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C'è chi si traveste e chi categoricamente no: perché Halloween è una festa (quasi) sicula

La festa americana e la nostra non sono così diverse. Il modo in cui si celebra nell'Isola appare forse più macabro di costumi mostruosi e intagliare zucche

Daniele Ferrara
Esperto di storia antica
  • 31 ottobre 2023

Le giornate si fanno sempre più buie. La vegetazione sembra stia morendo, e ciò inevitabilmente ci fa pensare alla morte, alle persone che non ci sono più, al tempo che passa… e a come tutto sia in verità un ciclo.

Ma, tralasciando la filosofia, sopraggiunge il 31 ottobre e ritorna, come sempre puntuale e molesto, l’annoso problema di Halloween! La battaglia è spietata: cattolici e tradizionalisti si battono come i Paladini per contrastare l’avvento di Halloween la cui atmosfera sempre più si diffonde in tutti gli strati e ambienti della popolazione.

I religiosi (cattolici) dicono che Halloween è una festa del male (affermazione filologicamente del tutto scorretta), i tradizionalisti sostengono che non abbia niente a che fare con la Sicilia, ambedue assieme affermano ch’essa è estremamente macabra e che invece le nostre Ognissanti e Festa dei Morti sono "carine e gioiose".

Come se non si festeggiassero i defunti anche in Britannia, insomma. Dire che Halloween significhi semplicemente la "vigilia d’Ognissanti" e che la sua origine anteceda il Cristianesimo e che anzi sia una festa dei morti da prima che venisse sostituita da quella cristiana, può bastare (ma non basterà) a quietare le critiche cattoliche, ma cosa dire delle obiezioni tradizionaliste?
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Vi spiego alcune usanze e credenze siciliane, di varie parti dell’Isola, alcune dimenticate e altre vive e vegete, che vi faranno capire quanto Halloween e la nostra festa siano una sola e come addirittura il modo in cui la vediamo noi sia as volte ben più macabro dell’indossare costumi mostruosi e intagliare rape o zucche.

Comincio da un dolce particolarmente caro al popolo palermitano: i “pupaccena”, questi pupi palermitani di zucchero dalle sembianze dei Paladini di Francia o di danzatrici tradizionali siciliane, che ovviamente si mangiano. L’ingestione di qualcosa di antropomorfo, che per giunta è fortemente identitario, rimanda al cannibalismo preistorico, a quando era usanza di alcune culture ingerire parti dei morti per conservarne la memoria e le virtù.

Quanto ai dolci chiamati “ossa dî morti”, c’è bisogno che io dica altro? Poi, sappiamo bene in tutta la Sicilia che nella notte tra l’1 e il 2 Novembre i Morti ritornano e ci vengono a visitare.

La gente che parla della spensieratezza di questa credenza pensa che semplicemente appaiano nelle case e lascino doni, ma non ricorda più invece la credenza originaria, che in tutta l’Isola parla dei cortei di spiriti che in quella notte escono dai cimiteri e irrompono nelle città.

Ebbene sì, se ne parla ovunque, con varianti che hanno comuni denominatori: schiere di defunti che ordinatamente marciano in città nella notte, vestiti di sudarii di colori diversi divisi per stato dell’anima e per tipologia di decesso, recitando litanie e formule incomprensibili ai vivi, dirigendosi a consumare un banchetto e a visitare le famiglie che dormono.

​​​​​Questa marcia dei morti è definita "il Viaggio" e la sua credenza abbraccia molti abitati siciliani: Acireale, Baucina, Borgetto, Casteltermini, Catania, Cianciana, Erice, Francofonte, Milazzo, Modica, Partinico, Salaparuta; forse in quei luoghi c'è ancòra chi può ricordare.

Dai racconti emerge che i Morti che appaiono durante questa notte hanno delle divise, abiti e colori specifici che devono indossare e accessori che devono portare con sé.

Le testimonianze non sono concordi: a volte sono tutti vestiti di bianco (Baucina), a volte di bianco è il lenzuolo funebre che portano e pure i calzari di seta che li rendono silenziosi (Acireale), ma altre vanno a piedi nudi, penitenti (Borgetto). La testimonianza più significativa tuttavia li vede, ordinati a due a due, suddivisi in tre squadroni: prima vengono coloro che morirono in stato di grazia, con abiti bianchi, poi coloro che permangono nella dannazione, con abiti neri, e infine coloro che subirono una morte violenta, con abiti rossi (Modica).

Sappiamo che, mentre i Morticini passano, non devono essere visti, e ciò non è semplicemente per conservare la magia della festa all’infanzia: il fatto è che non si può guardare chi proviene dall’altro lato del velo, come Orfeo non doveva guardare Euridice!

A Milazzo addirittura i defunti si manifestano in forma fisica e sono persino violenti e sadici con chi trasgredisce le usanze! E poi ci scandalizziamo degli spettri di Halloween e di come ci si travesta in modo mostruoso per allontanare gli spiriti negativi?

Ah! Insomma, fino al momento in cui, sorto il sole, i bambini e le bambine cercano per la casa i doni portati dai Morticini, si può dire con sicurezza una cosa: no, non è una festa per infanti, come invece oggi viene spacciata da chi avversa Halloween. Forse semplicemente trasferiamo la paura di chi siamo davvero verso i popoli stranieri colpevoli d’esserci simili.

Ma, se proprio dovessimo essere coerenti, addirittura non dovremmo più festeggiare i Morti di 2 novembre, giacché l’unico motivo per cui la data è questa è l’interesse della Chiesa medievale di soppiantare la gagliarda e diffusa festività celtica del Samonio (Samhain), mentre la nostra festa era a maggio.

E se state dubitando sulla questione degli spiriti, vi assicuro (e potete verificare diffusamente nella sua “Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane”) che queste credenze le registrò, tanto per fare un nome qualunque, un vero paladino della cultura siciliana: Giuseppe Pitrè.

Buon Ognissanti: sia un tempo di riflessioni sulla vita e sul mondo, perché questo è veramente il nucleo e il fine di questa festività.
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