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A Palermo è leggenda, si crede sia ancora vivo: perché si dice "e cu è, Totò Termini?"

L’identità di questo fantomatico cristiano, che ha più varianti della carbonara, è stata risucchiata in un vortice di mistero, rendendolo il quarto segreto di Fatima

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 6 febbraio 2023

Nel luglio del 1980 usciva il brano Beautiful Boy di John Lennon, in cui l’ex Beatles cantava che “la vita è ciò che ti accade mentre fai altri progetti”.

Ruolo degli artisti e degli intellettuali è stato sempre quello di scandagliare gli abissi sconosciuti dell’animo umano e di tutto quello che lo circonda e ne condiziona il comportamento.

Fin da quando l’uomo ha cominciato a chiedersi cosa fosse il sole, il perché del giorno e la notte, il motivo per cui l’amore facesse ridere e piangere allo stesso tempo, i dubbi hanno cominciato a moltiplicarsi all’infinito.

E così Einstein si è chiesto se fosse più sconfinata la vastità dell’universo o la stupidità umana, Socrate su cosa fosse la sapienza, Parmenide ha cercato di comprendere l’essenza dell’Essere, Milton su cosa fosse in realtà la religione.

Insomma, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, ma soprattutto: cu è Totò Termini? Già, chi non ha mai sentito questo modo di dire almeno una volta nella sua vita? A tal proposito, gli addetti ai lavori (accussì ci piace farsi chiamare agli storici) ci insegnano che in mancanza di fonti storiche certe e di scritti importanti, non resta che affidarsi alle fonti terziarie, o quello che noi chiameremmo “riscursi ri bar”.
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Solo così facendo si apre una finestra su Totò Termini che spalanca gli orizzonti fino a mondi ancora inesplorati. Partiamo dalla definizione: dicesi Totò Termini minchia di turno, o pollo che si crede un’aquila, che sopravvalutandosi in modo esponenziale irrompe in un momento “x” e con modi sfacciati e grossolani la “scafazza” sempre (cioè non ne fa una giusta).

E da che mondo è mondo, anzi, da che Sicilia è Sicilia, l’identità di questo fantomatico cristiano, che ha più varianti della carbonara, ha finito per essere risucchiata dentro un vortice di mistero, rendendolo il quarto segreto di Fatima.

Ripercorriamone alcune. Secondo alcune versioni il signor Totò Termini altro non era che il fondatore della caffè Moka Termini, uomo onesto e all’antica che aveva un’avversione per mafiosi, prepotenti, ominicchi e quaquaraquà.

Proprio a causa del suo carattere e del suo non piegarsi, finì morto ammazzato da un colpo di pistola in via Roma di fronte il palazzo delle Poste di Palermo.

Una seconda versione racconta sempre di un Totò Termini fondatore del medesimo marchiò di caffè, che amava passeggiare ogni giorno per il centro di Palermo venendo sommerso da bagni di folla, riverenze, baciamani e leccatine varie.

Per altri era una personalità borderline privo di senso della paura che osava fare la qualunque senza manco pensarci mezza volta, e da qui la leggenda. Un’altra storia diametralmente opposta vuole che in realtà Totò Termini sia invece stato uno storico boss mafioso di Piana degli albanesi.

Si racconta che un giorno Benito Mussolini si trovò in visita nella piana siciliana e ne rimase affascinato. Ad ogni complimento che il duce faceva al paese, il detto Totò non mancava di puntualizzare “grazie a me, duce! Grazie a me!”. Dopo quella visita Totò sparì nel nulla, forse arrestato dalla milizia fascista.

I più fantasiosi riportano che come Elvis Presley sia ancora vivo, mentre secondo un’altra frangia di pensatori era uno spaccone di San Giuseppe Jato.

Qualcuno addirittura azzarda che Totò Termini fosse un parente alla lontana dello zu Totò Sparacazzi di Monreale e che entrambi venissero ricordati dai siciliani per le loro gesta durante la prima guerra mondiale.

Spostandosi un po’, dal partinicense si ha notizia di un Totò Termini sindacalista della Camera del Lavoro (CGIL) di Partinico negli anni 60-70. Chi ne parla racconta che di fronte a qualsiasi tipo di ostacolo dicesse sempre: “Ci penso io, ci penso!”.

Un’altra versione ancora vuole che Totò vivesse nel quartiere Capo di Palermo, fratello di un macellaio del posto. Si dice che avesse la mania di prendere la carrozza pure per andare dietro l’angolo, e un giorno la prese proprio per farsi lasciare presso la bottega del fratello. Sceso dalla carrozza mise le mani in tasca per pagare “u gnuri” (il cocchiere), ma questi, a quanto pare, non restò contento della mancia e gli diede qualche mala risposta.

Totò Termini niente fece? Prese la sua stessa frusta e gliene diede tante che se ne perse il conto. Giunto alla bottega della carne, tutti gli abitanti del Capo cominciarono ad interrogarsi sull’identità del misterioso personaggio chiedendosi appunto: “Ma cu è, Totò Termini?”. Insomma, forse un giorno scopriremo veramente la vastità dell’universo, ma molto probabilmente non sapremo mai chi schifìo era costui.

E se voi lo sapete, beh… siete pregati di lasciare la vostra versione nei commenti, sempre che non vi sentiate Totò Termini.
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