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Come Basile ideò l'ospedale "Cervello" di Palermo: spazi di cura e bellezza (spirituale)

Si tratta del primo e più antico nucleo sanatoriale per la cura della Tubercolosi, progettato come edificio unico e di pregio dal "maestro floreale" agli inizi del 1903

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 14 settembre 2022

Un padiglione dell'ospedale "Cervello" di Palermo

Sorge in Via Trabucco, al numero 180, proprietà dell’Azienda Ospedaliera Ospedali riuniti Villa Sofia – Cervello in sesta circoscrizione il primo e più antico nucleo sanatoriale per la cura della Tubercolosi progettato da Ernesto Basile già a principio del 1903.

È il frutto di quella affinata capacità compositiva "autografa" strutturata intorno all’uso di griglie geometriche celate, da cui le forme sorgono quasi prescindendo dal linguaggio e dalla tecnica utilizzate nella composizione stessa.

Geometrie e rapporti dimensionali armonici che governano ogni tipo di progetto, dal più piccolo al più grande, e in cui diventa la funzione dello spazio da progettare l’elemento discriminante tra un progetto e l’altro.

Il ciclo dei sanatori per i malati di tisi è strettamente legato alla scoperta-sperimentazione dell’ipazolo, farmaco messo a punto dal medico palermitano Vincenzo Cervello fondatore dell’Associazione palermitana contro la tubercolosi, il quale incrocia la strada del talentuoso progettista palermitano e del suo più grande mecenate Ignazio Florio già all’atto costitutivo di Villa Igiea e che prosegue in questo brano distante e periferico, di brulicante e aperta campagna.
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La prassi legata alla cura della patologia polmonare necessita di spazi grandi e di spazi aperti in cui poter fare deambulare i pazienti e per tale condizione Basile risponde attraverso la funzionalità planimetrica rigida senza però rinunciare alla misura spirituale di quella bellezza capace di incidere sul livello percettivo dei fruitori.

Nella sua architettura sanatoriale è possibile riscontrare una sorta di dimensione proto-razionalista maggiormente rimarcata nell’ampliamento dello stesso sanatorio nel 1918.

Le grandi superfici vetrate dalle rigide geometrie e partiture di quadrati e rettangoli, inquadrano in quegli anni interessanti scorci di paesaggi verdeggianti, mentre lo skyline del primo padiglione, il più antico dell’intero complesso ospedaliero si articola attraverso il ricercato dinamismo delle pseudo-merlature dei corpi laterali aggettivati da articolati piani sovrapposti nelle cimase del piano attico, con il collegamento tra i due corpi che funzionalmente avviene attraverso un loggiato coperto al piano primo che diviene terrazza al piano superiore.

È davvero singolare la soluzione del basamento della fascia afferente il piano seminterrato in cui appare per la prima volta un sistema di decorazione ibrida tra elementi laterizi, cemento e intonaco mimetico in forma di pietra.

Basile sperimenta qui una strana bifora in calcestruzzo con un cerchio al di sopra dell’asse mediano del montante verticale che anticipa l’arco in mattoni, creando in tal modo nella combinazione di materiali diversi e nella successione delle diverse finestre del fronte basamentale, l’unica presenza, seppur lontana, di sinuosi rimandi Liberty irrinunciabili in quel lontano 1903.

Alcuni schizzi recentemente riscoperti registrano la grande attenzione palesata per le pertinenze come per esempio per la casa del custode, tipico esempio di applicazione di un linguaggio modernista declinato alla maniera delle proprie sperimentazioni formali in cui ricompare lo spiccare dei pilastrini angolari dei cantonali oltre il piano di colmo superiore e in cui i maestro smussa e sopraeleva l’incrocio superiore delle due falde inclinate (soluzione adottata poi per la casa del custode a Villa Lanza-Deliella, nei padiglioni del sanatorio provinciale in via Arcoleo, nella Cappella Nicosia e presso i padiglioni dell'istituto Pignatelli-Florio).

Non c’è motivo per il maestro floreale di non rendere unico e pregevole dal punto di vista estetico qualsiasi manufatto costruito. È questa la lezione più travolgente su cui oggi dovremmo tutti riflettere.
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