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C'è una "Piccola Sicilia" anche in Tunisia: quando a emigrare in Africa eravamo noi

Le storie dei tanti siciliani partiti fra l'Ottocento e il Novecento. Pescatori, muratori e piccoli imprenditori che hanno dato vita a tante "Petite Sicile" in quel Paese

Anna Sampino
Giornalista
  • 17 novembre 2022

La Piccola Sicilia a La Goulette, Tunisia - Foto di Mimmo Palmizi

C'è stato un tempo in cui a emigrare in Nord Africa eravamo noi, in fuga da miseria e povertà. A sentire chi custodisce le memorie di chi ha lasciato tutto per cercare fortuna oltre il Canale di Sicilia sembra di riascoltare le storie di chi oggi approda sulle nostre coste.

Si partiva utilizzando le barche dei pescatori o imbarcazioni alla buona. Agli inizi dell'Ottocento, la Tunisia era diventata la "terra promessa" di molti siciliani che sull'Isola non riuscivano a tirare avanti la baracca. Definita "emigrazione delle mani nude", a partire verso la costa tunisina erano soprattutto pescatori, marinai, operai e muratori, per lo più provenienti dalle province di Trapani e Palermo e dalle isole minori come le Egadi e Pantelleria.

È dalla seconda metà del XIX secolo che i siciliani di Tunisia diventano sempre più numerosi, dando vita a quartieri veri e propri che prendono il nome di "Piccola Sicilia". Ci sono tante "Petite Sicile" (in francese perchè il Paese era allora un protettorato francese) da Tunisi a Sousse, dove addirittura c'erano due quartieri "Capaci grande" e "Capaci piccolo", così chiamati per la forte presenza di emigrati provenienti dalla cittadina in provincia di Palermo.
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Primo porto d'approdo era soprattutto La Goulette, città costiera costituita da pescatori e marinai. È qui che nasce la "Piccola Sicilia" più numerosa di Tunisia. Tra il 1876 e il 1885, sono più di 5.000 i siciliani che si stabiliscono qui. Cifra a cui vanno aggiunti anche gli immigrati clandestini non dichiarati. A partire erano gli uomini, i capifamiglia, e poi dopo poco tempo li raggiungevano mogli e figli.

La Petite Sicile sorge intorno a una chiesa costruita in onore della Madonna di Trapani, che il 15 agosto di ogni anno viene festeggiata proprio come a Trapani. Una festa a cui anche oggi prendono parte non solo i cristiani, ma anche musulmani ed ebrei. Una ricorrenza che ha superato i confini religiosi diventando un vero e proprio evento multiculturale.

«La multiculturalità e la convivenza, quasi naturale, fra comunità di origini e religioni diverse sono le caratteristiche che rendono La Goulette una città speciale, magica. Un esempio di tolleranza nella storia», racconta Alfonso Campisi, professore universitario originario di Trapani ma residente a Tunisi da oltre 25 anni. A lui si deve l'istituzione della prima cattedra di Lingua Siciliana all'università La Manouba (Ne abbiamo parlato in un precedente articolo).

Anche Campisi è un discendente di emigrati siciliani a Tunisi. I suoi antenati, imprenditori benestanti che avevano deciso di investire nella "terra promessa", avviando un'attività nel settore dei trasporti. «L'integrazione fra tunisini e siciliani è praticamente naturale. Si scoprono popoli dalle comuni radici mediterranee. I siciliani portano in Tunisia tutte le loro professionalità. Dalle costruzioni all'arte». Basta fare un giro per La Goulette e ritrovare le tradizionali maioliche o antiche botteghe con insegne che richiamano le origini siciliane.

I nonni di Campisi ritornano a Trapani nel 1944, quando durante la seconda guerra mondiale anche la Tunisia diventa terreno di scontro fra italiani e tedeschi da un lato e Alleati dall'altro. «I francesi, allora colonizzatori, iniziano una campagna contro gli italiani fatta di espatri forzati ed espropriazione dei beni - racconta Campisi - Così molti siciliani tornarono nei loro paesi d'origine».

Alfonso Campisi nasce a Trapani ma con la Tunisia nutre da sempre un legame profondo, che si rafforza grazie ai racconti dei suoi nonni. Dopo aver vissuto diversi anni a Parigi, un progetto con un'università francese lo riporta a Tunisi, dove decide di vivere e dove da anni è impegnato in progetti interculturali tra le due sponde, due anime che in lui convivono.

Così come convivono in una figura illustre del cinema italiano, anche lei erede di questa migrazione siciliana, Claudia Cardinale, nata a La Goulette, da madre originaria di Trapani e il padre originario di Isola delle Femmine, da cui i nonni paterni erano appunto emigrati. Tra le vie della Piccola Sicilia, c'è anche un murale a lei dedicato, realizzato da un pittore tunisino e inaugurato a giugno scorso.

Sono tante le storie di chi custodisce le memorie delle migliaia di siciliani emigrati. Figli, nipoti, emigrati di terza generazione (come spesso si chiamano), anche tanti scrittori, registi e professori, che ribadiscono le loro origini, tanto italiane quanto tunisine. È così che è nata anche un'associazione "La Piccola Sicilia"«voluta prima di tutto da tunisini - tiene a precisare Campisi - e che raggruppa anche figli e nipoti di emigrati siciliani».

"Bandiera" dell'emigrazione siciliana a La Goulette è oggi un'installazione che indica l'ingresso alla "Piccola Sicilia", da cui appunto prende il nome, realizzata dall'artista marsalese Mimmo Palmizi e che ha ricevuto il Gran Premio dell’Arte all’International Land Art di Sidi Bou Said. La scultura in acciao Corten, alta tre metri, che rappresenta la Sicilia e la Tunisia l'una accanto all'altra, simbolo dell'amicizia e della storia millenaria che le unisce.

«La sua realizzazione – dice Palmizi – con l'aiuto della manovalanza specializzata locale, è stata un’ottima occasione di incontro, scambio e collaborazione. La scultura, offerta alla città di La Goulette è un omaggio a tutti i siciliani di Tunisia, ma anche e soprattutto a tutti gli esseri umani che nella vita per problemi diversi sono costretti a lasciare la propria casa, i propri affetti per cercare altrove la loro terra promessa».

Anche oggi la Tunisia continua a essere a suo modo una "terra promessa": a emigrare dall'Italia - e dalla Sicilia - sono tanti pensionati che scelgono di vivere nel Paese nordafricano per via delle sue politiche di defiscalizzazione delle pensioni. Secondo gli ultimi dati dell'Ambasciata italiana, si tratta di circa 8mila i pensionati italiani solo ad Hammamet. Si stanno così formando delle nuove comunità di italiani, tra cui anche siciliani, che stanno dando vita a circoli, ristoranti e residence. Una migrazione certamente diversa da quella delle "mani nude" che l'ha preceduta nei secoli ma di certo un nuovo segnale di dialogo e continui scambi tra le due sponde del Mediterraneo.
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