalla morte di Biagio e Giuditta. Il 25 novembre 2025 avrà luogo la commemorazione nel luogo dove è affissa la targa in via Libertà, proprio all'altezza di quella fermata Libertà-Croci, insieme agli studenti. Il 26 novembre, alle 10.00, si tiene un incontro al Convitto Nazionale "Giovanni Falcone" dal titolo "Oltre la paura: educare alla convivenza", con studenti delle scuole e istituzioni. «Insieme possiamo trasformare il ricordo di Biagio e Giuditta in un momento di impegno concreto non solo per ricordare, ma per costruire una Palermo più sicura, inclusiva e responsabile», conclude Albanese .
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