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A casa o in spiaggia, sono i padroni della tavola: gli anelletti al forno, una storia di "cultura"

Quando da bambino mio nonno mi portava in spiaggia e chiedevo perché tutta quella gente stesse ammassata attorno a delle tendopoli, mi rispondeva: «Perché sono dei gran crasti!»

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 9 agosto 2021

In India ogni dodici anni si tiene il più importante rito di purificazione al mondo che prende il nome di Kumbha Mela. Questo rito induista prevede che milioni di persone facciano il bagno contemporaneamente nel fiume Gange mentre recitano dei mantra e disegnandosi strani segni nella fronte.

A Palermo su per giù succede la stessa cosa ogni anno nel periodo che va dai primi di agosto fino al ferragosto. Così, quando da bambino mio nonno mi portava in spiaggia e chiedevo perché tutta quella gente stesse ammassata attorno a delle tendopoli, mi rispondeva: «Perché sono dei gran crasti!».

Ora, datosi che il crasto in Sicilia è il maschio della pecora, che spesso è cornuto, diedi per scontato che mio nonno, etichettandoli in quel modo, li stesse ingiustamente denigrando. Poi, quando fui grande ed entrai per la prima volta a contatto con la storia romana, appresi che aveva ragione mio nonno: il castrum (bisogna solo spostare la r) nell’antica Roma era l’accampamento nella quale risedevano, spesso in forma provvisoria, le legioni dell’esercito romano.
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Quindi, innestandosi in me una sorta di naturale sillogismo socratico del tipo: tutti gli uomini sono mortali-i greci sono uomini-dunque i greci sono mortali, compresi che non erano affatto crasti nel senso negativo del termine; anzi, erano dei nobilissimi guerrieri.

Scoprì tante altre cose interessantissime su questi “elementi di spiaggia”: per esempio che vivono in tribù a capo della quale di solito ci sta un esemplare maschile (spesso si riconosce dall’addome pronunciato) che ama stare seduto di fronte a un tavolo pieghevole dove viene ingozzato di cibo dagli altri membri del gruppo in segno venerazione.

Quello su cui però voglio soffermarmi è il cibo. Quando il sole infatti raggiunge il suo punto più alto (alla stregua di una pratica rituale) accade che alcuni esemplari femminili vadano verso il bagnasciuga e comincino ad emettere dei versi acuti accompagnati da gesti decisi e convulsi: a seguito del richiamo, quindi, la prole, che intanto era stata lasciata a mollo, forte della sua natura anfibia, esce dall’acqua per tornare sulla terra ferma.

Quando tutti saranno attorno al tavolo, la femmina più anziana tirerà fuori un involto di forma parallelepipeda che contiene il cibo più consumato nelle spiagge della Sicilia occidentale: gli anelletti al forno (o "col" forno).

Scherzare fa bene, ok, ma se simpaticamente ho parlato di tribù l'ho fatto proprio perché dietro questo piatto ci stanno così tante varianti e scuole di pensiero che a volte cambiano di quartiere in quartiere o addirittura di famiglia in famiglia.

Melanzane, tritato di carne, uovo sodo, mozzarella, besciamella, piselli, mortadella, prosciutto, salame, e se qualcuno si taglia il dito lo lascia la dentro perché fa sostanza. Si, va bene, ma qual è quella originale? Dobbiamo partire dicendo, per chi non fosse siciliano, che la particolarità di questo piatto è proprio lo stampo della pasta che ha la forma di anelli.

La prima volta che si parla di pasta in Italia è con Al-Idrisi, geografo di Ruggero II, che passando da Trabia (XII sec.) si accorge della produzione di pasta a forma di vermicelli, ma questa è un’altra storia. Quello che ci interessa sapere è che la zona di Trabia e paesi limitrofi conserverà nei secoli (fino a quando a qualcuno non gli mangeranno le mani) svariati mulini dove verrà macinato il grano e si produrrà la pasta.

Quella forata invece nasce per la prima volta nel pieno medioevo (forse perché tra religione integralista e cinture di castità questi poveretti avevano sempre la testa ai buchi) e per farla di usavano delle stecchette di disa, o Ampelodesmos mauritanicus, attorno alle quali si arrotolava la pasta, e che poi venivano sfilate per lasciare il buchetto.

Cosa diversa invece accade per gli anelletti. Si pensa infatti che pure questi siano nati nella zona di Trabia sempre nel medioevo e leggenda narra che l’intenzione fosse quella di riprodurre gli orecchini che portavano le donne arabe: prima dell’editto di espulsione del 1492, voluto dai sovrani spagnoli, gli arabi circolavano tranquillamente in Sicilia senza green pass.

E se proprio volessimo attribuire questa ricetta a qualcuno sicuramente i principali indiziati sarebbero proprio gli arabi, anche perché la cottura di timballo al forno era già usata dai saraceni, mentre la bollitura, almeno per la pasta, entra nelle nostre cucine nel tardo medioevo.

Se due più due fa quattro, e volendo risalire ad una forma arcaica, ci sarebbe dunque da considerare che: a) i pomodori prima della scacciata degli arabi non erano ancora arrivati perché Cristoforo Colombo ancora cercava sponsor in Spagna b) i salumi, anche se la mortella e il salame c’erano già in epoca medievale, sono da scartare poiché la maggior parte sono fatti con il maiale e gli arabi non tanto lo vedono di buon occhio c) le melanzane probabilmente c’erano perché erano già ampiamente utilizzate d) i piselli magari pure visto che già ottomila anni fa li coltivavano nelle Mezzaluna Fertile, poi lo fecero anche i greci e pure i romani, come ci dice anche Plinio il vecchio in Naturalis Historia; quelli “novelli” invece sono stati selezionati alla corte di Caterina de’ Medici. e) ci stava l’uovo?

Considerato che siamo in periodi in cui carestie e crisi del grano si ripetono un anno sì e uno no, più nutriente era il piatto meglio era; per questo motivo non è da escludere che se avevano le uova in casa gliele mettevano ad occhi chiusi f) formaggio, besciamella, mozzarella? La mozzarella non scherziamo; la besciamella manco perché anche quella nasce alla corte di Caterina de’ Medici con il nome di “salsa colla”, in seguito prenderà il nome di besciamella quando il cuoco François Pierre de La Varenne reinterpreterà questa crema in onore del marchese di Nointel, nonché Louis Béchameil, uomo di corte che è passato alla storia più che altro perché mangiava come un porco. Sicuramente, tornando ai formaggi, sarebbe stato più facile trovare caciocavallo o tuma spezzettata.

Tirando perciò le somme non scopriamo nulla di nuovo sennonché anche questo piatto è pregno di commistioni culturali che hanno caratterizzato la nostra terra e che la versione iniziale di questa pasta non doveva essere troppo diversa da quella attuale se non per il fatto che mancava il pomodoro.

Per concludere, la prossima volta che andate al mare e vedete la simpatica famigliola/tribù, che vi fa tanto ridere perché stanno tutti con le forchette e il piatto in mano a mangiare anelletti, non vi fate tanta meraviglia o disgusto perché poi magari andate al museo e rimanete due ore imbambolati di fronte ad un orinatoio del xv secolo; anche quella è cultura.
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